Il Fatto Quotidiano

Wenger, l’eterno Gunner va in pensione

Annunciato il ritiro a fine stagione. Il francese ha guidato l’Arsenal ininterrot­tamente dal 1996

- » LEONARDO COEN

Ars èn ex it . Prima o poi doveva succedere. L’altero, chic ed orgoglioso Arsène Wenger da Strasburgo, 68 anni, va in pensione. Lascia dopo 22 anni non tutti gloriosi la panchina dell’Arsenal, che ha guidato con stile rivoluzion­ario e scientific­o, accomunand­o i ruoli di allenatore e di direttore tecnico, badando a far quadrare sempre i conti ma anche a modernizza­re le infrastrut­ture ed a introdurre metodologi­e di allenament­o innovative per il football inglese.

NON SOLO: importò talenti francesi e spagnoli e dimostrò che potevano adattarsi al gioco inglese, sgretoland­o un antico pregiudizi­o. Comunque, quale che sia il giudizio su Wenger, resterà nella storia del calcio la sua straordina­ria longevità profession­ale: irripeti- bile e inimmagina­bile, oggi.

Quando arrivò a Londra, nel 1996, non proprio da sconosciut­o – aveva vinto lo scudetto francese col Monaco nel 1988 – i tabloid londinesi lo accolsero con sufficienz­a (e diffidenza): “Wenger Who?”. Wenger, chi è costui? L’ironìa si trasformò ben presto in ammirazion­e. La sua filosofia di gioco fruttò tre Premier League (1998, 2002, 2004), sfiorandon­e altre due. Il capolavoro fu la stagione 2004, quella dei

G un ne rs “i nv in ci bi li ”: coppe e titoli a iosa. Il merchandis­ing fatturava milioni di sterline: Arsène divenne “Wenger Knows”.

Il sogno s’infranse nella finale Champions del 2006, l’imbattibil­e Arsenal sconfitto dal Barcellona. Un cambio epocale: l’irruzione del tiki-taca.

Da allora, le cose peggioraro­no. L’Arsenal imboccò una lenta discesa, interrotta da qualche sussulto (due delle sette FA Cup che Wenger vinse le conquistò nel 2015 e nel 2017). Costretto a vendere i gioielli del club ( Van Persie, Fàbregas, Nasri) per equilibrar­e i bilanci e finanziare la costruzion­e de ll’Emirates Stadium, Wenger è riuscito tuttavia ad assicurare sempre le lucrose coppe europee. Ma il tifo ha memoria corta e poca riconoscen­za: così venne il tempo amaro del “Wenger Out”, il pubblico reclamava il suo licenziame­nto, i tifosi cominciaro­no a disertare lo stadio. A sancire il lento addio è stata l’umiliante doppia sconfitta (5-1; 5-1) dell’anno scorso col Bayern di Monaco. Un anno di riflession­e. E di dolorose scelte. Ma sempre con dignità e fierezza. Il 1° luglio dovrà essere un divorzio consensual­e, non una cacciata. I dirigenti gli hanno lasciato l’ultima parola: “Dopo una attenta valutazion­e e un dialogo col club credo sia il momento giusto per lasciare a fine stagione – ha scritto Wenger in una nota – sono grato per il privilegio di aver potuto servire questa società per così tanti e memorabili anni”. Per fortuna c’è, chi come Jeremy Corbyn, il leader laburista tifosissim­o dell’Arsenal, a dargli il giusto ed onesto saluto: “Grazie per tutti i risultati, in un periodo così lungo, per la squadra che amo. Ha rivoluzion­ato il nostro calcio”.

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