Amianto all’Olivetti, assolti pure Passera e i De Benedetti
Nessun colpevole fra i 13 imputati per la Corte d’appello che ribalta il primo grado. La Fiom: “Colpo di spugna”
“Sapevo di essere innocente”. Appoggiato al suo bastone da passeggio l’ingegnere Filippo Demonte Barbera, 82 anni, non si scompone. Ha appena sentito il giudice Flavia Nasi, presidente della terza sezione penale della Corte d’appello di Torino, leggere la sentenza d’assoluzione per lui e altri dodici manager e dirigenti dell’Olivetti, tra cui figurano imputati eccellenti come l’ex presidente e ad Carlo De Benedetti, suo fratello Franco Debenedetti e l’ex ministro Corrado Passera, co-amministratore delegato per due anni. Tutti assolti con formula piena: “Il fatto non sussiste”. Erano accusati a vario titolo di 13 omicidi colposi, avvenuti dal 2004 in poi, e due casi di lesioni colpose provocati dall’amianto presente negli stabilimenti di Ivrea e dintorni e usato per produrre macchine da scrivere almeno fino al 1986.
IL 18 LUGLIO 2016 il Tribunale di Ivrea li aveva ritenuti responsabili. L’ingegnere De Benedetti e il fratello si erano beccati cinque anni e due mesi di carcere per le lesioni e la morte di sette persone, mentre l’ex ministro Passera aveva avuto una pena di un anno e undici mesi per morte di un operaio nel 2009 e per il mesotelioma pleurico diagnosticato nel 2011 a un’ex impiegata. “Io ero stato condannato a un anno e otto mesi”, spiega Demonte Barbera, all’Olivetti dal 1962 fino al 1994 e ai vertici dello stabilimento Ope tra il 1985 e il 1987, ragione per cui è stato ritenuto responsabile insieme ad altri della morte d el l ’ operaio Emilio Ganio Mego, avvenuta il 2 giugno 2012. “Ero sicuro di essere innocente – prosegue – Sono sempre stato attento a tutti i problemi di salute dei dipendenti e all’ecologia”.
La Procura generale, rappresentata in aula dal sostituto pg Carlo Maria Pellicano e dai sostituti procuratori Laura Longo e Francesca Traverso, aveva chiesto la conferma delle condanne con alcune variazioni: due morti erano ormai prescritte, mentre un malato è deceduto nel corso del processo. I difensori hanno fatto leva su alcune sentenze recenti della Cassazione: “Questi processi si basano su leggi ‘ scienti fiche’ – spiega l’avvocato Alberto Mittone, legale di Franco Debenedetti – Nel corso del tempo l’elaborazione di questi principi scientifici muta e di conseguenza quello che qualche anno fa poteva essere sostenuto come un principio per condannare oggi non lo è più”. Uno di questi principi è l’“effetto acceleratore”, secondo il quale l’esposizione all’amianto accelera il decorso dei tumori e anticipare la morte: “La Cassazione dice che questo è un principio ancora incerto e non può essere posto a base di una sentenza di condanna”, spiega Mittone. La spiegazione precisa arriverà con le motivazioni della sentenza entro 90 giorni.
E L’AVVOCATO Tommaso Pisapia, difensore di Carlo De Benedetti, afferma che “la corte è stata molto coraggiosa nel distruggere questa sentenza ingiusta e finalmente ha reso giustizia a tutte queste p er s on e ”. Restano invece senza giustizia i familiari dei malati e dei defunti: “Questa vicenda è una ferita aperta per la città e per il territorio”, dice il sindaco di Ivrea Carlo Della Pepa. Federico Bellono, segretario generale della Fiom di Torino, definisce il verdetto “un colpo di spugna”: “Decine di lavoratori sono morti per l’esposizione all’amianto in Olivetti e non hanno avuto giustizia. Le famiglie delle vittime non meritano una tale scandalosa impuni tà”. Alla Procura di Ivrea, intanto, c’è un’inchiesta per la morte di undici persone decedute dopo l’inizio del primo processo.
La rabbia di Ivrea
Il sindaco Della Pepa: “Questa vicenda rimane una ferita aperta per la città”