L’arcivescovo bergogliano va al centro sociale
Bologna Monsignor Zuppi, ex Sant’Egidio, porta i discorsi del Papa dai “disobbedienti” del Tpo
Una tonaca al centro sociale. E che tonaca, quella di un arcivescovo: Matteo Zuppi, non un prelato qualsiasi ma un fedelissimo del Papa, lunedì varcherà la soglia del Tpo, lo storico centro sociale di Bologna. Ma non basta: è stato invitato per presentare un libro – badate bene, edito dal giornale comunista Il Manifesto – con discorsi del Papa. Certo, siamo in Emilia, dove Giovannino Guareschi raccontava di preti e sindaci comunisti nemici amatissimi. Dove il vescovo, prima di inaugurare i giardini di don Camillo, andava nella Casa del Popolo di Peppone. Finzione e realtà: a Bologna monsignor Ernesto Vecchi andò davvero in ‘missione’ alla Festa dell’Unità.
Era il segreto dell’Emilia, e forse dell’Italia di quegli anni, dilaniata da tensioni, ma capace anche di risolverle nel vogliamoci bene (non un semplice “volemose bene”).
MA STAVOLTAc’è di più: un Papa di lotta, non sempre sostenuto dalla sua Chiesa, in sintonia con un mondo rimasto orfano della sinistra. “Tutto è nato – racconta Domenico Mucignat del Tpo – quando ci hanno chiesto di presentare il libro che raccoglie tre discorsi del Papa tenuti durante gli incontri mondiali con i movimenti popolari. Sono discorsi interessanti. Ci accomuna l’accento sulla solidarietà, sul protagonismo dei movimenti popolari. Il Papa parla di poveri e di lotta”. Non solo: “Ci ha colpito – prosegue Mucignati – l’atteggiamento di Zuppi verso migranti e poveri”.
Zuppi, intervistato dal Corriere di Bologna, non si nasconde le insidie, ma le liquida con un sorriso: “Critiche ci sono sempre. Un tempo si sarebbe detto che vengo usato. Ma potrebbe esserci la preoccupazione contraria. Questa è la fine del dialogo”. Zuppi non retrocede di un micron: “Il dialogo non significa ambiguità, anzi, il dialogo la chiarisce”.
Bastava leggere il curriculum di Zuppi per capire cosa gli chiedeva Francesco inviandolo a Bologna: parroco a Santa Maria in Trastevere, quella di Sant’Egidio, poi membro della delegazione di pace in Mozambico.
L’arcivescovo aveva ragione. Non tutti l’hanno mandata giù: “Dissento totalmente con l’arcivescovo”, esordisce Fabio Garagnani, ex parlamentare di centrodestra e voce del cattolicesimo conservatore in città. “Sono un cattolico molto a disagio – sospira –. Capisco l’afflato del Papa di avvicinare la Chiesa a mondi diversi. Ma così si rischia di banalizzarne il messaggio, di renderlo troppo umano, di farlo sembrare propagandistico, politico. Così la Chiesa sembra una ong, un sindacato”. Quale Chiesa sognano Garagnani e i tanti che “soffrono” questo Papa? “Bisogna puntare sulla dottrina. Sulle radici cristiane dell’Europa di fronte all’invasione islamica. Come facevano Wojtyla e Ratzinger”.
NON È L’UNICO. È vero che in Emilia i monsignori andavano alle feste comuniste. Ma la Curia pareva più vicina a Garagnani che a Zuppi. Come non ricordare l’arcivescovo Carlo Cafarra, molto amato, molto conservatore. Diceva: “La nobilitazione dell’omosessualità non va interpretata e giudicata prendendo come criterio il mainstream delle nostre società”. Però, sul comodino, Cafarra teneva i libri di Guareschi. Oggi le sue omelie sono raccolte in un libro dal titolo significativo Prediche corte, tagliatelle lunghe. Di nuovo l’Emilia che sa unire gli opposti: dogmatismo e ironia, solidarismo e opulenza, carnalità e candore. Tutto insieme, come nelle strade della Bologna (ex) rossa dove si affacciano ricchissime vetrine. Chissà se Zuppi al centro sociale sia l’ultimo capitolo della saga. O il primo di una nuova storia, una scossa per la città.