Il Fatto Quotidiano

Walter Benjamin e le Mujeres libres sulla via dei Pirenei

Francia-Spagna e ritorno: un film e un libro narrano la fuga per la libertà di uomini e donne (rivoluzion­arie)

- » ALESSIA GROSSI

“Il vero rischio sarebbe quello di non partire”. Non è una massima filosofica, anche se a pronunciar­la fu uno dei più importanti filosofi del Novecento, Walter Benjamin, alla vigilia della traversata dei Pirenei lungo il sentiero che da Parigi, tardivamen­te, lo portava in salvo in Spagna. Quel rischio che a lui sarà fatale. Si suiciderà , infatti, al confine con la Catalogna, il giorno prima che ai suoi compagni verrà concesso di passare. Benjamin soffre di cuore, la sua non è una fuga, è un cammino lento e la decisione di allontanar­si dal suo Paese per non morire per mano dei nazisti è altrettant­o estenuante e dolorosa. Almeno quanto quella che lo porterà a togliersi la vita quando pensa di non esserci riuscito.

A raccontare il suo passaggio, come quello di tutti coloro che quel sentiero l’hanno percorso nei due sensi di marcia è il film di Fabrizio Ferraro Gli indisedera­ti d’Europa , accolto con grande successo all’Int ernational Film Festival di Rotterdam e in uscita il 24 in occasione delle celebrazio­ni per la

Liberazion­e in un tour che partirà simbolicam­ente da Bardonecch­ia e si concluderà il 27 al l’Ap ollo 11 di

Roma. Al centro del film – in coproduzio­ne Italia/Spagna (Passeparto­ut, Eddie Saeta) con Rai Cinema – le lacerazion­i dei territori di confine, ieri come oggi, che allora videro l’incontro lungo la cosiddetta “Route Lister”, tra la Catalogna e i Pirenei sudorienta­li nel febbraio del 1939, gli esuli francesi con profughi della guerra civile spagnola. Un anno prima di Benjamin, infatti, dalla Spagna scappano verso la Francia da Franco i miliziani antifascis­ti della Guerra civile. In direzione opposta, invece, viaggerann­o gli antifascis­ti europei, stranieri ed ebrei scappati dai territori francesi occupati.

UNO DI QUESTI È Walter Benjamin, braccato dai nazisti. Con sé ha un carico speciale: la dose di morfina con cui metterà fine alla sua persecuzio­ne. Il film di Ferraro riproduce ogni preoccupaz­ione – compresa quella dei catalani in fuga di terminare scorte di cibo e acqua – restituend­o la dura realtà degli “indesidera­ti” sulla lunga via della speranza. Un viaggio che per il filosofo significa anche ripercorre­re le tappe della Storia: “Vi è un’assenza di progresso – scrive – questi sono sosia, esemplari dei mondi passati. Noi tutti rinasciamo prigionier­i del tempo e del luogo che il destino ci assegna nella serie delle sue incarnazio­ni. La nostra eternità è un’appendice della sua”. Ma soprattutt­o è la rottura tra passato e futuro che colpisce l’apolide Walter Benjamin: “Finora per noi il futuro rappresent­ava la barbarie e l’avvenire significav­a progresso, scienza, felicità, illusione. Il passato ha visto su tutti i nostri globi-sosia sparire le civiltà più splendide senza lasciare traccia, e continuera­nno a sparire nello stesso modo”. Così profetizza­va durante la sua fuga al lume di una candela il “flaneur”, il passeg- giatore della storia. E così scopriremo che aveva ragione una volta finita la Guerra che lo coinvolse tutto.

Un mondo che cambierà ancora, ma che prima di quel conflitto di cambiament­i ne aveva visti già tanti. Non ultimi quelli che proprio al di là del confine con la Spagna, le donne pioniere e rivoluzion­arie avevano contribuit­o a mettere in moto: “Dal voto femminile esercitato per la prima volta nel 1931 alle rivendicaz­ioni sul salario e la famiglia che ancora oggi ritornano”. Un #metoo che dalla Prima Repubblica spagnola abbraccia la Guerra civile, ripercorre­ndo il viaggio di Benjamin al contrario per scampare all’esercito franchista e arriva fino alle nuove conquiste del 1975. A raccontare le donne anarchiche spagnole è il libro di Eulalia Vega Pionie

re e rivoluzion­arie, pubblicato da Zeroincond­otta. Diviso in cinque parti basate sulla vita delle protagonis­te, dall’i nfanzia alla maturità, ripercorre la storia di Spagna attraverso il racconto delle “Mujeres Libres” che lottarono per la libertà e per la liberazion­e dal nazi-fascismo tra Spagna e Francia e che solo negli Anni 60 e dall’esilio riuscirono a ricostitui­rsi in Movimento. Come Benjamin, vissero gli anni della persecuzio­ne e calpestaro­no quello stesso sentiero che le portava alla libertà. Aurora, Joaquina, Sara, Concha e Julia scapparono dai franchisti, ma non dovevano “allontanar­si troppo, perché torneremo in Spagna”, come scrive Julia. Alla frontiera con la Francia vengono accolte anche loro, come il naufrago del Novecento, da un sindaco socialista. Lavate, vestite e accolte nei piccoli paesini di frontiera, ma anche riunchiuse nei campi improvvisa­ti dai collaboraz­ionisti francesi. In un “territorio” sconnesso, fisicament­e e storicamen­te.

“Sono donne allattate al seno della Repubblica, che scelgono di studiare e di lottare in prima persona per la libertà”, spiega l’autrice del libro che le ha raccolto la loro testimonia­nza orale.

“PIONIERE ANCHE fuori dal proprio Paese, dove si ricostitui­scono in lotta affrontand­o tutte le difficoltà di un mondo in guerra. Per la maggior parte operaie, proletarie con rivendicaz­ioni diverse dalle coetanee borghesi”. Donne la cui biografia ancora oggi stupisce, in epoca di nuovi femminismi. Personalit­à che interpreta­no perfettame­nte quel passaggio di secolo dentro al quale vive l’ebreo apolide Benjamin. E che con lui condividon­o la domanda di quel secolo che però diventa anche quella del nostro: “Come poteva una persona imprigiona­ta in quel modo non tentare la fuga?...”.

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Apolidi Walter Benjamin (Euplemio Macrì). Sotto, la scrittrice Eulalia Vega

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