Il Fatto Quotidiano

Un favore ai ricchi

-

IL PROGRAMMA elettorale del centrodest­ra propone la tassa piatta. Tutti i contribuen­ti, a prescinder­e da quanto siano ricchi, pagherebbe­ro la stessa aliquota di imposta sul reddito. Secondo Matteo Salvini dovrebbe essere al 15% (costerebbe 63 miliardi), Berlusconi la vuole al 23% (necessari 50 miliardi). Oggi invece abbiamo cinque scaglioni Irpef - mentre nel 1980 erano ben 32 - il gettito totale attuale è di 182,6 miliardi. Questa cifra ricade quasi tutta sulla classe media: le famiglie con reddito compreso tra 20 mila e 100 mila euro paga il 69,4% dell’imposta. Sulle famiglie che invece guadagnano più di 100 mila euro grava il 17,2% di quanto incassato dallo Stato Planning Council di Chicago – sono insufficie­nti”. Per finanziare la scuola, si usano i proventi delle imposte sulle case: quindi nelle comunità più povere, dove le abitazioni costano poco, i fondi sono scarsi, questo ha portato a un aumento delle rette universita­rie e tanti giovani studenti sono andati a studiare in altri Stati.

L’OBIETTIVO di un abbassamen­to generalizz­ato delle tasse è lasciare più denari nelle tasche dei cittadini per spingere consumi e investimen­ti e così creare occupazion­e. A questo tenderebbe la manovra di Donald Trump, che ha portato dal 39,6% al 37% l’aliquota massima per le società, e a questo tendono i sostenitor­i nostrani della flat tax. Ma si tratta di un atto di fede: nulla obbliga persone e imprendito­ri a rimettere in circolo i soldi risparmiat­i grazie a sconti fiscali. Semmai accade il contrario, come dice l’Ocse: dal 2000 è cresciuta la quota di soldi rimasti nelle casse delle aziende americane (dal 5 all’8,5% del Pil), ma gli investimen­ti netti sono scesi di un terzo. Le imprese si sono tenute ciò che lo Stato non ha chiesto loro sotto forma di tributi, insomma.

Anche l’assioma secondo il quale la tassa piatta renderebbe più attrattivo un territorio non sempre trova conferma. C’è un’impresa dell’Indiana, per esempio, che nonostante l’imposta flat al 6% e le promesse di nuovi sconti ha deciso comunque di spostarsi in Messico. In Indiana, negli ultimi trent’anni, si è decimata l’industria dell’acciaio a causa delle importazio­ni; nello Stato c’è comunque la piena occupazion­e, ma i salari sono bassi. Dunque, i ricchi sono più ricchi, e i bassi stipendi di chi lavora non bastano a coprire l’insufficie­nza dei servizi pubblici. Anche a Detroit (Michigan), che ospita l’industria automobili­stica, i lavoratori non hanno tratto beneficio dalla tassa piatta. Addirittur­a, c’è un’inchiesta giudiziari­a nella quale il vicepresid­ente di Fca Alphons Iacobelli di aver dato una mazzetta a un dirigente sindacale in cambio di un atteggiame­nto favorevole all’impresa in sede di contrattaz­ione. Gli operai hanno fatto partire una class action.

IN EUROPA dell’Est c’è chi ha provato ad “appiattire” il fisco per scucire imprese alle nazioni concorrent­i. La Slovacchia, per esempio, ci è riuscita con l’Embraco: l’azienda, che produce compressor­i per Whirlpool, sta per lasciare il Piemonte e trasferirs­i in Slovacchia. L’esempio però non deve

far pensare che sia tutto oro. Bratislava riserva alle imprese un trattament­o fiscale di favore (e i salari sono molto bassi), ma l’esperiment­o della flat tax non è stato positivo: è stata introdotta nel 2004 al 19% per tutti, ma nove anni dopo si è dovuto fare marcia indietro e rimettere le aliquote. Nel frattempo, non sono mancati enormi scandali di evasione.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy