Il Fatto Quotidiano

I pm: “Ostacoli contro di noi Ci accusavano di eversione”

I magistrati bersagliat­i La rivincita sui tentativi di delegittim­azione, gli atti spariti e le minacce. Di Matteo sottolinea il ruolo di B. e Ghedini annuncia querela

- » GIUSEPPE LO BIANCO E SANDRA RIZZA

L’incursione a casa del pm Roberto Tartaglia, la sparizione di una pen drive con gli atti di una nuova indagine segreta sulla trattativa, gli anonimi recapitati al palazzo di Giustizia con le minacce di morte al pm Nino Di Matteo, gli intralci alla sua carriera con le ripetute bocciature del Csm alle sue richieste di trasferime­nto in Dna. E poi gli attacchi mediatici, violenti, ripetuti sulla tenuta giuridica del capo d’imputazion­e, il famigerato articolo 338 che punisce la violenza o minaccia a corpo politico dello Stato: una contestazi­one inconsiste­nte secondo il giurista di area Pd Giovanni Fiandaca, autore di un pampleth che il Foglio, parafrasan­do Fantozzi, pubblicò con il titolo beffardo: “Il processo sulla trattativa è una boiata pazzesca’’. E infine le manovre del Quirinale di Giorgio Napolitano, sollecitat­o dalle lamentele di Mancino, per “scippare” l’inchiesta al pool di Palermo, culminate nel conflitto di attribuzio­ne sollevato davanti alla Consulta che ha segnato lo scontro più alto tra le istituzion­i nella storia repubblica­na. Un’escalation che ha indotto Di Matteo a conclusion­e della requisitor­ia, a denunciare “una scia infinita di veleni e polemiche’’. Ieri l’ha ripetuto: “Il processo ha subito in questi anni dei gravi ostacoli. Ci sono stati dei momenti – ha detto Di Matteo – in cui siamo stati accusati di essere politicizz­ati e, addirittur­a, di seguire finalità eversive. Nessuno ci ha difeso, la Corte d’assise evidenteme­nte pensa che non sia così”.

DIECI ANNI di indagini e processo vissuti pericolosa­mente in un clima oscillante tra la polemica continua e il silenzio indifferen­te dei media nazionali, in quella che il sostituto Vittorio Teresi definì una “guerra psicologic­a’’ che mai però ha fiaccato l’impegno dei pm, a partire da Antonio Ingroia, oggi avvocato e considerat­o “il padre’’ del processo, che ieri è stato citato da Di Matteo davanti alle telecamere subito dopo la lettura della sentenza. “Sono orgoglioso di aver avviato per primo questa indagine – ha detto ieri il leader di Azione Civile –, avevamo un debito enorme di verità e di giustizia nei confronti dei tanti che per colpa di quella trattativa hanno perso la vita e quella dei loro cari. Mi sento di ringraziar­e i pm del dibattimen­to, a cominciare da Di Matteo, che nonostante le enormi difficoltà, la continua opera di delegittim­azione e l’indecente ostruzioni­smo di buona parte della politica e delle istituzion­i fino ai più alti livelli, hanno saputo raccoglier­e i frutti dell’in d ag in e condotta insieme’’.

Anni di tensione sciolti in un abbraccio dei quattro pm alla fine degli otto minuti di lettura del verdetto, i più lunghi dell’intero processo: “Questo processo e questa sentenza sono dedicati a Paolo Borsellino, a Giovanni Falcone e a tutte le vittime innocenti della mafia”, ha detto Teresi. “Va analizzato attentamen­te il dispositiv­o che in linea di massima ha confermato la tesi principale d e l l’accusa sull’i g n ob i l e scambio, chiamato sempliceme­nte ‘trattativa’, ma che nascondeva il ricatto fatto dalla mafia allo Stato e a cui si sono piegati alcuni elementi delle istituzion­i – ha aggiunto –. È un processo che bisognava fare a tutti i costi”. Come dice, con altre parole, il più giovane del pool, Roberto Tartaglia, prima di lasciare l’aula bunker: “Il dispositiv­o parla da solo, è molto chiaro e dimostra una cosa importanti­ssima, cioè che questo processo doveva essere asso- lutamente fatto e che abbiamo lavorato bene, con serietà al di là di ogni polemica o critica”.

“NELLA NOSTRA impostazio­ne accusatori­a – ha detto Di Matteo – l’ipotesi è che Dell’Utri sia stato la cinghia di trasmissio­ne tra Cosa nostra e l’allora da poco insediato governo Berlusconi. La Corte ha ritenuto provata questa cosa. La Corte intanto ritiene provato il fatto che anche dopo il 1991 non si ferma il rapporto a Berlusconi imprendito­re ma anche al Berlusconi politico”. E l’ultima polemica è arrivata, puntuale, anche ieri con l’annuncio di una querela dell’avvocato Niccolò Ghedini per le parole di Di Matteo. Concetti che il pm, applicato dalla Dna insieme al collega Francesco Del Bene, ribadisce in serata: “Ora abbiamo la certezza che la trattativa ci fu, la Corte ha avuto la consapevol­ezza che, mentre in Italia esplodevan­o le bombe nel ’92 e nel ’93, qualche esponente dello Stato trattava con Cosa nostra e trasmettev­a la minaccia di Cosa nostra ai governi in carica. E questo è un accertamen­to importanti­ssimo, che credo renda un grosso contributo di chiarezza del contesto in cui sono avvenute le stragi. Contesto criminale e purtroppo istituzion­ale e politico. ”.

Il ricordo

Teresi: “Processo e sentenza dedicati a Falcone, Borsellino e a tutte le vittime”

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LaPresse Nell’aula bunker I pm Nino Di Matteo e Roberto Tartaglia dopo la lettura del verdetto
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Gentile concession­e Indigo Film Arrivano “Loro” Apicella (Giovanni Esposito), Berlusconi (Toni Servillo) e Paolo Sorrentino sul set. Il film uscirà il 24 aprile
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