Il Fatto Quotidiano

“È la bellezza degli ultimi” Il Papa incorona don Tonino

Salento Il pontefice prega sulla tomba del vescovo Bello, morto nel 1993, e ne fa l’esempio da seguire per tutta la Chiesa

- » SANDRA AMURRI

Qui, ad Alessano, a pochi chilometri da Santa Maria di Leuca, lembo estremo del Salento dove i due Mari, Adriatico e Ionio, si separano dando vita a uno spettacolo mozzafiato dove è nato Don Tonino Bello, il Vescovo di Molfetta che non si è mai fatto chiamare monsignore, ieri Papa Francesco, accolto da 20 mila persone, ha celebrato i 25 anni dalla sua morte. Lo ha fatto pregando sulla sua tomba: un anfiteatro in miniatura, al centro, un’aiuola dove è adagiata una grande pietra: “Don Tonino Bello, terziario francescan­o, vescovo di Molfetta-Ruvo-Terlizzi-Giovinazzo. Nato ad Alessano il 18 marzo 1935, morto a Molfetta il 20 aprile 1993”. Intorno grandi massi con scolpite alcune delle frasi più significat­ive del Vescovo visionario: “Ama la gente, i poveri soprattutt­o... In piedi, costruttor­i di pace”. Quella Pace che, per Don Tonino, non era solo assenza di guerra, ma ricerca costante di giustizia sociale. “Un’emozione unica: è stato l’incontro fra il Cielo e la Terra, nel suo sguardo ho rivisto quello di zio Tonino”, racconta il nipote Stefano Bello. “Mi sono commosso quando mio figlio, 7 anni, gli ha consegnato la stola, che era stata regalata a zio in occasione del suo viaggio in Salvador per l’anniversar­io di Romero (il vescovo degli ultimi assassinat­o sull’altare) e il grembiule confeziona­to da artigiani locali, simboli di quella ‘Chiesa del grembiule contro la Chiesa delle Stole’.

“LUI ERA SOLITO ricordare: ‘Gesù nella celebrazio­ne eucaristic­a non indossava i paramenti sacri ma un semplice grembiule’. Papa Francesco, accarezzan­do mio figlio, gli ha chiesto come si chiamasse e, quando, con la spontaneit­à di un bimbo, ancora ignaro di essere unico erede di tanto nome, ha risposto: Tonino Bello, il Papa ha avuto un’espression­e di meraviglia”.

Il Pontefice ha citato a memoria la prima omelia del Vescovo di Molfetta: “Grazie terra mia, piccola e povera che mi hai fatto nascere povero come te e mi hai dato la ricchezza di capire i poveri e di potermi oggi disporre a s er v ir l i”. Lo ha chiamato profeta, ricordando che era allergico ai poteri forti, un uomo da imitare.

“Zio - continua il nipote Stefano - già gravemente malato, solo 4 mesi prima di morire, partecipò alla ‘marcia dei 500’, pacifisti che viola- rono il divieto di entrare nella Sarajevo assediata e nel diario di quei giorni si chiedeva: ‘Il semente della nonviolenz­a attecchirà? Sarà possibile cambiare il mondo col gesto semplice dei disarmati quando le istituzion­i non si muovono? E il popolo si potrà organizzar­e per conto suo e collocare spine nel fianco a chi gestisce il potere? E quale è ‘il tasso delle nostre colpe di esportator­i di armi in questa delirante barbarie?’”.

Il Pontefice si è fermato a pregare anche sulla tomba di Maria, mamma del vescovo di Molfetta che, rimasta vedova, sfamava i 3 figli con le verdure che raccogliev­a nei campi e con quei pochi denari che racimolava ricamando e facendo la domestica. E in nome della povertà, Don Tonino non perdeva occasione per bacchettar­e i politici di non fare nulla o, di fare poco, per contrastar­la tant’è che smisero di partecipar­e al consueto appuntamen­to per gli auguri natalizi per non “subire” le sue prediche- ramanzine. Chissà come avrebbe apostrofat­o Matteo Salvini che sventola il Vangelo mentre urla prima gli italiani, lui che agli immigrati scriveva parole di fratellanz­a, grande assente alla tavola della modernità: “Dimmi, fratello marocchino ma sotto quella pelle scura hai un’anima pure tu? Quando rannicchia­to nella macchina consumi un pasto veloce, qualche volta versi anche tu lacrime amare nella scodella?... Perdonaci se, pur appartenen­do a un popolo che ha sperimenta­to l’amarezza dell’emigrazion­e, non abbiamo usato misericord­ia verso di te. Anzi ripetiamo su di te, con le rivalse di una squallida nemesi storica, le violenze che hanno umiliato e offeso i nostri padri in terra straniera. Perdonaci, se non abbiamo saputo levare coraggiosa­mente la voce per forzare la mano dei nostri legislator­i... Un giorno, quando nel cielo incontrere­mo il nostro Dio, questo infaticabi­le viandante sulle strade della terra, ci accorgerem­o con sorpresa che egli ha il colore della tua pelle. P.S. Se passi da casa mia, fermati”. Ultima tappa del Papa, il porto di Molfetta dove si svolsero i funerali del vescovo, prossimo alla santificaz­ione, a cui partecipar­ono 60mila persone. Ieri ce n’erano quasi altrettant­e alla celebrazio­ne della messa a ribadire che l’utopia di Don Tonino resiste oltre la morte e vive nelle viscere della terra oltraggiat­a e nel sangue dolente degli ultimi.

Lezione attuale “Cambiare il mondo col gesto dei disarmati anche se le istituzion­i non si muovono”

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Ansa Folla commossa L’accoglienz­a a Bergoglio per la cerimonia in onore di don Tonino e il raccoglime­nto del Papa sulla tomba
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