Stop alla vendita del palazzo da 40 milioni
La Sovrintendenza blocca tutto, doveva diventare un albergo: cifra segreta
La
Soprintendenza di Roma blocca la vendita di Palazzo Nardini, in pieno centro romano e che, la Regione Lazio aveva comprato per 37,5 milioni e ristrutturato con altri 2,5 milioni. E ora per la stessa Regione si profila un danno economico di “svariati milioni di euro”, fra le polemiche arrivate a coinvolgere anche il ministro uscente ai Beni Culturali, Dario Franceschini.
IL FONDO IMMOBILIARE Invimit Sgr, che fa capo al Ministero Economia e Finanze, aveva praticamente già ceduto a un “compratore misterioso” il prestigioso edificio del ’400 di via del Governo Vecchio, nel cuore del centro storico, per il quale era stato sottoscritto nelle scorse settimane il contratto preliminare (il cosiddetto “comp ro me ss o”). Destinazione: una “struttura turistico-ricettiva”. Per ora, invece, è impossibile sottoscrivere il rogito notarile, in quan- to la Soprintendenza Speciale di Roma Archeologica Belle Arti e Paesaggio – guidata da Francesco Prosperetti – ha deciso di avviare il procedimento per la ridefinizione dei vincoli. La richiesta è quella di aggiungere alla tutela del valore artistico e architettonico anche la dichiarazione “dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive e religiose”, dichiarando così la “inalienabilità”. Come il Colosseo. L’effetto è immediato, ma la procedura dovrà essere confermata entro i prossimi 120 giorni dalla commissione regionale patrimonio culturale del Mibact.
In realtà, furono proprio gli uffici ministeriali di via del Collegio romano, il 26 febbraio 2016, a dare il via libera al governatore Nicola Zingaretti per inserire lo storico palazzo del Governatorato di Roma – poi sede della Pretura di Roma e, negli anni ’70, del Movimento per la liberazione della Donna – nella lista degli immobili da “valorizzazione”. La lettera firmata allora da Daniela Porro (attuale di- rettrice del Museo nazionale romano) parlava di “insussistenza di motivi ostativi all’alienazione degli immobili”. Tutto il contrario di quanto dice oggi il soprintendente: “Secondo la legge di tutela un immobile che ha queste caratteristiche pubbliche diventa ipso iure inalienabile”. Un bel caos, perché Invimit aveva già il contratto di cessione in tasca, mentre Prosperetti ora sogna di recuperare il vecchio progetto di trasferirvi la Biblioteca di Archeologia e Storia dell’Arte.
FURIOSO il presidente Invimit, Massimo Ferrarese, che ieri pomeriggio si è fatto ricevere urgentemente dall’assessore regionale al Bilancio, Alessandra Sartore: “Situazioni così inspiegabili pregiudicano la possibilità di compiere la nostra mission di contribuire alla riduzione del debito pubblico”, ha attaccato, rivolgendosi poi a Franceschini: “Aspetto immediate risposte, senza le quali saremo costretti a bloccare tutti gli investimenti sui beni vincolati”. Stupore anche in Regione Lazio, dove non si parla apertamente di “danno erariale” e, addirittura, di “d ispetti fra burocrati”.
Bocche totalmente cucite, invece, sul nome del compratore e sulla cifra pattuita per la vendita. In ambienti ministeriali si fa insistentemente il nome di Angiola Armellini, immobiliarista romana coinvolta negli anni scorsi in una inchiesta per evasione fiscale, ma non vi sono conferme da parte dei diretti interessati. Silenzio assoluto da parte di Invimit e Regione Lazio, in virtù di una sorta di segreto istruttorio legato alla procedura del “confronto competitivo”.
Alla tutela del bene artistico bisogna aggiungere la dichiarazione d’identità e di storia delle istituzioni pubbliche, collettive e religiose: inalienabile