Il mestiere si impara sulle pellicole mai nate
“Personalità forti cercansi. “Perché la tecnica e la professionalità le acquisisci qui, ma la personalità è un tuo corredo personale, al limite possiamo aiutarti a tirarla fuori”. Ecco il profilo ideale del candidato, ovvero la chiave d’accesso al Centro Sperimentale di Cinematografia, La scuola italiana del cinema come recita il titolo del volume fresco di stampa di Alfredo Baldi (ed. Bianco e Nero), summa storica della gloriosa istituzione dal 1930 al 2017.
IL CAFFÈ AL BAR interno costa 50 centesimi, l’edificio dalle note fattezze fasciste è discontinuo, fra zone d’austerità incorrotta ed altre addolcite da lunghi tappeti blu, specie nelle vicinanze della stanza ove alloggia il presidente Felice Laudadio. Sulle pareti dei corridoi trionfa l’orgoglio fotografico di chi è passato per studiarvi, insegnarvi, apparirvi un po’ per caso. Ci sono anche i “turisti” Billy Wilder e Woody Allen, Coppola e Fellini che non vi studiò ma doverosamente lo visitò. Dai padri fondatori Luigi Chiarini (a cui è nominata la biblioteca) e Alessandro Blasetti (“il primo grande maestro”) ai “contemporanei” Alba Rohrwacher e Riccardo Scamarcio passando per una hall of fameche fa paura. Se ovvi sono i nomi di Antonioni, Bellocchio, Germi, Storaro, Calamai, Tosi, Steno, Scarpelli, Camilleri, Amelio, Giannini, Montaldo, Virzì, più sorprendenti quelli di Pietro Ingrao, Raffaella Carrà e il premio Nobel Gabriel Garcia Màrquez. Una mescolanza di passato e presente che dal 1935 incoraggia la costruzione di nuovi futuri, meglio se talentuosi. Giganti che stimolano a continuare ad abitare questa scuola fortemente voluta da Mussolini e da Ciano, e che resta per il cinema italiano the place to be.
E così, coccolati da docenti di rango, i 70 studenti di Via Tuscolana s’aggirano fra aule e spazi labirintici, consapevoli di essere i migliori tra i selezionati, con almeno 1500 domande annuali per i corsi del quartier generale romano. Ma questo vale soprattutto per gli insegnamenti più blasonati di recitazione e regia: i reparti delle future star, di quei sognatori che dimenticano quanto il CSC sia un’eccellenza nei “mestieri del cinema” invidiata da tutto il mondo.
Entrando, percorrendolo e poi uscendone, si porta con sé l’impressione il Centro Speri- mentale sopravviva di un eroismo olimpico, di quell’agonismo che fa compiere agli atleti “di una certa..” imprese a loro stessi misteriose. “Dal prossimo anno inaugureremo il corso di Effetti Speciali” annuncia la preside Caterina D’Amico. Ed è una conquista: ormai il digitale divora anche i panini a 2 euro del bar di cui sopra, i ragazzi funzionano digitalmente, inclusi i loro prof., soprattutto di fotografia, scenografia, montaggio e suono: le loro aule esondano di strumenti e macchinari supertecnologici (“anche se dovremmo aggiornarli più frequentemente” chiosa la preside). Al nuovo corso affluiranno tutti, per la loro parte, e sarà come avere un direttore d’orchestra in Computer Generated Image. Ma un coro all’unisono già esiste: nessun docente incontrato parla di capacità tecniche richieste agli allievi o aspiranti tali, tutti ne osservano le qualità dello spirito, dalla voglia di farsi ispirare (Maurizio Millenotti, costumi) all’intraprendenza di difendere il proprio lavoro (Francesco Frigeri, scenografia), dal coraggio e follia (Domenico Maselli, produzione) all’amore per la narrazione (Stefano Campus, tecnici del suono). “La tecnica la imparano qui” a ppunto. E dunque vai di bozzetti, disegni magnifici su “ispirazione” dei I Fiorentini , sceneggiatura mai realizzata di Zeffirelli: è la celebrazione del Rinascimento italiano, della bellezza classica su cui forgia le sue studentesse “l’artista dei costumi” Millenotti, erede di Piero Tosi con tanti premi e due nomination agli Oscar su lavori – guarda caso - dell’amico e regista di Firenze, Otello (’86) e Amleto (’90). Su film mai nati si esercitano anche i futuri scenografi nelle sapienti mani di Frigeri, maestro di “pragmatica e attualità” che non vuole studenti-cloni di sé ma “creativi capaci di farsi valere”. Gli allievi “stanno imm ag i na n do ” sc e no g ra f ic amente Il viaggio di G. Mastorna nello sguardo di Fellini, La Réchérche secondo Visconti, il San Paolo visto da Pasolini e Gesualdo da Venosa raccontato da Bertolucci.
“VORREMMO fare una mostra sui lavori che i ragazzi stanno creando mettendosi dal punto di vista di questi grandi maestri”. E creatività ci vuole anche per “s o no r iz z ar l i” i film – dice il docente Campus, arrivato alla materia “per caso” da ingegneria del suono – e soprattutto per produrli. “Già dal primo anno devono stare sul campo, relazionarsi con veri professionisti, combattere per trovare i soldi” auspica il docente di produzione (“questa sconosciuta”) Domenico Maselli. Fare stage è il verbo. Quindi tutti, o quasi, impiegati sul set dell’imminente serie tv internazionale
Il nome della rosa: “Un’esperienza magnifica” commentano le costumiste in erba. Ci vuole personalità, ma anche “curiosità, letture e visioni... possibile che alcuni dei candidati al Centro non hanno mai visto La dolce vita? Perché mai allora voler fare il cine ma? ”. Caterina D’Ami co non nasconde perplessità, per non dire preoccupazione. Ma non smette di crederci.
Cineasti in erba Tecnica e professionalità le apprendi qui, ma la personalità è un corredo personale