Il Fatto Quotidiano

SEBI CHE PARLA DIPINGENDO LEONI

Dieci anni, autistico, ha uno stile che a molti ricorda Ligabue

- » ALEX CORLAZZOLI

Pensate alla “Testa di Tigre” di Antonio Ligabue, il pittore di Gualtieri considerat­o “matt”. Ora guardate uno di questi leoni. Potrà sembrarvi incredibil­e ma sono dipinti da un bambino nato e cresciuto in pianura Padana senza aver mai visto il re della foresta proprio come il genio di Zurigo trapiantat­o in Emilia Romagna. Sebastiano Colombi di Soncino (Cremona) ha dieci anni e da quando ne aveva cinque davanti ad un foglio bianco, ad una tavola di legno o ad una tela, prende in mano la matita o il pennello, il gesso o i pastelli e dipinge leoni. Sebi è un bambino autistico che i neuropsich­iatri definiscon­o a basso funzioname­nto. Per anni il suo unico modo d’esprimersi è stata l’arte. Attraverso gli occhi tristi, malinconic­i o aggressivi dei suoi leoni si è raccontato, ha parlato di sé, ha tracciato la sua vita e qualche volta quella di chi lo ha circondato fino ad oggi.

Aguardare lo sguardo del coniglio o gli occhi vispi e allo stesso tempo impauriti della “Lepre con scoiattolo” di Ligabue è inevitabil­e pensare a come il tratto artistico di Sebi somigli a quello del celebre pittore. Chi è stato capace di dare “voce” a questo bambino è la sua insegnante di sostegno Regina Belloni che lo segue da quando ha messo i piedi alla scuola primaria. È lei che intuisce da subito che Sebi supera ogni barriera comunicand­o attraverso l’a rte: “Lui non riesce ad esprimere ciò che sente attraverso le parole ma ogni sensazione, ogni nostalgia, ogni emozione è miracolosa­mente espressa con delle pennellate”.

Quando ha sette anni gli dona dei fogli più grandi, poi delle tavole di legno. Sebi non si ferma davanti alle dimensioni: coinvolge ogni centimetro quadrato della superficie pittorica per dare spazio ai suoi leoni, alla sua anima.

Inevitabil­e pensare a quanto ci raccontano Giuseppe Caleffi e Ezio Aldoni, esperti conoscitor­i di Ligabue che nel libro dedicato all’artista di Gualtieri pubblicato per “Imprimatur” spiegano che nel primo periodo usava compensati e faesite. “Quando dipinge usa di tutto: pennelli, mani, colori a tempera, gesso, saliva.

Se prende il mano il pennello non ha bisogno di fare prima il tratto grafico con la matita ma costruisce diretta- mente l’immagine mentre se usa la matita non colora”, spiega Regina Belloni che oggi ha raccolto 140 opere e ha dato vita all’associazio­ne “I leoni di Sebi” oltre che ad una mostra organizzat­a con l’istituto “Falcone e Borsellino” a Offanengo.

NEMMENO la sua maestra sa spiegarsi da dove venga la passione per il leone. Anche Ligabue, tigri, leopardi, serpenti e foreste non li aveva mai visti ma trascorrev­a parecchio tempo in biblioteca e conosceva le figurine Liebig degli animali.

Oggi Sebastiano si esprime con la parola, scrive, legge, usa il personal computer e spesso va in rete a cercare figure di leoni. Il re della foresta l’ha visto una sola volta dopo averlo dipinto.

Il sogno di Regina Belloni ora è dar vita ad una mostra permanente di opere realiz- zate da bambini come Sebi per far comprender­e quanto sia importante dare loro spazio, creare laboratori artistici per loro. Intanto alle opere di Sebi si è interessat­o anche un noto stilista e qualche critico milanese le ha persino prese in consideraz­ione.

L’unico a non accorgersi di essere diventato “famoso” è Sebi che davanti ai suoi quadri h a solo un’esp res sion e: “Mio”.

Il piccolo artista non sa nemmeno di essere riuscito in una grande opera: quella di far parlare di autismo in maniera diversa. Il professor Gianfranco Marchesi, colto studioso di neuroscien­ze parlando di Ligabue disse che “non è un matto, ma che ha una personalit­à schizopati­ca, un disturbo bipolare, una prepotente ricchezza emozionale”.

Forse anche il pittore di Gualtieri sarà stato autistico?

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