Facebook Chi usa la piattaforma (privata) deve stare alle sue regole. E viceversa
I principali attori della crisi siriana hanno tutti lo stesso problema: pesanti guai domestici. E allora, da sempre, la ricetta è alzare la tensione esterna, per ricompattare il Paese. Trump ha le elezioni di medio termine a rischio per l’i n c hi e s t a Russiagate di Mueller e una pornostar che vuole divulgare i suoi tradimenti. La May deve gestire la crisi interna dei conservatori e la Brexit incagliata per la frontiera nord-irlandese. Macron ha gettato la Francia nel caos con le sue riforme. Per non parlare di Putin, che pur correndo sostanzialmente da solo, dopo aver arrestato ogni oppositore, ha preso alle elezioni poco più di un misero 70 per cento. L’acuirsi della crisi siriana diventa più una breaking news, che un’azione militare. Lo si capisce anche dall’ins olito preavviso di missili in arrivo, che lo stesso Trump ha cortesemente inviato ad Assad, rinunciando all’effetto sorpresa pur di garantirsi l’incolumità del dittatore “animale” ma utile a presidiare una zona già destabilizzata. Certo, ora sarebbe difficile non lanciare almeno un paio di Tomahawk. Ma anche se ciò avvenisse, saranno colpiti bersagli dimostrativi e non strategici. A cui Putin reagirebbe con proteste risentite, ma formali. Quanto basta ad ottenere l’apposita risoluzione Onu, un sudario in diplomatichese che copre i bambini asfissiati col gas, le responsabilità di un dittatore criminale di guerra, ma soprattutto gli interessi di leader sull’orlo di una crisi. Di consenso.
Un esecutivo Cinque Stelle-Lega non è detto che debba fallire
Credo, per formare un possibile governo, sia necessario superare le proprie antipatie o simpatie personali. Non esistono soluzioni ottimali, tanto meno quelle delle elezioni anticipate con l’attuale legge elettorale, causa dell’impasse in cui ci troviamo e continueremmo a trovare. Il Movimento Cinque Stelle e la Lega hanno un grande vantaggio in comune e cioè di non essere stati LE AFFERMAZIONI di Mark Zuckerberg per giustificare ciò che è accaduto con le violazioni di Facebook è di una gravità inaudita, ed è sorprendente che non ci siano state reazioni per quanto è stato espresso. Zuckerberg ha praticamente riscritto le pagine della giurisprudenza, gettando le basi di una nuova filosofia del diritto fondata sulla situazione esistente. Riassumendo quanto è stato detto, si evince il concetto che si vuole far accettare: Facebook è responsabile di quanto accade sulla piattaforma, ma è sempre Facebook che deve gestire e punire le trasgressioni, assolvendo sempre se stesso. Zuckerberg ha detto che Facebook deve “diventare la polizia del web”, frase inquietante e antidemocratica perché rimanda a quanto già avviene nei regimi totalitari. Ma soprattutto si afferma il principio di autoreferenzialità, ossia nessuno può giudicare Facebook per quanto accade, ma è sempre Facebook che giudica gli altri. Insomma, si decide di esplicitare con il concetto di un “nuovo diritto” quanto avviene da tempo, l’assoluta superiorità dei social network rispetto alla legge. La richiesta poi di una legislazione per regolare ilweb diventa risibile considerando che questa legge verrebbe poi applicata secondo i criteri di Facebook, impedendo il controllo della effettiva attività dei social network, essendo precluso ogni accesso a chi dovrebbe controllare queste attività. GENTILE CRISTIANO, contrariamente a quanto possa sembrare dalle notizie, dai commenti e dagli editoriali che circolano nelle ultime settimane, il tema della regolamentazione del web è molto complesso. Contrappone scuole di pensiero tanto diverse, schiera da un lato i tecnoentusiasti e dall’altro i tecnoscettici. Il caso Facebook - Cambridge Analytica ha avuto, al di là coinvolti nei governi precedenti. Hanno punti in comune e in disaccordo, ma come in qualsiasi alleanza. Il Pd vuole dimostrare che quando non si hanno grandi numeri per governare bisogna sporcarsi le mani e allearsi con inquisiti, con dannati e farabutti. Il M5S sta rifiutando questa linea, per fortuna, e non sembra disposto ad allearsi con chi le mani le ha sporche. Altra speranza del Pd è che un governo nato dall’alleanza fra Cinque Stelle e Lega si dimostri incapace e fallisca mi- dell’importanza delle rivelazioni, il merito di portare finalmente il tema all’attenzione dell’opinione pubblica. A questo punto, però, tocca all’opinione pubblica iniziare a utilizzare gli strumenti a cui finora si è affidata con maggiore cognizione di causa. Facebook è una piattaforma privata, con le sue regole: chi la usa, deve stare a quelle regole. E come privato, a sua volta Facebook deve sottostare alle regole stabilite dal pubblico. Ed essere punito se non le rispetta. Lo schema è su per giù questo. Ma c’è un errore che non si deve fare: credere che Facebook sia Internet. Per fortuna non lo è e sulla Rete, nella sua purezza, Zuckerberg non può avere alcun controllo. seramente, in modo da poter andare alle elezioni anticipate e riguadagnare consensi. Ma, c’è un’alt ra possibilità e cioè che un governo siffatto non solo non fallisca ma abbia anche un notevole successo. Il Pd ci ha pensato?
Su destra e sinistra in Italia Gaber ha ancora ragione
Sono passati molti anni da quando Giorgio Gaber con la sua canzone sbeffeggiava appartenenze a fami- glie politiche quali la destra o la sinistra perché aveva capito con molto anticipo che quelle parole sembravano e forse erano prive di contenuti e ideali coerenti. Continuo a pensare che Gaber aveva e purtroppo ha ancora ragione. Nel nostro Paese abbiamo una destra che non ha nulla a che spartire in termini di senso dello Stato e delle Istituzioni con la maggior parte delle destre europee e una sinistra che di fatto attua, salvo qualche timida iniziativa sui diritti civili, politiche libe- DIRITTO DI REPLICA
Il titolo del trafiletto dedicato al dibattito al Festival del Cinema Europeo di Lecce dopo la presentazione del documentario di Maria Cristina Fraddosio sul movimento noTap, non riflette la realtà dei fatti. Semplicemente non abbiamo partecipato su suggerimento della Prefettura, preoccupata per il clima che si sarebbe potuto creare al cinema Massimo. Questa circostanza è utile per sottolineare che titoli come “Tap rifiuta il dibattito” sono un travisamento grave di ciò che da anni accade a Lecce, dove a Tap è negata l’agibilità di ogni sede di discussione, sia quando siamo stati noi stessi a farci promotori del confronto (ad esempio in occasione della presentazione dello studio SAFE sulla sicurezza dei gasdotti del 20 novembre 2017, sospesa a causa delle intemperanze di alcuni manifestanti) sia quando altri ci hanno invitato ad illustrare il nostro progetto e ad esporre le nostre ragioni, come avevano gentilmente fatto il Festival del Cinema Europeo e Maria Cristina Fraddosio. Che la raccomandazione di non partecipare rivoltaci dalla Prefettura fosse purtroppo giustificata, lo ha dimostrato il clima subito instauratosi nella sala. È facile immaginare cosa sarebbe potuto accadere se qualcuno di noi avesse preso la parola. Da anni chiediamo confronti pubblici, regolati e davvero plurali alle istituzioni locali e persino al comitato no-TAP, che però rifiuta (e teorizza il rifiuto di) ogni occasione che garantisca un vero confronto tra le idee e non una sfida a chi urla più forte.