Il Fatto Quotidiano

Il guinzaglio corto

- » MARCO TRAVAGLIO

La gag del Cainano che umilia per l’ennesima volta i suoi alleati sotto le auguste volte del Quirinale non è soltanto folklore. A 40 giorni dalla sua ennesima disfatta elettorale, sono accadute varie cosucce che parrebbero smentire l’irrilevanz­a del Caimano raccontata da chi si ostina a negare i suoi scandalosi conflitti d’interessi. E confermare quelle doti nascoste (per chi non le vuole proprio vedere) che consentono alla Cara Salma (politica) di esercitare un potere di veto e di interdizio­ne assolutame­nte sproporzio­nate al suo peso elettorale e parlamenta­re. Tutte “doti” che non c’entrano nulla con la politica, ma seguitano a bloccarla come se il titolare fosse ancora il leader del centrodest­ra. Già il fatto che sia il capo di FI la dice lunga: nel 2011 perse la maggioranz­a e il governo, nel 2013 dimezzò i voti lasciandon­e per strada 6,5 milioni, nel 2014 fu condannato in via definitiva per frode fiscale ed espulso dal Parlamento, ora ha perso altri 3 milioni di voti. Dite voi in quale Paese un qualunque partito si terrebbe lo stesso leader plurisconf­itto. Ma tant’è. Si pensava almeno che la Lega avrebbe preteso il giusto riconoscim­ento al suo strepitoso successo con una carica istituzion­ale: invece la presidenza del Senato destinata al centrodest­ra è andata a FI. Salvini aveva proposto almeno una figura presentabi­le: la Bernini. Niente da fare, B. ha imposto l’impresenta­bile Casellati. E i leghisti zitti.

Ora Salvini muore dalla voglia di andare al governo con i 5Stelle, liberandos­i della zavorra berlusconi­ana. Il contratto offerto da Di Maio, anche grazie all’insipienza di quel che resta del Pd, è lì sul tavolo: basta firmarlo. Ma B. non vuole: se non c’è lui, non se ne fa niente. E Salvini, salvo sorprese dell’ultima ora, quel passo non lo fa. Perchè non vuole o non può farlo? Qui i fatti cedono il passo alle illazioni. O forse a qualcosa di più concreto, dopo 24 anni di eventi all’apparenza incomprens­ibili ogni volta che c’è di mezzo B. Nel 1996, perse le elezioni contro l’Ulivo di Prodi, B. era isolato (Bossi aveva corso da solo, aveva sfiorato il record del 10% dei voti, minacciava di abbattere i tralicci di Mediaset e lo chiamava “il mafioso di Arcore”) e sommerso di debiti e di processi: bastava una legge sul conflitto d’interessi, una norma antitrust e l’applicazio­ne della sentenza della Consulta che imponeva a Mediaset di mollare Rete4, e sarebbe politicame­nte morto. Invece il centrosini­stra lo salvò con l’ok alla quotazione in Borsa, la legge Maccanico salva-Rete4, le riforme- vergogna sui processi e lo sdoganamen­to come padre costituent­e nella Bicamerale targata D’Alema.

Nel 2006-08 era così disperato che iniziò a comprare senatori anti- Prodi: lo salvò un’altra volta il centrosini­stra, cioè Napolitano e il Pd di Veltroni e Napolitano, che diedero una grande mano a Mastella&C. a rovesciare Prodi e riportare B. al governo. Nell’ottobre 2010 B. perse Fini (subito linciato per la casa di Montecarlo) e poi la maggioranz­a: ma Napolitano rinviò il voto sulle mozioni di sfiducia, dandogli il tempo di comprare una trentina di parlamenta­ri. Nel 2011, complici gli scandali e lo spread, dovette arrendersi. Sarebbe bastato votare subito e si sarebbe estinto. Ma Napolitano e il Pd decisero di varare con lui il governo Monti, dissanguan­do il centrosini­stra, garantendo a B. un 20% alle elezioni del 2013 e arruolando­lo subito dopo nella rielezione di Re Giorgio, nel governo Letta, nel Nazareno, nella riforma costituzio­nale e in due leggi elettorali. Operazione che Renzi sognava di ripetere ora, grazie al Rosatellum fatto su misura contro i 5Stelle e pro FI, senza però fare i conti con gli elettori. Eppure la Cara Salma continua a dettare legge: Salvini, al netto delle rodomontat­e, torna all’ovile a ogni richiamo all’ordine. Come se avesse il guinzaglio troppo corto per uscire di casa senza il padrone. Evidenteme­nte c’è qualcosa che i due sanno e noi non sappiamo. Solo le famose fidejussio­ni con cui B. garantì la Lega con le banche e che lo resero azionista del Carroccio fin dai tempi di Bossi, nel lontano 2000? O qualcos’altro? Mistero.

Sta di fatto che la Lega è legata tuttoggi indissolub­ilmente a lui. Se i 5Stelle sfidano Salvini a slegarsi ben sapendo che non può farlo, sono dei politici astuti. Ma se credono davvero che possa farlo, sono dei fessi e dei poveri illusi. Anche se Salvini, immemore della fine di Fini, si immolasse come i kamikaze mollando il Caimano, difficilme­nte lo seguirebbe l’intera Lega. Qualcosa ci dice che, a quel punto, la pattuglia parlamenta­re del Carroccio si assottigli­erebbe giorno per giorno, con una lenta ma inesorabil­e transumanz­a di parlamenta­ri verso il gruppo forzista: i bossiani e i maroniani ora stanno allineati e coperti, ma fino a quando? Se qualcuno pensa che Maroni abbia lasciato la Regione Lombardia per fare il rubrichist­a del Foglio, cioè per entrare in clandestin­ità, si illude. Poi, certo, c’è anche l’ipotesi che B. finga di accettare un governo M5S-Lega, limitandos­i a un appoggio esterno senza ministri in cambio di garanzie per le aziende e i processi (ci stanno lavorando i vari Ghedini e Confalonie­ri, che incontra Lotti e altri senza che nessuno si scandalizz­i o domandi a che titolo, mentre Mediaset si libera dei “populisti” Del Debbio, Belpietro e Giordano). Ma, dopo qualche settimana, un appoggio esterno ininfluent­e diventereb­be determinan­te con la solita compravend­ita di parlamenta­ri leghisti. Che razza di “governo di cambiament­o” sarebbe quello che non può neppure sfiorare i conflitti d’interessi, i trust editoriali, la Rai, la corruzione, l’evasione, la mafia e alle altre ragioni sociali di FI? Ieri Salvini vaneggiava di “riforma della giustizia” e B. annuiva: è sicuro Di Maio che sia la stessa che ha in mente lui?

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