Google ci spia anche le emozioni
Mirati sui sentimenti grazie alle “Gif ”
Èil bello degli scoop: puntano i riflettori su un caso e spingono a indagare su altri. Così, dopo il datagate di Facebook, l’attenzione sulla questione privacy fa affiorare nuovi problemi e dà loro risonanza. Nei giorni scorsi un gruppo di ricercatori ha rilevato possibili violazioni del regolamento sulla privacy dei bambini delle app disponibili sul sistema Android, un altro si è accorto che nella informativa delle mail Aol e Yahoo! si avvisavano gli utenti dell’eventuale monitoraggio del contenuto della loro posta mentre l’ultima acquisizione di Google fa sospettare che le brevi animazioni (Gif) dell’azienda Tenor possano tracciare i sentimenti. Potenziali nuove Cambridge Analytica? Ai regolatori la sentenza, a noi intanto l’analisi.
Nei giorni scorsi è stato diffuso ( e pubblicato da siti specializzati come Gizmodo ed Engadget) uno studio elaborato da un team di ricercatori universitari e scienziati informatici di importanti atenei, da Berkeley alla British Columbia, che ha analizzato i comportamenti delle applicazioni digitali per i bambini messe a disposizione dei dispositivi Android. Un’analisi sistematica e automatizzata: “Su 5.855 applicazioni testate – scrivono i ricercatori – abbiamo rilevato che 256 ( 4,4%) raccolgono dati di geolocalizzazione o sufficienti per dedurre la posizione, 107 condividono l’indirizzo email del proprietario del dispositivo e 10 il numero di telefono”. I dati di geolocalizzazione, secondo il paper (“Qualcuno penserà ai bambini?”) non solo rivelano dove vivono le persone “ma potrebbe anche consentire deduzioni sulla loro classe socioeconomica, le abitudini quotidiane e le condizioni di salute”. Circa 280 delle applicazioni analizzate avrebbero poi raccolto i dati di contatto o di posizione senza chiedere il permesso di un genitore. E sarebbero almeno 1.100 le informazioni sensibili condivise con terze parti, seppure per scopi limitati, mentre 2.281 sembrerebbero violare i termini di servizio di Google che proibiscono alle app di ricorrere all’“Id pubblicità Android”, l’identificatore che in pratica traccia le preferenze dell’utente.
QUESTE segnalazioni arrivano a pochi giorni dal reclamo di alcuni avvocati statunitensi contro Youtube, accusato di tracciare i gusti dei minori. “In questo documento – scrivono i ricercatori – non intendiamo mostrare un giudizio definitivo sulle responsabilità: richiamiamo l’attenzione su potenziali violazioni della legge federale, che limita l’uso dei dati nel caso di minori di 13 anni”. La ricerca si basa sulla loro interpretazione della legge e non esclude che alcuni casi che possano rientrare in specifiche esenzioni. “Stabilire la responsabilità legale – dicono – richiede analisi caso per caso”. Engadget, intanto, ha chiesto a Google di rispondere allo studio, per ora senza esito.
È invece Jason Kint del centro di ricerca Digital Content Next a portare alla luce il caso legato alla posta elettronica di America Online (Aol) e Yahoo!, che hanno introdotto una recente modifica alla privacy. A imporla è stata Oath, la società che controlla entrambi i servizi, e prevede la scansione delle email e delle informazioni utilizzate per vendere meglio la pubblicità mirata. Oath è una sussidiaria di Verizon, la maggiore società di telecomunicazioni americana, e ha confermato il cambiamento al sito Cnet . “Il lancio di una politica sulla privacy e dei termini di servizio Unified Oath è un passo fondamentale verso la creazione di ciò che è vicino ai nostri consumatori, consentendo loro trasparenza e controlli”. Oath, si legge nell’informativa, “analizza e archivia tutti i contenuti delle comunicazioni, incluso il contenuto email dalla posta in arrivo e in uscita”. Secondo la società, questo processo aiuta a “personalizzare e sviluppare funzionalità, contenuti, pubblicità e servizi”. Certo, l’utente può disattivare la pubblicità basata sugli interessi ma sarebbe un duro colpo per Verizon che ha acquisito una morente Yahoo! per oltre 4,5 miliardi di dollari proprio per la sua platea di utenti e il mercato pubblicitario.
Un’altra importante acquisizione è di qualche set- timana fa: Google ha acquisito Tenor, la piattaforma per la ricerca e la condivisione delle Gif animate (le brevissime clip video che si inviano tramite Whatsapp e Facebook Messenger) per fare in modo che appaiano anche nella ricerca su Google Immagini. Tenor continuerà a operare come marchio indipendente, ma sotto il controllo di Google. Fino a qualche mese fa, infatti, il Ceo dell’azienda David McIntosh parlando del suo business faceva riferimento al cosiddetto “Emotional Graph”, un grafo in grado di tracciare in modo capillare le emozioni degli utenti in base alle loro ricerche. Che nel caso delle Gif sono specifiche e incentrate sui loro stati d’animo. Un business enorme: secondo gli ultimi dati della società di ricerca di mercato Magid Advisors, circa il 70% degli americani tra gli 8 e i 64 anni sanno come inviare una Gif e quasi la metà ne invia almeno una a settimana. Una platea di almeno 200 milioni di utenti solo negli Usa.
LE AZIENDE potrebbero pagare milioni per fare in modo che il proprio marchio compaia come risultato. O per i dati. Se si ricerca una Gif con la parola “tristezza”, comparirà ad esempio anche una donna triste che mangia un
gelato. Ad ammetterlo a
Forb es, Jason Krebs, oggi chief Business officer di Tenor, a settembre: “Siamo in grado di offrire agli inserzionisti informazioni dettagliate sulle emozioni umane che non hanno precedenti nel marketing. Nessuno spot tv può competere con un’emozione”.
GLI ESPERTI INFORMATICI
Su 5.855 casi,
256 raccolgono dati di geolocalizzazione, 107 l’indirizzo email del proprietario del dispositivo e 10 il numero di telefono
JASON KREBS (TENOR) Siamo in grado di offrire agli inserzionisti informazioni dettagliate sulle emozioni umane che non hanno precedenti nel marketing