Delrio, ultimo siluro del governo alla Raggi “L’Atac va bloccata”
Lettera del ministero
Banche e assicurazioni, per ora, non concedono più garanzie ad Atac così l’azienda del trasporto pubblico romano rischia la revoca dell’autorizzazione all’esercizio della professione. Il ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture ha scritto al Campidoglio per notificare che la sua società partecipata deve mettersi in regola entro 60 giorni con i requisiti finanziari per mantenere l’iscrizione nel registro delle imprese. In caso contrario, la Motorizzazione civile sarebbe costretta a portare a compimento l’iter per la revoca dell’esercizio e ritirerebbe l’autorizzazione per l’immatricolazione dei bus. Ovvero: i mezzi pubblici della Capitale non potrebbero più circolare, con ripercussioni negative incalcolabili sulla mobilità cittadina. Una catastrofe.
INSOMMA, una nuova tegola, stavolta di natura finanziaria, nel difficile percorso di risanamento dell’Atac. A settembre scorso l’azienda – gravata da un debito da 1,3 miliardi di euro accumulato in decenni di gestione opaca – ha avviato la procedura di concordato preventivo in continuità. Il prossimo 30 maggio si terrà l’udienza presso il Tribunale fallimentare sul piano preparato da ll’azienda per spalmare nel tempo i suoi debiti.
Le tappe della vicenda. A settembre 2017, con la chiusura del bilancio 2016, Atac ha certificato una perdita di 212 milioni di euro e il ministero dei Trasporti ha notificato all’azienda il venir meno di uno dei requisiti di idoneità fi- nanziaria previsti dai regolamenti comunitari. È stata concessa allora alla municipalizzata una proroga di sei mesi, scaduta il 31 marzo, per dimostrare di essere in possesso della solidità finanziaria per andare avanti. Ma il 26 marzo Atac ha notificato allo stesso ministero che “i tentativi esperiti sul mercato” di individuare “un istituto bancario o una compagnia assicuratrice che possa garantire la sussistenza del requisito di idoneità finanziaria sono purtroppo risultati infruttuosi”.
Traduzione: impauriti dal rischio che il concordato in corso non ottenga il via libera dal Tribunale, gli istituti di credito non stanno più concedendo finanziamenti alla municipalizzata. Eppure la fideiussione di cui l’azienda necessità si aggirerebbe attorno ai 12 milioni di euro, una cifra tutto sommato modesta se con- frontata con l’entità del piano di rientro che l’azienda ha portato in tribunale.
Confidando in una via libera entro fine anno, il piano di Atac prevede di pagare 150 milioni di euro di crediti privilegiati nel 2019 – assieme a 12 milioni di spese – ed entro il 2021 il 31% dei cre- diti chirografari, pari a 193 milioni. Finora la Procura nel suo parere ha parlato di assenza di “sufficienti garanzie sulla fattibilità” del piano e individuato criticità negli strumenti scelti dall’azienda per monetizzare come la vendita di 19 tra ex depositi e immobili per un valore stimato in 91,9 milioni sulla base di una perizia definita “inidonea” e di un iter amministrativo “nemmeno iniziato”. Dopo questi rilievi l’azienda si è impegnata a fornire al Tribunale dei correttivi al piano.
NELLA SERATA di ieri, uscita ormai la notizia della lettera, il ministero guidato dal dimissionario Graziano Delrio ha usato parole distensive: “È immotivato ogni allarme di interruzione di servizio, si tratta di una comunicazione nell’ambito delle normali interlocuzioni tra le due amministrazioni”. La Giunta di Virginia Raggi si è detta, dal canto suo, “tranquilla” sostenendo che sarebbero già state individuate diverse soluzioni alternative per fornire ad Atac le garanzie finanziarie richieste. Secondo Atac, infine, la Motorizzazione civile “ha soltanto riconosciuto” all’azienda “un termine di 60 giorni entro cui presentare memorie o documenti per riscontrare la propria idoneità finanziaria all’esercizio del trasporto pubblico, un adempimento previsto dalla legge al quale l’azienda sta ottemperando”. Il prossimo mese e mezzo sarà decisivo per Atac, tra la ricerca di garanzie bancarie e l’udienza in Tribunale per la prosecuzione del concordato.
Mille ostacoli L’azienda ha 60 giorni per mettersi in regola: il 30 maggio c’è pure l’udienza sul concordato