Quelle avventure creative di Olivetti e di Carlo Scarpa
Una storia di eccellenza che ha segnato la cultura italiana
Adriano Olivetti sembra il protagonista di una leggenda che, mentre trascorrono i decenni, si fa più difficile da spiegare. Forse, se tutto ciò che Elena Tinacci racconta nel suo libro ( Mia Memore et devota gratitudine. Carlo Scarpa e Olivetti 1956-1978, Edizioni di Comunità, 2018 ) accadesse oggi, Olivetti sarebbe incriminato per associazione a delinquere, con i migliori architetti del suo tempo, al fine strano e oscuro di creare bellezza, così come i Medici senza Frontiere adesso sono incriminati, in combutta con chi prova ancora solidarietà, per la loro ostinazione a salvare vite.
Infatti, allo stesso modo, la storia italiana non ci spiega perchè il polo magnetico del pensiero, dell’attività culturale e di quella imprenditoriale di Adriano Olivetti sia rimasto (o sia stato tenuto) a distanza da una Italia contemporanea brutta, pomposa, cerimoniosa, ancora intenta a trasportare scorie del passato (che infatti ci presentano di nuovo come pensiero politico).
Il libro di Elena Tinacci (una scrittura deliberatamente forte, un tono netto, una voce alta) è la testimonianza che qualcosa di grande è davvero ac- caduto in questo Paese. E che la storia imprenditoriale e di cultura (prima di tutto di architettura ) di Adriano Olivetti non è un “Camelot” da rivisitare in sogno, non è la leggenda del re buono che vuole dare, attraverso la bellezza, felicità ai sudditi.
È UN PEZZO della nostra storia che, salvo pochi autori, la storiografia italiana continua a dimenticare, archiviando fuori dai grandi eventi parti fondamentali della vita di questo Paese. Per fortuna autori come Tinacci (ma è giusto ricordare che non è sola, da quando sono rinate le Edizioni di Comunità ) impediscono di credere al buon re di un’isola felice che non c’è più e forse non c’è mai stato. E riportano in campo protagonisti come Carlo Scarpa, l’eroe giustamente celebrato di questo libro, l’architetto creatore a cui viene restituito il peso e la portata del suo lavoro nel mondo.
Il lettore distingue subito, fra le tante voci della intensa ed essenziale conversazione che è questo libro, la voce di Bruno Zevi. Basta seguirla, lungo l’intrico di sentieri aperti dall’autrice, con un intenso lavoro di ricerca, per ritrovare il luogo caldo di una splendida discussione.