Montalto, il giudice che ora lo condanna nel 2001 liberò il dirigente di Forza Italia
Il presidente che ha letto la sentenza iniziò come pretore a Corleone
L’omaggio più lusinghiero glielo tributò un anno fa il presidente del Tribunale di Palermo, Salvatore Di Vitale: “Io dico sempre che se dovessi scegliermi un giudice, mi farei giudicare dal presidente Alfredo Montalto, un collega professionalmente attrezzato, che sa dirigere la ‘musica’ in maniera eccellente”. E di certo nell’aula bunker dell’Ucciardone di Palermo, il presidente del processo sulla trattativa Stato- mafia ha dovuto utilizzare tutta la sua esperienza per gestire con autorevolezza un dibattimento durato cinque anni e fitto di battibecchi tra accusa e difesa, ma anche di puntuti siparietti nelle sale ovattate del potere istituzionale. Che lui, lo schivo Montalto, ha affrontato sempre con senso della misura. E un pizzico di ironia.
Memorabile lo scambio di cerimonie nel 2014 fra il presidente e l’ex capo dello Stato Giorgio Napolitano il giorno dell’udienza “a domicilio” fra gli stucchi e gli arazzi del Quirinale. “Lei è il dominus e noi ci atteniamo alle sue indicazioni ”, disse complimentoso Montalto a Re Giorgio che aveva chiesto una pausa. L’uomo del Colle prima ci scherzò su: “Io sono dominus, ma ho bisogno solo di dieci minuti”, e poi, con altrettanta deferenza, lo ringraziò: “Le sono molto grato per la costruttiva interlocuzione che c’è stata tra noi in preparazione di questa udienza”. La stessa cortesia istituzionale il magistrato riservò due anni dopo al nuovo capo dello Stato Sergio Mattarella, quando il Quirinale inviò alla Corte d’assise di Palermo stralci delle agende di Carlo Azeglio Ciampi. “Ringrazio pubblicamente il presidente Mattar ella–puntualizzò Montalto nell’aula bunker – per la collaborazione assicurata al fine di consentire l’acquisizione di documenti utili per l’istruttoria, ma non accessibili al pubblico”.
L’UOMO, dicono i tanti colleghi che a Palazzo di Giustizia hanno condiviso con lui la più incandescente stagione dell’antimafia palermitana, è fatto così: “Preparatis simo, acuto, ma soprattutto dotato di un alto senso delle istituzioni”.
Chi è questo giudice che rifugge dai clamori della stampa, che è riuscito per tutta la durata del processo sulla trattativa a non concedere un’intervista, a schivare salotti e passerelle, e soprattutto a non pronunciare una parola fuori posto? Della sua vita privata si sa poco o niente. Solo che è sposato con un’insegnante, che ama il tennis e che ha un figlio magistrato. Alto, una barba folta, il riservatissimo Montalto è un magistrato che comincia la carriera come pretore a Corleone per appro-
Il personaggio Ha gestito le asprezze del dibattimento e interrogato Napolitano al Quirinale
dare negli anni Ottanta all’ufficio istruzione di Palermo e poi diventare, negli anni Novanta, uno dei giudici di punta d el l’ufficio gip. Quando in Procura arriva Gian Carlo Caselli, è Montalto, considerato un esponente “storico” di Magistratura Democratica, che insieme al collega Gioacchino Scaduto segue le inchieste più scottanti su mafia e politica: è lui ad arrestare per concorso in mafia nel 1995 l’ex presidente della Provincia Francesco Musotto, FI, e a inviare ai domiciliari per lo stesso reato l’ex senatore di An Filiberto Scalone. Entrambi poi saranno assolti. Ed è sempre lui che nello stesso anno respinge la richiesta di libertà avanzata dai legali dell'ex ministro dc Calogero Mannino, in carcere con l'accusa di concorso in mafia, suscitando una feroce polemica. Contro quel provvedimento, infatti, il leader radicale Marco Pannella protestò: “È un documento di sgangherata ignoranza”. Anche Mannino molti anni dopo fu assolto, dopo un tormentato iter processuale. Un lancio Ansaricorda, infine, che nel 2001 è ancora Montalto a revocare l'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Marcello Dell'Utri, per calunnia e tentata estorsione. Restituendo la libertà a quello stesso imputato che molti anni dopo avrebbe condannato a 12 anni per la trattativa Stato-mafia.