Mondiali 2018, il pericolo degli ultras russi e inglesi
STORIA DI COPERTINA Calci e non calcio
In palio c’è il titolo di hooligan più temibili. I padroni di casa hanno stretto alleanze con le “barra bravas” argentine, i tedeschi dell’Est e i serbi. I britannici hanno per ora l’appoggio solo dei polacchi.
Parola d’ordine: “Makhach”. Scontro pianificato dopo la partita tra i tifosi dei due club. Con tanto di regole improntate al fair play: numero “equo” di combattenti, magliette coi colori delle rispettive squadre, video degli scontri da riversare in rete. Ma a Londra, giovedì 5 aprile 2018, il
Makhach non c’è stato dopo Arsenal-Cska Mosca, partita di andata dei quarti di Europa League. C’era il niet del Cremlino. Che temeva un replay delle violenze del 22 febbraio scorso prima di Athletic Bilbao-Spartak Mosca, quando un gendarme basco rimase vittima di un infarto nel caos degli scontri tra le tifoserie. Pure gli inglesi hanno tenuto alla larga le frange degli hooligan più accaniti. Troppo delicata la situazione: così, all’Emirates Stadium si è giocato e basta.
EPPURE, non era una partita qualsiasi, ma un match emblematico fra due Paesi sull’orlo di una crisi di nervi sempre più irreversibile. Da sempre, la politica tracima nel calcio. Talvolta, con intrecci paradossali. Per esempio, az i o n i s t a d i minoranza dell’Arsenal è l’oligarca uzbeko Alisher Usmanov, amico di Putin. Non è l’unico russo a possedere squadre o quote di club inglesi. Il che non impedirà che al prossimo Mondiale di calcio si possano ripetere i violentissimi incidenti di Marsiglia dell’Europeo 2016, quando gli hooligan britannici si scontrarono con gli ultras russi e vennero brutalmente sconfitti.
Mancano ormai meno di due mesi al fischio d’inizio di Russia-Arabia Saudita, la prima partita, giovedì 14 giugno allo stadio Luzhniki di Mosca. Un business potenziale di 26 miliardi di dollari. L’ennesima vetrina per Vladimir Putin. Ma contro questa fragile vetrina soffiano sempre più forte i venti di guerra. E la rendono opaca tante ombre spaventose: quelle del f oo t b al l
hooliganism, l’altro Mondiale di calci e non di calcio.
Gli ultras russi minacciano sfracelli, in barba alla nuova legge, approvata nel 2017, che inasprisce le pene a chi causa incidenti legati a manifestazioni sportive: condanne da 8 a 15 anni, sanzioni da 3 a 20 mila Euro. “O vittoria o morte” si legge sulle t-shirt nere. La Bbc ha mandato in onda un documentario sulla gang dei Macellai di Orel. Un nome, una garanzia...
Il Cremlino afferma di aver sguinzagliato gli agenti dell’Fsb – l’erede del Kgb – e di avere messo sotto controllo gli ultras più pericolosi, un migliaio. Nessuno ci crede: gli hooligans russi non hanno mai nascosto la loro venerazione per il presidente russo che ha sempre apprezzato le maniere forti del tifo di casa. Alexander Shprygin, il presidente dell’Unione dei tifosi di Russia, leader di un gruppo di estrema destra ed accusato di aver orchestrato i gravissimi e sanguinosi disordini di Marsiglia agli Europei del 2016, conferma gli “intensi controlli” dell’Fsb, e cerca di rassicurare i tifosi di tutto il mondo. Dall’Inghilterra, però, dei 20 mila tifosi previsti ne arriveranno la metà. Un brutto segnale per le casse di Mosca. E per gli ultras russi che sognano lo “scontro finale” con gli hooligan britannici.
Pur di riuscirci, i russi hanno stretto alleanze internazionali, atteggiandosi a Cremlino della violenza hooligana. Un risiko in un certo senso geopolitico: l’accordo con gli argentini (le barra bravas del Boca, San Lorenzo, Nueva Chica e Velez, secondo quanto riporta il Clarin) che vogliono vendicare l’onta delle Malvinas. Coi tedeschi dell’Est, per le affinità naziskin. Coi serbi, “fratelli” ortodossi. Li unisce una comune linea xenofoba e nazionalista.
Gli inglesi hanno per ora l’appoggio dei polacchi, mentre spagnoli e francesi stanno a guardare. In palio, essere riconosciuti gli ultras più temibili del mondo. Gli eredi del leggendario teppismo inglese. Per raggiungere l’obiettivo hanno elaborato strategie, vergato codici di comportamento paramilitare, addotto motivazioni: “Noi siamo professionisti, loro sono ormai degli ex”. Su VK ( VK o nt a
kte.com), sotto immagini che dovrebbero incutere paura – volti sfregiati, corpi palestrati, tatuaggi da Organizacija, la mafia russa – c’è chi promette di “scatenare l’inferno”. E chi svela che “l’Operazione Mondiale è già a buon punto”. Si invita a “pisciare in faccia agli inglesi”, si incita “bruciateli!”, si suggerisce ai tifosi d’Inghil- terra di “passare un po’ di tempo in palestra e prepararsi in qualche modo all’i mm inente spargimento di sangue”. Per intimorire i “nemici” i russi filmano tutto l’addestramento, pestaggi compresi tra di loro per aumentare la resistenza al dolore e alle ferite. Più sangue, più onore. È persino annunciata la trap- pola nelle foreste di Revtov, una cittadina non lontano dalla capitale russa: “Lì sarebbero un bersaglio più facile da individuare”.
