Paura governissimo: Di Maio fa l’ultimo appello alla Lega
Il capo politico “non capisce” perché Salvini non molli l’ex Cavaliere (che fa “battutacce ” e spera in Renzi)
Hanno scelto, svelando un segreto che non lo era più da giorni. Ossia che i 5Stelle il governo lo vogliono fare con la Lega di Matteo Salvini, e saluti al Pd dilaniato da guerre tribali. Ma Salvini, ormai l’unico alleato possibile, quello con cui si sono spartiti poltrone su poltrone, e con cui ragionano di Def e di nomine nelle partecipate, non si decide: almeno per ora.
E tra i 5Stelle riaffiora la grande paura, quella del governissimo di tutti contro di loro: con i voti Fi, Lega e il Pd, o almeno di quello strettamente renziano. Così appena uscito dal colloquio con Mattarella il candidato premier Luigi Di Maio tira per la giacchetta il leghista, anzi lo strattona: “Non capisco l’ostinazione di Salvini sul centrodestra, è un ostacolo al governo del cambiamento”. E racconta ai microfoni quel timore: “La Lega deve prendersi le sue responsabilità perché sta dicendo o che vuole fare un governissimo, cosa non ci vede assolutamente d’accordo, o che vuole tornare al voto, ipotesi che scongiuriamo”.
PERÒ POI C’È anche la sostanza dei fatti. “Con la Lega c’è una sinergia istituzionale che ha permesso di rendere operativo il Parlamento immediatamente, e che si è vista anche sui vitalizi e in commissione speciale” ricorda Di Maio. Mentre sull’altro fronte è l’eterno caos: “Ho apprezzato l’apertura di autorevoli esponenti del Pd ma invece di fare passi avanti il loro partito è fermo su posizioni che non aiutano”. Ed è il sigillo alla scelta di campo, già anticipata ore prima da una nota congiunta dei due capigruppo, Danilo Toninelli e Giulia Grillo: “Forza Italia potrebbe risolvere l’impasse facendosi di lato e consentendo così un governo M5S-Lega”.
Parole che dovevano anche rispondere alle note dei forzisti, che descrivevano possibile un accordo tra il centrodestra e il Movimento “solo se i 5Stelle riconosceranno pari dignità a Berlusconi”. Ma per il M5S quel veto è un comandamento. Il Caimano si deve fare da parte, e assieme a lui tutta Forza Italia, perché il Movimento non potrebbe reggerla neanche se il padre padrone la lasciasse libera (ipotesi dell’irrealtà). Però potrebbe essere ancora lunga, perché Salvini ieri non ha strappato. E i 5Stelle sono ancora convinti che voglia arrivare fino alle Regionali del 29 aprile in Friuli Ve- nezia Giulia prima di sbrogliare la matassa, in un senso o l’altro. Una vittoria con un suo candidato, il fedelissimo Massimiliano Fedriga, gli darebbe maggiore forza a qualsiasi tavolo. E lo renderebbe padrone assoluto nel Nord.
Di Maio lo sa, e infatti prima di salire al Colle sforna una nota dove a contare è la data: “Il comitato scientifico che valuterà i programmi di Pd e Lega per individuare i punti comuni con quello del
M5S si impegna a consegnare una relazione finale non oltre il 30 aprile”. Ovvero, il giorno dopo il voto in Friuli. Per questo, il capo politico del Movimento è convinto che si possa ancora aspettare, e che la via per un governo con il Carroccio sia ancora apertissima. Lo raccontano anche quei 27 minuti di attesa dentro il Colle, tra la fine del colloquio con il presidente della Repubblica e il discorso alle telecamere di Di Maio. Perché dietro la porta di legno sorvegliata dai corazzieri il candidato premier soppesa e lima mille volte il testo. Sulle agenzie arrivano gli echi del centrodestra che dopo la scenetta da parenti forzati davanti alle tv si muove comunque in ordine sparso. A partire dall’anatema contro il M5S (fuori copione) di Berlusconi, scandito davanti ai cronisti: “Sappiate distinguere chi è un democratico e chi non conosce neppure l’abc della democrazia”. A un’altra battuta del Caimano, che fuori del Quirinale ri- tira in ballo il Pd per il governo, seppure indirettamente. E sono sillabe che convincono Di Maio a non alzare troppo il tiro contro Salvini. Perché le contraddizioni tra B. e il leghista, che dei dem non vuole sentir parlare, sono di nuovo evidenti. E allora al candidato basta pungere di contropiede: “La battutaccia di Berlusconi dimostra che il centrodestra spera più nel Pd che nel M5S”.
MA SOPRATTUTTO “il centrodestra resta una coalizione puramente elettorale”, esistente solo sulla carta. E che Salvini sia comunque strettissimo nei panni del leader del centrodestra, secondo i 5Stelle, lo testimonia quella sua frase sul premier “che dovrebbe essere una personalità indicata alla Lega”.
Una formula con cui il segretario del Carroccio ha solo voluto tirarsi fuori da un eventuale pre-incarico, ragionano ai piani alti del M5S. Dove sanno che Salvini si sbloccherebbe molto più facilmente se Di Maio aprisse a un suo passo di lato, in favore di un premier terzo. “Ma non succederà, Luigi resta l’unico nome per Palazzo Chigi” giurano dal Movimento. Intanto il capo politico del Movimento e Salvini saranno entrambi al Vinitaly a Verona, anche se in orari diversi. Potrebbe essere l’occasione per un incontro. E quella battuta serale del leghista, “speriamo nel Vinitaly”, pare evocarlo.
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