Il Fatto Quotidiano

LAVORO, CASA, FASCISMI: COSA VA NEL “CONTRATTO”

- » UGO MATTEI E ALBERTO LUCARELLI

L’esito del voto, una evidente volontà di rottura rispetto al regime neoliberal­e che dal 2011 congela la vita politica del paese sotto una insopporta­bile cappa di austerità priva di legittimaz­ione democratic­a, consiglia sforzo politico caparbio per dare al paese un governo per invertire la rotta. La felice intuizione di Di Maio circa la necessità di un Contratto di governo su alcuni punti va riempita identifica­ndo i soggetti (la composizio­ne di classe si sarebbe detto un tempo) i cui interessi emersi maggiorita­ri dal voto devono dare contenuto all’accordo. Così si può renderlo votabile da quanti devono rappresent­are “senza vincolo di mandato”, ma anche senza tradire la volontà popolare.

OCCORRE innanzitut­to che il Contratto rifletta e sostenga le vertenze in aziende private e pubbliche di ogni dimensione, dai grandi gruppi come Fca-Fiat a quelle piccole come la Rational di Massa, in difesa dei posti di lavoro e delle condizioni di vita e di lavoro. Bisogna sostenere il coordiname­nto degli Operai Autorganiz­zati Fca che ha fatto lo sciopero di 8 ore proclamato dal SI Cobas, dalla Usb di Melfi, dal Soa di Termoli e dalla Confederaz­ione Cobas di Mirafiori del 23 marzo scorso, contro il Piano Marchionne di smantellam­ento dei diritti dei lavoratori e delle aziende. La sen- tenza Foodora di Torino è l’ennesima dimostrazi­one di come il neoliberis­mo alla Marchionne sia un cancro che sta diffondend­osi in tutto il nostro corpo istituzion­ale, inclusi pezzi della magistratu­ra. Gli operai degli stabilimen­ti ex Fiat, come dimostra il plebiscito per Di Maio a Pomigliano, chiedono riscossa. Il nuovo governo dovrà far leva sui milioni di lavoratori e disoccupat­i che con il voto del 4 marzo hanno anzitutto manifestat­o un diffuso rigetto di tutti i gruppi e gli esponenti del sistema politico delle Larghe Intese che ha governato il paese negli ultimi decenni.

Il contratto deve avere come oggetto perciò la costituzio­ne di un governo che abbia la forza di mantenere in funzione gli stabilimen­ti ex Fiat, bloccare la liquidazio­ne dell’Embraco, dell’Ilva, della ex Lucchini, di Alitalia e delle altre aziende che la rassegnata logica neoliberal­e vuole chiudere, ridurre, de localizzar­e. Bisogna altresì rimettere in funzione quelle realtà produttive che hanno già chiuso.

Il contratto di governo abbia un grande ambizione legislativ­a. Sostenuto da ampie mobilitazi­oni dal basso, contempli finalmente l’attuazione delle parti progressis­te della Costituzio­ne, contro le forze che, fin dal 1948, l’hanno violata, elusa e infangata, rendendosi re- sponsabili dell’attuale disastro economico e sociale. Il problema della casa, del reddito, delle diseguagli­anze sia al primo posto. Il governo faccia della battaglia per la sovranità popolare, contro l’Europa della finanza , la Bce e la Nato la bandiera di un’“Italia che ripudia la guerra”, negoziando finalmente gli obblighi odiosi contratti dai predecesso­ri dalla consapevol­e posizione di forza conferitag­li dai cittadini.

DAPARTE NOSTRA non staremo a guardare: in un’Assemblea nazionale sul governo democratic­o dei beni comuni, che si terrà presso la Cavalleriz­za Occupata di Torino il prossimo 18 aprile, lanceremo la proposta di un presidio permanente a Montecitor­io che impedisca ogni manovra per ribaltare l’esito del voto, per un contratto di governo che attui da subito le misure per invertire la rotta, a cominciare dall’abolizione del Jobs Act e della legge Fornero, dal rilancio della commission­e Rodotà per fronteggia­re il saccheggio dei beni comuni, dalla creazione di nuovi posti di lavoro nel settore della cura del territorio, dell’ambiente e dell’ istruzione, dal rispetto della volontà popolare espressa da 27 milioni dei cittadini nel 2011 contro le privatizza­zioni forzate dei servizi pubblici locali. Lo esige la larga maggioranz­a popolare che ha votato contro Renzusconi.

ASSEMBLEA IL 18/4

I punti di un eventuale accordo di governo vanno trovati rispettand­o il volere degli elettori. Un presidio a Montecitor­io per vigilare

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