Salvini dà gli ordini a Mattarella Di Maio lo avverte e riapre al Pd
Leghista: “Vinco le Regionali e in 15 giorni faccio l’esecutivo”
Oggi scade l’ultimatum del capo dello Stato a Matteo Salvini, dopo la sceneggiata berlusconiana di giovedì scorso al Quirinale, durante il secondo giro di consultazioni. Una settimana che doveva chiudersi con l’incarico a Luigi Di Maio in base allo schema Cinquestelle-Lega e che invece ha prolungato lo stallo. Di qui le dure parole di Sergio Mattarella del successivo venerdì, “nessun progresso”. E che comunque registravano un’ulteriore attesa di altri quattro giorni per le decisioni del leader leghista sul nodo di B. nella trattativa con il candidato premier dei grillini.
LA RISPOSTA di Salvini è arrivata ieri dal Molise, dove si vota domenica prossima, il 22 aprile. Più che una risposta, uno schiaffo alla pazienza maieutica del presidente della Repubblica: “È chiaro che se in Molise e in Friuli verrà premiata la forza e la chiarezza delle battaglie della Lega, nell’arco di 15 giorni chi deve capire capisce e ci sarà un governo”.
In una fase di stallo anche il tempo è sostanza e per la prima volta il capo del Carroccio esce allo scoperto sulla sua strategia dilatoria: aspettare la fine del mese quando questo mini-turno delle elezioni regionali si completerà con le urne in Friuli Venezia Giulia, in cui è favorito un fedelissimo salviniano, Massimiliano Fedriga. L’esatto opposto, cioè, delle raccomandazioni del Colle contro i perditempo tatticisti.
Ché un conto è offrire al capo dello Stato “un innesco di trattativa” e poi arrivare in tempi brevi a una soluzione con tanto di incarico. Altro invece continuare a non dare segnali concreti e rinviare tutto alla fine di aprile, a quasi due mesi dalle elezioni politiche d’inizio marzo. Non solo. Nei fatti, la dichiarazione di Salvini brucia la carta del mandato esplorativo alla presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati. Se domani o giovedì Casellati dovesse ricevere il mandato quali speranze avrebbe di tessere con successo una tela dopo l’uscita leghista?
IN PRATICA, nessuna. L’unico vantaggio, chiamiamolo così, del Colle sarebbe quello di “certificare l’impotenza” dei due schemi che si sono rincorsi la scorsa settimana: Cinquestelle- Lega oppure Cinquestelle-centrodestra. Di ritorno da Forlì – dove ha ricordato i trent’anni dalla morte di Roberto Ruffilli, ammazzato dalle Brigate Rosse – Mattarella ieri sera al Quirinale si è riunito con i suoi consiglieri per mettere a punto i passi da com- piere tra oggi e domani. Sul tavolo c’è sempre l’opzione anti-stallo per non assecondare, appunto, i giochini di Salvini sulle elezioni regionali. Ovvero aprire una nuova fase che accantoni la trattativa tormentata tra Di Maio e Salvini (e i due, domenica scorsa, hanno accuratamente evitato di incrociarsi al Vinitaly di Verona).
È la strada questa del governo di transizione che dovrebbe muoversi su uno schema con un nome “terzo”, che comprenderebbe pure un nuovo velocissimo giro di consultazioni.
Alle nove di ieri sera queste le ipotesi sulla scrivania del presidente dopo aver preso atto che per tutta la giornata non sono giunti “input dai partiti”. Tocca quindi solo a lui “pensarci” e comunicare la sua decisione tra domani e giovedì, dopo che a Forlì un passaggio del suo discorso per l’amico democristiano Ruffilli è stato un chiaro messaggio alle forze politiche, nessuna esclusa. Questa la lezione del senatore ucciso dalle Br e valida ancora oggi: “Adeguare il nostro modo di stare insieme ai mutamenti che si realizzano nel corso del tempo. Ricercare punti di convergenza e di alleanze, senza restare arroccati. Seguire la lezione sul senso di comunità che lega tutti i cittadini della nostra Repubblica”.
Frasi che sono lontane anni luce dalla propaganda elettorale di Salvini ieri in Molise, in cui a prevalere sono gli interessi di parte nella contesa infinita tra lui e il Condannato.
Guadagnare altro tempo con un mandato alla Casellati oppure aprire una fase nuova