“Dio è risorto”: Guccini da Bergoglio
La visita dei “bolognesi”: Prodi, Casini e i cantautori
Appoggiato
alle transenne in piazza san Pietro, come un pellegrino qualunque. Unica barriera, gli occhiali da sole per proteggere gli occhi malandati.
A mezzo secolo dall’uscita di Dio è morto e dalla rivoluzione del Sessantotto, Francesco Guccini è “sc e s o ” a
Roma dal suo appennino tosco-emiliano per stringere la mano a papa Francesco e scambiare due chiacchiere con lui.
PIAZZA san Pietro, ieri mattina. Bergoglio accoglie 12 mila pellegrini provenienti dalle diocesi di Cesena e Bologna, che così “restituiscono” la recente visita del pontefice nella loro terra, nello scorso autunno. C’è Guccini, politici come Prodi e Casini ma anche Gianni Morandi e a un certo punto, per tutta la piazza, risuona Piazza Grande di Lucio Dalla, cantata dallo stesso Morandi. Il vescovo di Bologna è don Matteo Zuppi, romano e “prete di strada” proveniente dalla comunità di sant’Egidio.
L’incontro tra Guccini e Bergoglio è avvenuto intorno a mezzogiorno ed è al centro di una lunga cronaca dell’O sservatore Romano.
Per l’occasione, il quotidiano della Santa Sede ha ricordato la tormentata storia di Dio è morto, la canzone che Guccini scrisse nel 1965 e fu poi portata al successo dai Nomadi nel 1967, diven- tando uno degli inni dell’imminente Sessantotto. Il testo fu infatti censurato dalla Rai democristiana, spaventata dal fatto che il titolo richiamasse il celebre aforisma di Friedrich Nietzsche. Probabilmente non lessero neanche la parte del testo improntata invece alla speranza. Meglio, la lessero ma si fermarono alle strofe contro il potere o che evocano i campi di sterminio.
Lo stesso Guccini, in seguito, spiegò che l’ispirazione gli era venuta dal poeta americano Allen Ginsberg Howl. E così, alla fine, a trasmettere il brano e a rompere la censura democristiana della tivvù di Sta- to fu addirittura Radio Vaticana, che al contrario dell’ottusità della Rai, colse lo spirito della strofa finale.
QUESTA: “Ma penso/ Che questa mia generazione è preparata/ A un mondo nuovo e a una speranza appena nata/ Ad un futuro che ha già in mano/ A una rivolta senza armi/ Perché noi tutti ormai sappiamo/ Che se Dio muore è per tre giorni e poi risorge/ In ciò che noi crediamo, Dio è risorto/ In ciò che noi vogliamo, Dio è risorto/ Nel mondo che faremo, Dio è risorto”.
Guccini definì Dio è morto come la “sua unica canzone politica” e l’ha sempre suonata in decenni di concerti. Quattro donne l’hanno poi interpretata nel tempo come cover: Caterina Caselli, Fiorella Mannoia, Gianna Nannini, Ornella Vanoni.
Auschwitz
Lo storico brano cantato con i Nomadi fu censurato dalla Rai democristiana