Il primo stipendio di 14 mila euro: chi vorrà rivotare?
Senatori Sui conti degli eletti accreditata la prima indennità: “Sì, fa un certo effetto”
“Be’, sì, fa un certo effetto…”. Un senatore neo letto sbircia sulla mail la prima busta paga da parlamentare appena ricevuta e non nasconde lo stupore. Non che non sapesse a quanto ammonti lo stipendio da membro di Palazzo Madama, ma un conto sono le chiacchiere e un altro è vedersi accreditare la cifra sul conto corrente. Parliamo di più di 13 mila euro, paga superiore a quella normale perché va conteggiata anche una settimana di marzo. Così suddivise: 5.767 euro di indennità ( maggiorata, altrimenti è 5.000), 3.500 di diaria, 2090 come rimborso per le spese di mandato e 1650 come rimborso forfettario delle spese di mandato.
INSOMMA, una bella cifra, specialmente per chi, con le precedenti attività, non si avvicinava lontanamente a numeri simili. A fine mese arri- verà lo stipendio anche ai deputati, così suddiviso: circa 6.000 euro di indennità (anche questa maggiorata), 3.500 euro di diaria, 3.690 euro per il rimborso dei collaboratori, più altre conteggi trimestrali e annuali per i trasferimenti dall’aeroporto e le spese telefoniche. Totale: circa 14 mila euro. Denari che rendono difficile pensare a un ritorno al voto. “A parole sono tutti disponibili a tornare alle urne, poi, quando si riceve il primo stipendio, le cose cambiano…” , sussurrava qualche giorno fa nel bel mezzo del Transatlantico di Montecitorio Luca D’Alessandro, ex forzista poi transitato in Ala di Denis Verdini e quindi non rieletto.
Insomma, sono proprio i neo eletti che potrebbero trasformarsi nella fascia di garanzia per non tornare al voto. Quel cuscinetto che si frappo- ne tra la XVIII legislatura e le urne. “Dopo il primo stipendio si fanno anche accordi Kamasutra…”, diceva qualche giorno fa la giornalista Luisella Costamagna in tv. Ed è proprio sull’opposizione alle urne dei neo eletti che fanno affidamento i leader politici. In primis, Silvio Berlusconi. Il quale non ha mai negato che il suo schema preferito – un accordo tra centrodestra e Pd – si può reggere in Parlamento sulla ricerca di voti nel gruppo misto e tra coloro che non vogliono tornare al voto. E i contatti con i nuovi, possibili, responsabili sarebbero già avviati.
“Quando vedono il primo stipendio, s’iniziano a intravedere alleanze e coalizioni di governo dove prima non cresceva nemmeno l’erba…”, scherzano, ma non troppo, i cronisti sui divanetti di Montecitorio in queste convulse giornate di consultazioni.
Ecco, ora la prima busta pa- ga è arrivata, anche maggiorata. A fronte oltretutto di un lavoro pressoché nullo. L’aula di Montecitorio, infatti, dal 4 marzo in poi si è riunita 7 volte, prevalentemente per distribuire cariche, a partire dall’elezione dei due presidenti Fico e Casellati. Non sono state istituite nemmeno le commissioni permanenti, che necessitano di sapere chi sta in maggioranza e chi all’opposizione, ma solo le commissioni speciali.
E ORA, complice il lungo ponte dal 25 aprile al primo maggio, la Camera si prende due settimane di vacanza: si riprenderà il 7 maggio. Il Senato non è da meno: qui si è lavorato 12 ore e 56 minuti. E anche qui si farà il ponte. Due mesi di lavoro in sordina, per usare un eufemismo, che ci costeranno oltre 26 milioni solo per le retribuzioni degli eletti.