Il Fatto Quotidiano

ASSE M5S-PD PER UNA NUOVA EUROPA

L’economista Jeffrey Sachs chiede ai dem di stare al governo per il bene dell’Ue

- » STEFANO FELTRI

Visto che i mercati sono tranquilli e lo spread sotto controllo, il dibattito sulla formazione del nuovo governo sta diventando una questione di politica interna. Ma ogni tanto qualcuno ci ricorda che ormai tutta la politica interna è anche politica europea e viceversa. Si discute molto, per esempio, dell’appello lanciato dall’economista Jeffrey Sachs con un editoriale pubblicato su vari giornali internazio­nali: “In un’Europa politicame­nte e geografica­mente divisa, la politica italiana può essere l’ago della bilancia, un’Italia pro-europea a guida M5S-Pd può unirsi a Francia e Germania nel riformare l’Ue, ritrovare una voce forte in politica estera nei confronti di Usa, Russia e Cina e applicare una strategia di crescita basata sull’innovazion­e verde e sostenibil­e”.

Sachs non è un economista radicale, anche se auspica riforme radicali: insegna alla Columbia University di New York, da sempre in area democratic­a, si è schierato con Bernie Sanders contro la moderata Hillary Clinton nel 2016, è stato un consulente di Papa Francesco sui temi ambientali. Il suo editoriale è circolato molto in questi giorni, rilanciato anche dal “Punto” di Paolo Pagliaro a Otto e Mezzo su La7.

Non sono le bizzarre tesi di un osservator­e lontano. Anche in Francia c’è un certo fermento e molti intellettu­ali auspicano una coalizione tra M5S e Pd, ultimo argine contro l’arrivo al governo della Lega di Matteo Salvini che continua a essere vista come la versione italiana del Front National di Marine Le Pen. Qualche settimana fa, l’ex premier e senatore a vita Mario Monti ha lanciato dal Corriere della Sera un invito a tutti i partiti: lavorare a una mozione condivisa per impostare u- na linea europea comune fin da subito a Bruxelles. Monti suggerisce di trovare un minimo comune denominato­re che permetta all’Italia di pesare subito nei negoziati sulla governance dell’eurozona, sull’unione bancaria, sulle sanzioni alla Russia. Poi a giugno 2019 ci saranno le elezioni europee e i partiti potranno tornare a dividersi sulle loro visioni dell’Europa, ma intanto l’Italia avrà potuto difendere il proprio interesse nazionale. Ci sono state diverse reazioni – discrete – di interesse. Le convergenz­e sono possibili tra Pd, Forza Italia e Cinque Stelle, molto meno dal lato della Lega dove, a parte il pragmatism­o di Giancarlo Giorgetti, le posizioni sull’Europa restano quelle degli economisti anti- euro Claudio Borghi Aquilini e Alberto Bagnai.

La posizione sull’Unione europea è diventata anche una specie di sintesi dell’approccio dei partiti alle grandi questioni economiche e sociali in patria. Sachs suggerisce al Partito democratic­o di accettare la sua condizione di “junior partner” in una coalizione con i Cinque Stelle: è più importante difendere ora le conquiste della socialdemo­crazia novecentes­ca dagli assalti del rigore tedesco e delle utopie fiscali sovraniste, invece che sognare lontane e improbabil­i rivincite. Sachs suggerisce anche una base di compromess­o che sarebbe molto rassicuran­te per Bruxelles: il Pd dovrebbe tenere il ministero dell’Economia e lasciare ai Cinque Stelle il presidente del Consiglio.

Idee di buonsenso e lungimiran­ti che, proprio per questo, saranno ignorate dai vertici del Pd troppo impegnati nella tradiziona­le lotta di correnti per preoccupar­si dell’interesse nazionale, figurarsi di quello europeo.

Chi vuole un’Unione forte deve auspicare l’intesa tra movimenti di protesta e partiti tradiziona­li socialdemo­cratici

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