SEBI CHE PARLA DIPINGENDO LEONI
Dieci anni, autistico, ha uno stile che a molti ricorda Ligabue
Pensate alla “Testa di Tigre” di Antonio Ligabue, il pittore di Gualtieri considerato “matt”. Ora guardate uno di questi leoni. Potrà sembrarvi incredibile ma sono dipinti da un bambino nato e cresciuto in pianura Padana senza aver mai visto il re della foresta proprio come il genio di Zurigo trapiantato in Emilia Romagna. Sebastiano Colombi di Soncino (Cremona) ha dieci anni e da quando ne aveva cinque davanti ad un foglio bianco, ad una tavola di legno o ad una tela, prende in mano la matita o il pennello, il gesso o i pastelli e dipinge leoni. Sebi è un bambino autistico che i neuropsichiatri definiscono a basso funzionamento. Per anni il suo unico modo d’esprimersi è stata l’arte. Attraverso gli occhi tristi, malinconici o aggressivi dei suoi leoni si è raccontato, ha parlato di sé, ha tracciato la sua vita e qualche volta quella di chi lo ha circondato fino ad oggi.
Aguardare lo sguardo del coniglio o gli occhi vispi e allo stesso tempo impauriti della “Lepre con scoiattolo” di Ligabue è inevitabile pensare a come il tratto artistico di Sebi somigli a quello del celebre pittore. Chi è stato capace di dare “voce” a questo bambino è la sua insegnante di sostegno Regina Belloni che lo segue da quando ha messo i piedi alla scuola primaria. È lei che intuisce da subito che Sebi supera ogni barriera comunicando attraverso l’a rte: “Lui non riesce ad esprimere ciò che sente attraverso le parole ma ogni sensazione, ogni nostalgia, ogni emozione è miracolosamente espressa con delle pennellate”.
Quando ha sette anni gli dona dei fogli più grandi, poi delle tavole di legno. Sebi non si ferma davanti alle dimensioni: coinvolge ogni centimetro quadrato della superficie pittorica per dare spazio ai suoi leoni, alla sua anima.
Inevitabile pensare a quanto ci raccontano Giuseppe Caleffi e Ezio Aldoni, esperti conoscitori di Ligabue che nel libro dedicato all’artista di Gualtieri pubblicato per “Imprimatur” spiegano che nel primo periodo usava compensati e faesite. “Quando dipinge usa di tutto: pennelli, mani, colori a tempera, gesso, saliva.
Se prende il mano il pennello non ha bisogno di fare prima il tratto grafico con la matita ma costruisce diretta- mente l’immagine mentre se usa la matita non colora”, spiega Regina Belloni che oggi ha raccolto 140 opere e ha dato vita all’associazione “I leoni di Sebi” oltre che ad una mostra organizzata con l’istituto “Falcone e Borsellino” a Offanengo.
NEMMENO la sua maestra sa spiegarsi da dove venga la passione per il leone. Anche Ligabue, tigri, leopardi, serpenti e foreste non li aveva mai visti ma trascorreva parecchio tempo in biblioteca e conosceva le figurine Liebig degli animali.
Oggi Sebastiano si esprime con la parola, scrive, legge, usa il personal computer e spesso va in rete a cercare figure di leoni. Il re della foresta l’ha visto una sola volta dopo averlo dipinto.
Il sogno di Regina Belloni ora è dar vita ad una mostra permanente di opere realiz- zate da bambini come Sebi per far comprendere quanto sia importante dare loro spazio, creare laboratori artistici per loro. Intanto alle opere di Sebi si è interessato anche un noto stilista e qualche critico milanese le ha persino prese in considerazione.
L’unico a non accorgersi di essere diventato “famoso” è Sebi che davanti ai suoi quadri h a solo un’esp res sion e: “Mio”.
Il piccolo artista non sa nemmeno di essere riuscito in una grande opera: quella di far parlare di autismo in maniera diversa. Il professor Gianfranco Marchesi, colto studioso di neuroscienze parlando di Ligabue disse che “non è un matto, ma che ha una personalità schizopatica, un disturbo bipolare, una prepotente ricchezza emozionale”.
Forse anche il pittore di Gualtieri sarà stato autistico?