ASSE M5S-PD PER UNA NUOVA EUROPA
L’economista Jeffrey Sachs chiede ai dem di stare al governo per il bene dell’Ue
Visto che i mercati sono tranquilli e lo spread sotto controllo, il dibattito sulla formazione del nuovo governo sta diventando una questione di politica interna. Ma ogni tanto qualcuno ci ricorda che ormai tutta la politica interna è anche politica europea e viceversa. Si discute molto, per esempio, dell’appello lanciato dall’economista Jeffrey Sachs con un editoriale pubblicato su vari giornali internazionali: “In un’Europa politicamente e geograficamente divisa, la politica italiana può essere l’ago della bilancia, un’Italia pro-europea a guida M5S-Pd può unirsi a Francia e Germania nel riformare l’Ue, ritrovare una voce forte in politica estera nei confronti di Usa, Russia e Cina e applicare una strategia di crescita basata sull’innovazione verde e sostenibile”.
Sachs non è un economista radicale, anche se auspica riforme radicali: insegna alla Columbia University di New York, da sempre in area democratica, si è schierato con Bernie Sanders contro la moderata Hillary Clinton nel 2016, è stato un consulente di Papa Francesco sui temi ambientali. Il suo editoriale è circolato molto in questi giorni, rilanciato anche dal “Punto” di Paolo Pagliaro a Otto e Mezzo su La7.
Non sono le bizzarre tesi di un osservatore lontano. Anche in Francia c’è un certo fermento e molti intellettuali auspicano una coalizione tra M5S e Pd, ultimo argine contro l’arrivo al governo della Lega di Matteo Salvini che continua a essere vista come la versione italiana del Front National di Marine Le Pen. Qualche settimana fa, l’ex premier e senatore a vita Mario Monti ha lanciato dal Corriere della Sera un invito a tutti i partiti: lavorare a una mozione condivisa per impostare u- na linea europea comune fin da subito a Bruxelles. Monti suggerisce di trovare un minimo comune denominatore che permetta all’Italia di pesare subito nei negoziati sulla governance dell’eurozona, sull’unione bancaria, sulle sanzioni alla Russia. Poi a giugno 2019 ci saranno le elezioni europee e i partiti potranno tornare a dividersi sulle loro visioni dell’Europa, ma intanto l’Italia avrà potuto difendere il proprio interesse nazionale. Ci sono state diverse reazioni – discrete – di interesse. Le convergenze sono possibili tra Pd, Forza Italia e Cinque Stelle, molto meno dal lato della Lega dove, a parte il pragmatismo di Giancarlo Giorgetti, le posizioni sull’Europa restano quelle degli economisti anti- euro Claudio Borghi Aquilini e Alberto Bagnai.
La posizione sull’Unione europea è diventata anche una specie di sintesi dell’approccio dei partiti alle grandi questioni economiche e sociali in patria. Sachs suggerisce al Partito democratico di accettare la sua condizione di “junior partner” in una coalizione con i Cinque Stelle: è più importante difendere ora le conquiste della socialdemocrazia novecentesca dagli assalti del rigore tedesco e delle utopie fiscali sovraniste, invece che sognare lontane e improbabili rivincite. Sachs suggerisce anche una base di compromesso che sarebbe molto rassicurante per Bruxelles: il Pd dovrebbe tenere il ministero dell’Economia e lasciare ai Cinque Stelle il presidente del Consiglio.
Idee di buonsenso e lungimiranti che, proprio per questo, saranno ignorate dai vertici del Pd troppo impegnati nella tradizionale lotta di correnti per preoccuparsi dell’interesse nazionale, figurarsi di quello europeo.
Chi vuole un’Unione forte deve auspicare l’intesa tra movimenti di protesta e partiti tradizionali socialdemocratici