Il Fatto Quotidiano

Così il “Marcello di Como” garantì il patto tra boss e B.

Dietro la sentenza la rete di Dell’Utri e i segnali a Berlusconi

- ▶ LO BIANCO E RIZZA

■Trattativa, l’ex senatore azzurro condannato a 12 anni. Dai pagamenti degli anni 70 e 80 per assicurare “protezione” all’amico imprendito­re fino alla fondazione di Forza Italia. Riina: “Brusca andava da lui”

Finora è formalment­e una vittima, in bilico tra due omertà: quella da imprendito­re, per non avere denunciato le minacce mafiose che lo costrinser­o a versare per 18 anni centinaia di milioni a Cosa Nostra, e adesso quella da politico, venuta a galla venerdì scorso con la condanna di Marcello Dell’Utri a 12 anni per aver veicolato il messaggio mafioso (mai denunciato da B.) nel ’93 essendo, secondo il pm, anche “il garante delle richieste di Cosa Nostra”. Ma dopo la sentenza di venerdì il passaggio da vittima a complice del ricatto allo Stato, per Silvio Berlusconi, è appeso, come ha detto Antonio Ingroia, alla valutazion­e delle parole in carcere del boss Giuseppe Graviano: “Se la cortesia di cui parla Graviano, che Berlusconi gli avrebbe chiesto poco prima di scendere in campo, fosse da collegare con le stragi – aveva detto il leader di Azione Civile – sarebbe difficile affermare che l’ex Cavaliere è stato solo una vittima del ricatto allo Stato; se fosse stato addirittur­a complice delle stragi che furono strumento della trattativa, Berlusconi dovrebbe essere considerat­o complice anche della trattativa’’.

UN POTENZIALE cambio di ruolo legato sempre al rapporto a filo doppio con il senatore palermitan­o, conosciuto a Milano durante l’università e trascinato nell’avventura prima imprendito­riale e poi politica, con la sua “dote” siciliana, Cosa Nostra, già ben inserita tra gli imprendito­ri meneghini più rampanti: “Incontrai Mimmo Teresi a Milano e mi disse che stava cercando di far riappacifi­care Dell’Utri e Ligresti”, ha rivelato il boss pentito Gaetano Grado, che ha detto di avere incontrato Dell’Utri (che non gli era simpatico) al ristorante “I quattro mori” a Milano, insieme a Mangano, Cinà e suo fratello Nino. E sebbene l’uomo di Arcore l’abbia definita “un’infamia” di questo giornale (chiamandol­o “il Falso Quotidiano”), il dato che ha pagato Cosa Nostra per diciotto anni, dal ’74 al ’92, per il tramite di Dell’Utri ha ormai il bollo della Cassazione. È il senatore azzurro a organizzar­e un giorno di maggio del 1974, “tra il 16 e il 29”, con il mafioso Gaetano Cinà, un incontro che precede di poco nel proprio ufficio a Milano l’assunzione di Vittorio Mangano ad Arcore.

Quel giorno, davanti ai boss palermitan­i Stefano Bontate, Mimmo Teresi e Francesco Di Carlo, lo sconosciut­o Berlusconi sigla un “patto di protezione con Cosa Nostra”, “mediante l’esborso di somme di denaro che quest’ultimo versa a Cosa Nostra per mezzo di Dell’Utri”. Tutto questo è accaduto “negli anni in cui furono uccise decine di persone delle istituzion­i’’, come ha ricordato il pm Nino Di Matteo.

Condannato a sette anni per concorso esterno in associazio­ne mafiosa, è il senatore a garantire “la continuità dei pagamenti di Silvio Berlusconi in cambio della protezione”. Accordo che non cambia per il mutamento nel vertice di Cosa Nostra, con la morte di Stefano Bontate e l’irruzione sulla scena mafiosa dei corleonesi di Totò Riina: “La sistematic­ità nell’erogazione delle cospicue somme di denaro da Marcello Dell’Utri a Gaetano Cinà – scrive la Cassazione – sono indicative della ferma volontà di Berlusconi di dare attuazione all’accordo al di là dei mutamenti degli assetti di vertice di Cosa Nostra”. Fino agli anni delle stragi del ’92-’93, passati ai raggi X dai pm della Trattativa: quando “nell'estate del ’94 Pino Guastella (pentito, ndr) tornando euforico da un incontro con Mangano, disse che aveva incontrato Dell'Utri che aveva dato assicurazi­oni che la situazione si stava sistemando”.

LA PROVA? Per il pm Francesco Del Bene “in quel periodo sulle reti di Berlusconi andavano in onda programmi come quello di Sgarbi che attaccavan­o i collaborat­ori di giustizia. Si tratta quindi di assicurazi­oni su interventi legislativ­i date tramite Dell'Utri’’. A confermarl­o, per Del Bene, anche le parole captate in carcere da Totò Riina (“Brusca e mio cognato… dovevano andare a parlare con ’sto stalliere, col senatore, per arrivare a Berlusconi, perché questo è amico di Berlusconi’’) che nei suoi colloqui con il compagno di cella Alberto Lorusso ha citato pure un incontro di Provenzano con il fondatore di Forza Italia a Como: “Come gli passava di andare a trovare a quello a Como? …quello… Marcello… Era un imbecille!”. “Io fino a oggi un esponente mafioso di primo piano che stava a Como e si chiamava Marcello non l’ho trovato”, ha chiosato il pm.

Le intercetta­zioni

Il capo dei capi: “Brusca e mio cognato andavano dallo stalliere e dal senatore”

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Ansa I pm Teresi e Di Matteo
 ?? Ansa ?? 2007 Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri nel 2007 a Montecatin­i (Pt)
Ansa 2007 Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri nel 2007 a Montecatin­i (Pt)
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