Il Fatto Quotidiano

Pir, è caccia al cliente da spolpare tra trappole e commission­i gravose

Sfuggire al predominio di grosse banche e sim è dura: i risparmiat­ori fai-da-te sono solo 200-300. Meno dell’1 per mille

- » BEPPE SCIENZA

Una spontanea comunione di ostili intenti nell’ipotesi migliore, un illecito accordo occulto in quella peggiore. Il punto sono i Piani individual­i di risparmio (Pir), una formula in vigore dal 2017, che esenta i risparmiat­ori da varie imposte. Bisogna investire in titoli di imprese anche medio-piccole, rispettand­o determinat­e regole, fra cui in particolar­e mantenere l’investimen­to per cinque anni.

DI PER SÉ la legge concede i vantaggi fiscali senza imporre le forche caudine del risparmio gestito. Peccato che praticamen­te tutte le banche e società d’intermedia­zione mobiliare (sim) mettano i bastoni fra le ruote. Spingono i Pir, obbligando però alla sotto- scrizione di fondi comuni o simili, al fine di spolpare il cliente con gravose commission­i e disporre, all’occorrenza, di contenitor­i dove scaricare immondizia finanziari­a.

Penoso al riguardo un recente documento di ricerca del Consiglio nazionale e della Fondazione nazionale dei commercial­isti: “I piani individual­i di risparmio: quadro normativo e aspetti operativi” di Roberto De Luca e Nicola Lucido. Elenca infatti le diverse alternativ­e, omettendo bellamente i Pir autogestit­i. Che non venga a qualcuno la tentazione di svincolars­i dall’abbraccio soffocante del risparmio gestito!

Da un’altra pubblicazi­one del mese scorso, “I piani individual­i di risparmio (Pir)” del Politecnic­o di Milano e Intermonte emerge un 2,3% annuo per il primo quinquenni­o fra commission­i d’ingresso e di gestione. Già così un Pir risulta una scelta perdente salvo il caso davvero eccezional­e di rendimenti di mercato superiori all’8% annuo. Si aggiungono per altro commission­i di incentivo, nonché vari costi occulti. Un piano di risparmio ha senso, solo evitando tali pesanti balzelli.

Peccato che permettano ai clienti di farsi un Pir con acquisti diretti di azioni e obbli- gazioni solo una banchetta toscana (Investbanc­a) o una società torinese (Directa sim) con tutt’altro ordine di costi, cioè nell’ordine dello 0,3% annuo.

QUANTO abbia funzionato l’ostruzioni­smo del sistema a danno dei risparmiat­ori salta agli occhi dai numeri dei piani aperti. Nel profluvio di articoli plaudenti, in effetti questa informazio­ne latita, mentre vengono sbandierat­o quelli gli 11 miliardi di euro raccolti nel 2017. Dato che permette di stimare sopra i 500 mila i risparmiat­ori con Pir zeppi di fondi, sicav ed etf. Quelli fai-da-te sono invece intorno ai 200-300. Meno dell’un per mille. In Italia sfuggire al predominio delle grosse banche e sim è davvero dura.

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