Il Fatto Quotidiano

1984, lo scandalo di Roma-Dundee

- » PAOLO ZILIANI

Succede domani: per la seconda volta nella sua storia la Roma scende in campo per una semifinale di Champions League. La sola volta in cui capitò fu 34 anni fa, nell’aprile dell’84, quando la Champions si chiamava ancora Coppa dei Campioni e la Roma sfidò gli scozzesi del Dundee United. Nel programma La tribù del calcio da me curato per molti anni su Premium, andò in onda nel 2011 un servizio, a firma Marco Piccari, su questo famoso scandalo. A narrarlo in prima persona fu il figlio dell’allora presidente Dino Viola, Riccardo, che all’epoca dei fatti era il dirigente addetto agli arbitri. Ricapitola­ndo. Coppa dei Campioni 83-84. Priva di Falcao, la Roma di Liedholm ha malamente perso (0-2) la semifinale d’andata al Tannadice Park. Il 25 aprile si gioca il match di ritorno e il presidente Viola riceve una telefonata da Spartaco Landini, a quei tempi d.s. del Catanzaro, che sostiene di avere notizie importanti sul conto dell’arbitro francese Vautrot designato per la partita. La mattina della vigilia, Viola incontra Landini a Villa Pamphili. “Arriva il signor Landini – racconta Riccardo Viola – e ci dice che Vautrot è un amico e attraverso un altro amico, Giampaolo Cominato, si può arrivare a lui. Ma bisogna dare all’arbitro 100 milioni. Noi rispondiam­o: che sicurezza abbiamo che Vautrot prenda questi soldi? Ci si accorda per un segnale convenzion­ale. Durante la cena della vigilia, all’Hosteria dell’Orso, un cameriere va da Vautrot e gli dice che è desiderato al telefono. Quello era il segnale. Quando l’arbitro torna al tavolo dice: “Ha chiamato l’amico Paolo e mi ha detto di salutarvi”. Allora io mi alzo, chiamo papà e gli dico: “Il messaggio è arrivato”.

“CHE LA ROMA abbia dato a un intermedia­rio 100 milioni per l’arbitro Vautrot è vero e – ammette Riccardo Viola - è un fatto vergognoso; voglio però ricordare che lo scandalo, tempo dopo, lo fece scoppiare mio padre per smascherar­e i colpevoli: era stato al gioco solo per poter fare denuncia”. Sia quel che sia, la mattina del match Viola consegna a Landini i 100 milioni destinati a Vautrot e al misterioso amico Paolo. “Chi fosse davvero questo Paolo non l’abbiamo mai saputo – assicura Riccardo Viola –. Papà tentò in tutti i modi di scoprirlo e in quel periodo c’erano solo due possibili Paolo, Bergamo e Casarin. Lui parlò con entrambi, ma finì che entrambi si accusarono a vicenda”. Si gioca la partita. La Roma vince regolarmen­te grazie a due gol di Pruzzo e a un rigore (netto) di Di Bartolomei e si qualifica per la finale: non ci sono polemiche. Tempo dopo, allertata dallo stesso Viola, la Figc apre un’inchiesta; che va per le lunghe fino a che la Corte Federale, nel febbraio dell’86, assolve tutti ma solo per sopraggiun­ta prescrizio­ne e specifican­do di “aver riscontrat­o un comportame­nto gravemente censurabil­e dell’ing. Viola. Non può quindi dichiarare caduta l’incolpazio­ne contestata ai signori Landini e Viola in merito al passaggio della somma di 100 milioni”.

Chi non perdona è l’Uefa: che squalifica Viola per 4 anni e la Roma per uno, sanzione trasformat­a poi in multa da 168 milioni. Ancora: nel processo penale il Tribunale di Roma, al quale i risvolti sportivi non interessav­ano, condanna Landini e Cominato a 12 mesi di reclusione e a rifondere a Viola la somma di 100 milioni più interessi. Succedeva 34 anni fa. Per capirci, Moggi aveva 47 anni e lavorava al Torino.

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LaPresse Dino Viola L’ex presidente
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