LA SERA DEL 5 APRILE, invece, il bersaglio era la porta del CSKA: perforata quattro volte dall’Arsenal (un gol lo segna il Cska Mosca). I Gunnersdi Sua Maestà battono i “marines” tanto cari a Putin: il Cska è infatti la squadra dei militari... Ma sugli spalti dell’Emirates Stadium, nel settore che ospita gli ultras della squadra russa, compare un inquietante striscione: “Novichok on
tour”. Novichok, il gas killer che ha quasi ucciso a Salisbury lo scorso 4 marzo l’ex spia russa doppiogiochista Sergey Skripal e sua figlia Yulia. E che ha scatenato una crisi tra Lon- dra e Mosca senza precedenti. In verità, un precedente c’è. Il primo novembre del 2006, tra i 60 mila spettatori di un altro Arsenal- Cska Mosca, c’era Andrej Lugovoi, ex Kgb. Poche ore prima, l’ex spia dissidente Alexander Litvinenko aveva incontrato Lugovoi al Millennium hotel di Grosvenor square, a Londra, per un té. Verso sera Litvinenko fu costretto a farsi ricoverare in ospedale. Dove sarebbe morto il 23 novembre. I medici scoprirono che aveva ingerito una dose letale di polonio 210, un isotopo radioattivo. Nel 2007, Londra accusò Lugovoi dell’assassinio di Litvinenko, ma Putin, che aveva negato qualsiasi coinvolgimento russo, rifiutò di estradarlo. Durante le indagini, Scotland Yard aveva scoperto
I PADRONI DI CASAHANNO STRETTO ALLEANZE CON LE “BARRA BRAVAS” ARGENTINE, I TEDESCHI DELL’EST EI SERBI .I BRITANNICI HANNO PER ORA L’APPOGGIO SOLO DEI POLACCHI
tracce di polonio 210 dentro l’Emirates Stadium... ( oggi Lugovoi è deputato ed è membro del Comitato per la Sicurezza della Duma, il parlamento russo).
AD AVER alimentato i timori per la partita di ritorno del 12 aprile (terminata 2-2) a Mosca, non c’è stato solamente lo striscione, ma anche le parole di Vladimir Markin, capo del comitato di sicurezza e coordinamento dei tifosi della Federazione Russa: se gli inglesi arrivando a Mosca cercano “avventure”, le troveranno. I commenti, sul sito soccer.ru, sono aggressivi e a favore di Markin. I dirigenti dell’Arsenal hanno chiesto la “sicurezza dei loro tifosi”. Il Foreign
Office ha emesso un comunicato: “A causa delle crescenti tensioni politiche fra la Gran Bretagna e la Russia, bisogna essere consapevoli della possibilità di sentimenti anti- britannici (...) quindi si consiglia di rimanere vigili, ed evitare proteste, dimostrazioni, o di commentare pubblicamente gli sviluppi politici”. Insomma, un antipasto del Mondiale.
La crisi della Siria, inoltre, aggrava le preoccupazioni. Il calcio può diventare guerra per procura: sia in campo, sia soprattutto fuori. Ed essere teatro delle peggiori violenze. Perché convergono fanatismi patriottici e passioni identitarie. Ma Putin non vuole incidenti. A Mosca, l’Arsenal agguanta il pareggio (2 a 2) e passa alle semifinali. Gli ultras si sfogano con cori e slogan, striscioni e razzi. La resa dei conti è rimandata.
La galassia del tifo Cska ha nomi che, tradotti, evocano lo sport anglosassone e tedesco: Red Blue Warriors, Kids, Yarovslavska Gallant Steeds, N-Troop, Kats, Stallions, Zarja 18, Shedy Horses, Red Blue Support, Yugend Firm. I rivali storici sono quelli dello Spartak Mosca, guidati dal più tosto e temuto dei teppisti russi, un ex criminale di nome Vasily Stepanov detto Killer (ce l’aveva scritto sul paradenti).
UN BESTIONE. Il bau bau degli spalti: muscoli da lottatore di catch. Oggi ha 37 anni. Dice che è un ex ultrà. Che pensa a famiglia (cinque figli) e Chiesa. Che crede nei valori fondanti della Madre Russia. Suona il piano. Un tempo suonava gli avversari, li massacrava. Nel 2007, a Severyanin, vicino a Mosca, guidò mille guerriglieri da stadio contro gli ultras del Cska: fu la più grande e devastante battaglia nella storia del calcio russo. Ogni anno viene celebrata nel web. Che pullula di filmati eloquenti: stages di sopravvivenza, campi militari nei boschi, kit da combattimento, arti marziali, scazzottate sen- za pietà per allenare il corpo al dolore. Volti insanguinati esibiti come trofei. Corpi palestrati. Regime severo, la vodka è bandita. Tra gli ultras si annidano ex militari, ex poliziotti, ex membri delle forze speciali.
Davvero ex? La mitologia esalta efficienza fisica, odio e patriottismo. Accompagnati talvolta da drappi e tatuaggi naziskin. Un anno fa la Bbc profetizzò: “Il Mondiale russo sarà un festival della violenza non un festival dello sport”. Balle, replicano oggi i russi: è l’Isis che promette violenza. Ha minacciato Putin, vuole rovinargli la festa organizzando attentati ( fanat1k. ru). Gli ingredienti ci son tutti, il Mondiale è in tavola!
Piano sicurezza Il Cremlino afferma di aver messo sotto controllo i più pericolosi, un migliaio, ma nessuno ci crede: molti di loro non hanno mai nascosto la venerazione per Putin