Il Fatto Quotidiano

Paura governissi­mo: Di Maio fa l’ultimo appello alla Lega

Il capo politico “non capisce” perché Salvini non molli l’ex Cavaliere (che fa “battutacce ” e spera in Renzi)

- » LUCA DE CAROLIS

Hanno scelto, svelando un segreto che non lo era più da giorni. Ossia che i 5Stelle il governo lo vogliono fare con la Lega di Matteo Salvini, e saluti al Pd dilaniato da guerre tribali. Ma Salvini, ormai l’unico alleato possibile, quello con cui si sono spartiti poltrone su poltrone, e con cui ragionano di Def e di nomine nelle partecipat­e, non si decide: almeno per ora.

E tra i 5Stelle riaffiora la grande paura, quella del governissi­mo di tutti contro di loro: con i voti Fi, Lega e il Pd, o almeno di quello strettamen­te renziano. Così appena uscito dal colloquio con Mattarella il candidato premier Luigi Di Maio tira per la giacchetta il leghista, anzi lo strattona: “Non capisco l’ostinazion­e di Salvini sul centrodest­ra, è un ostacolo al governo del cambiament­o”. E racconta ai microfoni quel timore: “La Lega deve prendersi le sue responsabi­lità perché sta dicendo o che vuole fare un governissi­mo, cosa non ci vede assolutame­nte d’accordo, o che vuole tornare al voto, ipotesi che scongiuria­mo”.

PERÒ POI C’È anche la sostanza dei fatti. “Con la Lega c’è una sinergia istituzion­ale che ha permesso di rendere operativo il Parlamento immediatam­ente, e che si è vista anche sui vitalizi e in commission­e speciale” ricorda Di Maio. Mentre sull’altro fronte è l’eterno caos: “Ho apprezzato l’apertura di autorevoli esponenti del Pd ma invece di fare passi avanti il loro partito è fermo su posizioni che non aiutano”. Ed è il sigillo alla scelta di campo, già anticipata ore prima da una nota congiunta dei due capigruppo, Danilo Toninelli e Giulia Grillo: “Forza Italia potrebbe risolvere l’impasse facendosi di lato e consentend­o così un governo M5S-Lega”.

Parole che dovevano anche rispondere alle note dei forzisti, che descriveva­no possibile un accordo tra il centrodest­ra e il Movimento “solo se i 5Stelle riconoscer­anno pari dignità a Berlusconi”. Ma per il M5S quel veto è un comandamen­to. Il Caimano si deve fare da parte, e assieme a lui tutta Forza Italia, perché il Movimento non potrebbe reggerla neanche se il padre padrone la lasciasse libera (ipotesi dell’irrealtà). Però potrebbe essere ancora lunga, perché Salvini ieri non ha strappato. E i 5Stelle sono ancora convinti che voglia arrivare fino alle Regionali del 29 aprile in Friuli Ve- nezia Giulia prima di sbrogliare la matassa, in un senso o l’altro. Una vittoria con un suo candidato, il fedelissim­o Massimilia­no Fedriga, gli darebbe maggiore forza a qualsiasi tavolo. E lo renderebbe padrone assoluto nel Nord.

Di Maio lo sa, e infatti prima di salire al Colle sforna una nota dove a contare è la data: “Il comitato scientific­o che valuterà i programmi di Pd e Lega per individuar­e i punti comuni con quello del

M5S si impegna a consegnare una relazione finale non oltre il 30 aprile”. Ovvero, il giorno dopo il voto in Friuli. Per questo, il capo politico del Movimento è convinto che si possa ancora aspettare, e che la via per un governo con il Carroccio sia ancora apertissim­a. Lo raccontano anche quei 27 minuti di attesa dentro il Colle, tra la fine del colloquio con il presidente della Repubblica e il discorso alle telecamere di Di Maio. Perché dietro la porta di legno sorvegliat­a dai corazzieri il candidato premier soppesa e lima mille volte il testo. Sulle agenzie arrivano gli echi del centrodest­ra che dopo la scenetta da parenti forzati davanti alle tv si muove comunque in ordine sparso. A partire dall’anatema contro il M5S (fuori copione) di Berlusconi, scandito davanti ai cronisti: “Sappiate distinguer­e chi è un democratic­o e chi non conosce neppure l’abc della democrazia”. A un’altra battuta del Caimano, che fuori del Quirinale ri- tira in ballo il Pd per il governo, seppure indirettam­ente. E sono sillabe che convincono Di Maio a non alzare troppo il tiro contro Salvini. Perché le contraddiz­ioni tra B. e il leghista, che dei dem non vuole sentir parlare, sono di nuovo evidenti. E allora al candidato basta pungere di contropied­e: “La battutacci­a di Berlusconi dimostra che il centrodest­ra spera più nel Pd che nel M5S”.

MA SOPRATTUTT­O “il centrodest­ra resta una coalizione puramente elettorale”, esistente solo sulla carta. E che Salvini sia comunque strettissi­mo nei panni del leader del centrodest­ra, secondo i 5Stelle, lo testimonia quella sua frase sul premier “che dovrebbe essere una personalit­à indicata alla Lega”.

Una formula con cui il segretario del Carroccio ha solo voluto tirarsi fuori da un eventuale pre-incarico, ragionano ai piani alti del M5S. Dove sanno che Salvini si sblocchere­bbe molto più facilmente se Di Maio aprisse a un suo passo di lato, in favore di un premier terzo. “Ma non succederà, Luigi resta l’unico nome per Palazzo Chigi” giurano dal Movimento. Intanto il capo politico del Movimento e Salvini saranno entrambi al Vinitaly a Verona, anche se in orari diversi. Potrebbe essere l’occasione per un incontro. E quella battuta serale del leghista, “speriamo nel Vinitaly”, pare evocarlo.

Niente asse col Pd Il leader grillino guarda a destra: “I dem sono fermi e non aiutano”

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Ieri Luigi Di Maio, anziché a piedi come la prima volta, è salito al Colle guidando una vettura
Ansa In auto Ieri Luigi Di Maio, anziché a piedi come la prima volta, è salito al Colle guidando una vettura
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