Assad ricomincia i massacri e Trump pensa al Sexygate
Ancora guerra ai jihadisti e scandali negli Usa
Poche ore dopo che il presidente Trump aveva confermato il raid “p un iti vo ” p er l’uso dei gas in Siria, contro il regime di Damasco, il comico Bill Maher nel suo show su Hbo definiva l’operazione: “Desert Stormy”. L’allusione (gioco di parole con Desert Storm, la guerra del golfo del 1990) è alla pornostar Stormy Daniels e alla sua denuncia contro il tycoon; sarebbe stata pagata per non rivelare la loro relazione. Come spesso accade, i comedians sono commentatori arguti in materia di geopolitica: il bombardamento contro i presunti obiettivi per distruggere le armi chimiche di Assad sono stati una dimostrazione di forza fine a se stessa, e per il magnate una occasione per non far parlare almeno per qualche giorno dell’indagine Russiagate, sui contatti del suo staff con personaggi del Cremlino durante la campagna elettorale 2006.
MAHER HA CHIOSATO: “Non voglio dire che il raid è servito al presidente per distrarci dai suoi problemi, ma il no- me in codice è Operation Desert Stormy”. Proprio stamattina a New York è prevista l’udienza in tribunale: l’avvocato di Trump, Michael Cohen dovrà confermare se abbia versato alla donna la somma di 130 mila dollari; Stormy Daniels sarà presente. L’ira di Trump poi si abbatte sull’ex capo dell’Fbi, Comey, che nel suo libro di memorie racconta le pressioni ricevute. “Dov reb be andare in galera” scrive The Donald in uno dei suoi tanti tweet domenicali.
Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna dopo il raid restano confusi e felici: il ministro degli esteri inglese Boris Johnson conferma alla Bbc che se Assad proseguirà nell’uso di armi chimiche “con gli alleati, studieremo diverse opzioni”, senza dire quali; l’ambasciatrice Usa all’Onu, Nikki Haley, annuncia nuove sanzioni contro Mosca, oggi i particolari; il Papa si appella “a tutti i responsabili politici perchè prevalgano la gustizia e la pace” e ‘Libertà e Giustizia’, aderisce all’appello della Rete della Pace “per fermare la guerra in Medio Oriente”.
Chi ha motivo di preoccuparsi realmente è Israele. L’aiuto militare dato dall’Iran ad Assad ha permesso a Teheran di arrivare fin dietro la porta del nemico storico. Il premier Benjamin Netanyahu dunque approfitta della prova muscolare di Washington e soci e suggerisce: si dovrebbe trattare l’Iran come la Siria; inoltre chiede alle potenze occidentali di impedire agli “Stati terroristi” di avere armi nucleari: il riferimento appare scontato.
NEL GIOCO delle parti, il presidente Assad mostra che le bombe cadutegli in casa non lo hanno sconvolto: ieri ha incontrato una delegazione di politici russi, il parlamentare Dmitry Sablin ha descritto Assad come “positivo e di buon umore”. Non è chiaro che valore abbia ancora la missione dell’Opac ( Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche), che avrebbe dovuto stabilire chi a Douma ha usato il gas, se i lealisti o gli estremisti islamici.
Proprio Douma è stato uno dei tre obiettivi colpiti, gli esperti potrebbero trovare la scena del delitto compromessa. Il vice-ministro siriano per gli Esteri, Ayman Soussane rassicura: “Lasceremo alla squadra la possibilità di lavorare in maniera professionale, obiettiva e imparziale, lontano da qualunque tipo di pressione”. Soussane è convinto che i risultati mostreranno che “le accuse sono menzognere”. La guer- ra siriana, quella vera, continua: la riconquista della Ghouta Est permetterà al regime di Damasco di dirigere le proprie truppe sulla provincia meridionale di Daraa, uno dei centri dell’opposizione sin dalle prime rivolte del 2011. Limitrofa alla Giordania e al Golan annesso ad Israele, Daraa è contesa fra miliziani, governativi e Isis. La sfida per Assad e i suoi alleati russi e iraniani, oltre a Daraa è rappresentata da Idlib, dove si concentrano i jihadisti di Tahrir al-Sham, legati ad Al Qaeda.
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