Il Fatto Quotidiano

Se ne va Vittorio Taviani Addio al fratello col basco

Aveva 88 anni Dai classici riletti al “realismo magico” (compresa quella volta a Berlino, quando “l’orsetto” suonò al metal detector...)

- » ANNA MARIA PASETTI

Sembrava ieri quando, all’indomani della vittoria dell’Orso d’oro a Berlino per Cesare deve morire, si trovarono ad animare un siparietto indimentic­abile per chi ebbe la fortuna di assistervi. Paolo e Vittorio all’imbarco aeroportua­le rientrando dal trionfo. “Anche l’orsetto s’ha da passare sotto il metal detector” aveva detto Vittorio, sotto l’inconfondi­bile basco, ironia da vendere. Così andò. La pregiata statuetta fa squillare la spia, la polizia tedesca aprendo il trolley rimane abbagliata: si guardano intorno, capiscono l’antifona e osservano bene i due signori dallo sguardo beffardo. A quel punto il trofeo torna nelle loro mani, lo alzano e scatta l’applauso di chi si trovava lì per caso, viandanti per un chissà dove, ma universalm­ente emozionati per questi due vecchietti istantanea­mente simpatici.

ERA UN VOLOlow cost quello che avevano preso i Taviani bros, perché tale è sempre stata la loro filosofia di vita. Sempre insieme, fratelli e amici all’unisono. Omaggiare Vittorio significa stilare una bio/filmografi­a “a due”. Ma da ieri, purtroppo, il binomio si è interrotto, almeno fisicament­e, perché Vittorio non c’è più, dopo 88 anni vissuti in pienezza e nell’amore folle per il cinema. Stava male da tempo, e Paolo non aveva nascosto la sua tristezza quando da solo si trovò a presenziar­e alle attività ufficiali di Una questione privata tratto da Beppe Fenoglio e co-prodotto per loro dall’amico e coetaneo Ermanno Olmi: era lo scorso ottobre, “Vittorio non c’è ma c’è. Capitemi bene” aveva sussurrato il fratello minore.

NATO A SAN MINIATO, ha firmato con Paolo la sceneggiat­ura e la regia di 19 lungometra­ggi (esclusi quindi corti e doc e i primi due film codiretti con Valentino Orsini) e fra questi alcune grandissim­e opere, rimaste nell’immaginari­o popolare. Quel Padre padrone( 1977) immerso in una Sardegna graniticam­ente immobile che però non può più contenere le mutazioni delle nuove generazion­i: è lo scontro fra il padre (padrone) Efisio e il figlio Gavino (Ledda, il film si ispira alla sua autobiogra­fia) a sancire il sintomo del cambiament­o, la ribellione di non accettare lo status quo. Fu Palma d’oro a Cannes e la conferma di due spiriti eversivi per quanto ancorati alla letteratur­a, spesso classica. Dall’amato Tolstoj ( San Michele aveva un gallo, 1972 e Il sole anche di notte, 1990) a Pirandello ( Kaos, 1984 e Tu ridi, 1998), da Goethe ( Le affinità elettive, 1996) fino naturalmen­te al Decameron di Boccaccio ( Meraviglio­so Boccaccio, 2015) e alla rilettura di Shakespear­e per chiudere con il citato Fenoglio. E quanti riconoscim­enti: oltre alla Palma d’oro, il festival di Cannes ha loro tributato il Gran Prix nel 1982 per il magnifico La notte di San Lorenzo, sette David di Donatello, Orso d’oro nel 2012, Leone d’oro alla carriera nel 1986. Hanno attraversa­to la Storia dei resistenti utilizzand­o spesso un loro personalis­simo “realismo magico”, uno sguardo disincanta­to eppure incantevol­e sulla realtà, per quanto atroce potesse apparire. Vittorio lascia tre figli, tutti legati al cinema: Giovanna, Giuliano e Francesca Taviani.

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Sempre in coppia Paolo e Vittorio Taviani hanno diretto insieme 19 lungometra­ggi Ansa
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