Nicaragua, stavolta i cattivi sono i sandinisti
Rivolta sociale Dieci morti a Managua negli scontri di piazza dopo che il governo ha ridotto le pensioni e aumentato le tasse
In
Italia la riforma pensionistica della Fornero, oltre ad aver fatto piangere la stessa ministra, fa discutere e sposta gli equilibri elettorali. In Nicaragua va peggio e la decisione del governo di aumentare i contributi dei lavoratori e, al tempo stesso, ridurre del 5% l’amm ontare complessivo delle pensioni, ha scatenato la rabbia della popolazione.
Alla proposta del presidente Daniel Ortega, militare sandinista - per alcuni un mito - sono scoppiate le rivolte. Da tre giorni le strade della capitale, Managua, si sono riempite di manifestanti. Il bilancio, ancora provvisorio, parla di almeno una dozzina di vittime e più di cento feriti, mentre non si contano gli arresti.
Ortega non parla, al suo posto è intervenuta la moglie, Rosario ‘Rocio’Murillo, vicepresidente del Nicara- gua: “Le rivolte sono organizzate da individui che provano a rompere la pace e l’armonia. Gruppi minuscoli abili ad attizzare l’odio sociale. I militanti sandinisti? Hanno agito per legittima difesa”.
TRA LE VITTIME ci sono sia manifestanti, compreso un giovane di appena 17 anni, che poliziotti. Come prima reazione, il presidente Ortega ha ordinato la sospensione delle trasmissioni di tre canali televisivi, due all-news e un canale della Conferenza episcopale nicaraguense. Sebbene per motivazioni diverse e, per ora, conseguenze ben inferiori, gli incidenti di Managua somigliano alla rivolta di Caracas, represse nel sangue dal governo di ispirazione socialista di Nicolas Maduro.
Un risultato le proteste lo hanno ottenuto: “Il dialogo resta aperto, tutti i temi sono sul tavolo, nessuna decisione è stata presa, ma il confronto deve restare democratico” ha ribadito la vicepresidente Murillo. Sono passati undici anni e mezzo da quel 6 novembre 2006, quando i risultati delle elezioni presidenziali videro trionfare il vessillo rossonero dell’Fsln (Fren- te Sandinista de Liberacion Nacional). Una vittoria anti- americana, col ricordo drammaticamente fresco della c on t r a, la guerriglia guidata dalla Casa Bianca per destabilizzare il Paese a cavallo tra il 1979 e il
1990. Dopo decenni di giunte presid enziali corrotte, il ritorno di Ortega al potere era stato visto come una luce di speranza nel cuore del Centro America, insanguinato da repressioni in Guatemala, El Salvador e Honduras. La celebrazione del successo anticapitalista arrivò proprio quella sera all’hotel Intercontinental di Managua, quando a congratularsi con Ortega, con una stretta di mano passata alla storia, fu Jimmy Carter: da presidente degli Usa anti- sa ndinista a osservatore internazionale del voto. Daniel Ortega vinse quelle elezioni col 38%, surclassando il rivale di estrema destra, Eduardo Mo nte al egr e, ma facendosi sottrarre una buona fetta di voti dal Movimento di rinnovamento Sandinista, da tutti considerato il vero partito di sinistra.
Fine del mito
Il presidente Daniel Ortega era il simbolo della rivoluzione anti-yankee, ora chiude le Tv