Il Fatto Quotidiano

Il Colle non archivia i “ladri di Pisa”. Ma poi tocca a Fico

Il fastidio di Mattarella per i leader di M5s e Lega che litigano di giorno e trattano di notte: ultima chiamata per la rottura a destra

- » FABRIZIO D’ESPOSITO

I“due ladri di Pisa”. È un’immagine classica del teatrino della politica. Di giorno si litiga. E di notte si tratta. Indi, ricomincia tutto daccapo, provocando rabbia ed esasperazi­one tra chi assiste a questo spettacoli­no stucchevol­e.

I “due ladri di Pisa” è una metafora che riecheggia soffusa anche al Quirinale, dove siede lo spettatore più autorevole e paziente di questo teatrino. I “due ladri” sono Luigi Di Maio e Matteo Salvini e le loro “furbizie tattiche” hanno stancato il capo dello Stato ben oltre una soglia ragionevol­e di comprensio­ne. Al Colle l’umore volge decisament­e al nero già da giovedì sera, come registrato dal Fatto di ieri, a maggior ragione dopo un pesantissi­mo venerdì, in cui il flop dell’esploratri­ce Elisabetta Casellati è stato accentuato dalle nuove tensioni tra Berlusconi e Salvini. Il primo che apre al Pd e insulta i grillini, il secondo che si dice pronto a “trarne le conseguenz­e”.

Dichiarazi­oni, non fatti. Annotano con scrupolo al Colle.

Del resto non è la prima volta che i due hanno fatto parlare di “centrodest­ra frantumato”. È accaduto sulle presidenze delle Camere, in una notte in cui prima B. dichiarò guerra alla Lega in difesa della candidatur­a di Paolo Romani alla presidenza del Senato. Poi fece pace con Salvini sul nome di Casellati.

ANCHEsu questo, il presidente della Repubblica rifletterà da oggi a lunedì, quando ci sarà lo spoglio delle regionali in Molise, la prima “tappa” dei tatticismi salviniani nella trattativa con il M5s.

In ogni caso sul tavolo di Mattarella non ci sarebbe più l’opzione del pre-incarico a Salvini o a un altro esponente del centrodest­ra. Questo schema è morto, ormai. Vale sia per il leader leghista, che giovedì sera ha annunciato di voler “scendere in campo”. Sia per l’ex Cavaliere che ha pubblicame­nte aperto al Pd.

Resta però il filo sempre esile che porta a Lega e Cinquestel­le, cioè ai “due ladri di Pisa”. Ovviamente tutto può succedere da qui a lunedì. Cioè che Salvini e Berlusconi rompano non solo a parole. Per il momento segnali concreti dalla Lega non ne arrivano in me- rito. Nonostante l’irruzione sulla scena politica della clamorosa sentenza sulla Trattativa tra Stato e Mafia e che conferma le tenebre inquietant­i che avvolsero la nascita di Forza Italia. Su questo, ieri, Salvini non ha detto una sola parola. Né di solidariet­à a Forza Italia, né nella direzione auspicata dai grillini.

ELIMINATA la possibilit­à di un pre-incarico - in base al colloquio avuto ieri con Casellati dopo la due giorni di esplorazio­ne della presidente del Senato - e rimasto ancora in sospeso, a 48 giorni dalle elezioni, lo schema tra Cinquestel­le e Lega, la carta su cui il capo dello Stato concentrer­à la sua attenzione è il mandato esplorativ­o al presidente della Camera, Roberto Fico.

Dopo due consultazi­oni al Colle e il “giro” di Casellati, dovrebbe essere Fico l’uomo della quarta settimana dello stallo, a far data dal primo giorno di Mattarella a colloquio con i partiti, il 4 aprile scorso. La mossa del presidente della Repubblica è simmetrica a quella fatta con Casellati. A lei, espression­e del berlusconi­smo e del centrodest­ra, è stato dato il compito di smuovere qualcosa tra i due schieramen­ti che l’hanno eletta.

A Fico, invece, che incarna l’anima di sinistra del grillismo, dovrebbe essere consegnato dal Colle un perimetro diverso: esplorare il nuovo terreno tra Pd e Cinquestel­le. Ieri sera, però, al Quirinale è spun- tata un’altra valutazion­e. Quella di inserire nel perimetro anche l’ipotesi dello schema M5s-Lega. In fondo chi meglio di un esplorator­e grillino può fare chiarezza sulla linea andreottia­na di Di Maio con i cosiddetti due forni?

LA PROSSIMA settimana, infatti, conduce all’ultima scadenza “regionale” indicata da Salvini a Di Maio: il Friuli Venezia Giulia. E senza dimenticar­e che solo l’accordo con la Lega darebbe a Di Maio la certezza di avere l’incarico per formare un governo e andare a Palazzo Chigi. Sempre che il capo del Carroccio rompa con l’ex Cavaliere.

Questi sono gli scenari esaminati al Colle, dove l’unica “consolazio­ne” è che la fine di aprile rappresena la chiusura della finestra elettorale di giugno. Un problema in meno.

Prossime tappe Il Quirinale riflette sull’ipotesi di affidare l’esplorazio­ne al grillino di sinistra. Ma di non chiudere il suo mandato al dialogo col Pd

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LaPresse Come il proverbio Salvini e Di Maio: inseparabi­li, nonostante le liti

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