Mps: partiti, politici e “amici” non ci hanno ridato 16 milioni
Il pizzino Per distogliere l’attenzione da conti e soci infuriati il Monte svela in assemblea i 16 milioni mai restituiti, sui quasi 80 prestati
Chiamiamola “esposizione politica”, ma la cifra è considerevole: 16 milioni di euro prestati a partiti, politici e loro parenti che, a loro volta, non li hanno restituiti. La banca coinvolta è, manco a dirlo, il Monte dei Paschi di Siena, che ieri ha tenuto l’assemblea dei soci chiamata ad approvare, il bilancio 2017, chiuso in forte perdita.
L’ATT ENZ ION E del mercato s u l l’assise era focalizzata sul complicato stato di salute della banca - controllata al 70% dallo Stato - e l’azione di responsabilità verso i vecchi vertici proposta dalla Bluebell di Giuseppe Bivona. Con un’astuta veronica, la banca guidata da Marco Morelli ha rovesciato il tavolo e dirottato l’attenzione su un dettaglio inedito. Costretta dalle richieste di un socio, Mps ha reso noto che al 31 dicembre scorso vantava crediti per 10 milioni di euro nei confronti di 13 partiti politici, di cui 9,7 milioni “non performing”, cioè deteriorati. Di questi 8,2 milioni sono “sofferenze”, cioè prestiti non più esigibili che sono confluiti nella maxi cessione al Fondo Atlante. Non è l’unica novità. Sempre a fine 2017, l’istituto senese contava crediti per 67 milioni (61 in salute e 6 deteriorati) “nei confronti di persone fisiche che occupano o hanno occupato importanti cariche pubbliche come pure i loro familiari diretti o coloro con i quali tali persone intrattengono notoriamente stretti legami”. Definizione che sembra indicare prestiti ai parenti dei politici ma che assume la forma più di un pizzino che una concessione alla trasparenza.
Quali partiti sono coinvolti? La banca non lo dice, trincerandosi dietro la tutela della privacy. Al Fatto la Lega nega di avere o aver avuto esposizioni con le banche, tanto meno con Mps. Il Pd non commenta. Forza Italia è esposta con un istituto che non è Mps per una cifra di poco inferiore ai tre milioni, erogata nel 2016 per evitare la chiusura visto che il partito è sommerso dai debiti e ha i conti pignorati. L’unico legame con Mps è un vecchio prestito del 2001 di 23 milioni, garantito, come tutti, da Silvio Berlusconi: nel 2015 l’ex Cavaliere ha staccato assegni per 100 milioni per estinguere le fidejussioni e ora è il più grande creditore del partito. Trattandosi di sofferenze è plausibile che i cre- diti citati ieri da Mps siano datati. Morelli non ha voluto fornire nomi, anche se un’indicazione è arrivata dalla Lombardia: è stato pignorato un parco alla Fondazione Ds di Mantova, che custodisce gli immobili appartenuti prima al Pci, poi al Pds e quindi ai Ds - partito che ha dato grandi lutti alla banca senese - e che deve 233 mila euro a Mps. La vicenda è nota: per sfuggire ai creditori, il tesoriere Ugo Sposetti mise l’immenso patrimonio del Pci al riparo, distribuendolo in un dedalo di fondazioni. L’ex senatore Ds, contattato, dice di ricordare la chiusura dei debiti con Mps e che nei 200 milioni del buco rifilato alle banche creditrici (e in parte coperto dalla garanzia pubblica) non rientrano i prestiti da Siena. A oggi, con la fine del finanziamento pubblico, i grandi partiti non sono più esposti con le banche, ma verso i fornitori. Ad indebitarsi con gli istitui ci sono solo formazioni minori. A Mps comunque l’abbraccio con la politica è costato, tra gli altri, anche questi 16 milioni, mai recuperati.
L’assemblea di Mps non è stata una passeggiata per i vertici. Da inizio anno la banca ha perso il 35% in Borsa con una perdita virtuale per lo Stato di 3 miliardi sui 5,4 investiti l’estate scorsa per salvarla. L’attesa era tutta per l’azione di responsabilità da 11,2 miliardi chiesta da Bluebell nei confronti, tra gli altri, dell’ex ad Fabrizio Viola e dell’ex presidente Alessandro Profumo per la contabilizzazione delle operazioni in derivati fatta nei bilanci dal 2012 al 2015. L’azione è stata dichiarata “inammissibile” con il voto decisivo del Tesoro azionista. Era già successo nel 2016 e con ogni probabilità la storia non finisce qua. “Quando, come è inevitabile, si formerà un nuovo governo - ha detto il deputato 5 stelle Carlo Sibilia, presente all’assemblea - il Tesoro convocherà un’assemblea e chiederà di votare l’azione di responsabilità”.
IERI MORELLI ha passato il tempo a rassicurare i soci sullo stato di salute della banca, che ha chiuso il 2017 con un “rosso” di 3,5 miliardi e i profitti bancari con un calo a doppia cifra, e ha smentito la necessità di un nuovo aumento di capitale. Secondo l’ad, imposto a Siena nel 2016 da Matteo Renzi e confermato da Gentiloni, i segni dell’inversione di tendenza ci saranno già nella prima trimestrale 2018, i cui risultati dovrebbero essere resi noti forse il 10 maggio prossimo. Intanto la banca è stata costretta a chiarire l’ammontare del contenzioso legale. La cifra massima che Mps rischia di dover pagare nel caso in cui perda tutte le 7200 cause intentate contro la banca è calata dagli 8,3 miliardi del 2016 ai 3,9 miliardi del 2017 (le richieste in via stragiudiziale ammontano a 663 milioni). Cifra che scoraggia i potenziali acquirenti.
Assise infuocata
Il Tesoro respinge l’azione di responsabilità contro gli ex vertici. L’istituto ha cause per 3,9 miliardi