L’odissea per adottare un gatto: nel dubbio io sto dalla parte del felino
CARA SELVAGGIA, scusa se scrivo per parlare di gatti, ma dimmi se questa storia non è una follia. A casa ho un bulldog femmina di dieci anni: Zampa. Qualche mese fa abbiamo allargato la famiglia prendendo un gattino trovatello. Nel tempo io e mio figlio ci siamo resi conto che lui e Zampa non si fanno la compagnia che speravamo. Lei è vecchia e brontolona e lui è un demonio e ha sempre voglia di giocare. Abbiamo perciò deciso di cercare un’altra gattina. Ho cominciato a iscrivermi ai vari gruppi su Facebook, come ad esempio “regalo gattini” e simili, ai quali si appoggiano spesso le associazioni. Durante la mia ricerca ho scoperto che per adottare un gatto da un’associazione l’iter è il seguente:
- Compilare un modulo preaffido, dove comunichi i membri della famiglia, in che tipo di casa vivi, se hai i balconi in sicurezza.
- Dopodichè un volontario viene a casa tua e controlla che la casa sia idonea.
- Infine, se tutto è a norma, puoi andare a prendere il gatto, al ritiro firmi un modulo in cui ti impegni alla sterilizzazione.
Anche se tu compili un modulo, non si fidano della tua parola e devono venire a controllare la casa. Però tu ti devi fidare e far entrare un perfetto estraneo in casa tua vedendo perciò dove abiti, come si entra, cosa possiedi. Perdonami questa piccola polemica ma visto che sono gatti trovatelli che vivono nelle gabbie e l’alternativa sono i rifugi o la strada mi sembra un tantino esagerato tutto questo. Detto ció non mi sono lasciata scoraggiare e mi sono dichiarata disposta a seguire la procedura.
In 15 giorni di ricerca non abbiamo trovato un gattino disponibile. Ho mandato diverse richieste, ma mi veniva puntualmente risposto che erano già tutti prenotati, e mi venivano offerte delle alternative di gatti adulti, che dovevo rifiutare, perché gli adulti potrebbero non andare d’accordo con un cane adulto.
Ieri sera mio figlio ha trovato un post per tre gattini, pronti, ce n’è piaciuta subito una, pareva bianca, con il pelo un po’ lungo, scrivo, non ci sembrava vero. Contatto subito la signora Morena, mi chiede l’indirizzo di casa e mi dice che il giorno successivo mi avrebbe contattato un volontario per il sopralluogo. Perfetto, le dico che siamo molto contenti, e le chiedo se gentilmente può mandarmi un altro paio di foto. Mi risponde che non vuole infastidirla con il flash e che ha caricato un video su fb. Cerco il video, non lo trovo, Riccardo mi dice che lo aveva visto, non sembrava come nell’unica foto che avevamo a disposizione, che però ora il video è stato rimosso. La mattina successiva mando un messaggio alla volontaria: “Ciao, scusa ma il video non lo trovo. Quando c’è luce, senza dover usare il flash, potresti farmi qualche foto?”. Risposta: “No mi spiace non faccio book fotografici, non è una maglietta, è un gatto”. Dunque, mantenere un gatto costa, costa la sterilizzazione e i vaccini anche. Io mi sottopongo a tutte le loro ispezioni. E devo sentirmi rispondere in questo modo solo perché prima chiedo un paio di foto? La conversazione è proseguita e mi è stato scritto di vergognarmi. Che non mi daranno il gatto. Ovviamente ho rinunciato all’adozione. Ma ti pare giusto? VALENTINA
IO, ADIRTELA TUTTA, non so se mi inquieta di più la fitta burocrazia per adottare un gatto o la tua continua richiesta di foto dell’animale manco, anziché un gatto, fosse un tizio conosciuto su Tinder. Nel dubbio su chi abbia ragione tra le due, io sono dalla parte del gatto.
La tesi di Michele Serra: sei maleducato se sei povero
Cara Selvaggia, non so se ti sia capitato di leggere l’ultima Amaca di Michele Serra. Un allucinato, prima ancora che allucinante, concentrato del classismo più manicheo che non faticherei ad immaginare uscito dalla bocca di un vecchio borghese sudafricano nostalgico dell’apartheid. Il riassunto è questo: i fatti di Lucca, con studenti tiranni che minacciano e si prendono gioco dei professori, può succedere nelle scuole professionali dove ci stanno i poveri, figli dei poveri, rozzi e stupidi, mentre nei licei ci stanno i ricchi, figli dei ricchi, intelligenti ed educati. Perché, cito testualmente, “il livello di educazione, di padronanza dei gesti e delle parole, di rispetto delle regole è direttamente proporzionale al ceto sociale di provenienza”.
Non un tentativo di far passare la propria posizione per una provocazione e non per la spremuta di presunzione che invece è. Perché è inutile contare i casi di violenza, i chili di droga che circolano nelle scuole dei ricchi educati. Non serve ricordare il celebre rispetto delle regole degli alti ceti sociali, da cui provengono i probiviri che patteggiano col fisco dopo aver rubato a quelli dei bassi ceti sociali che non rispettano le regole. Ininfluenti tutte le storie come quelle di mia madre, figlia di un muratore, che non si è laureata e ora è tra i quadri dirigenti di un’importante banca estera. “Ma io davvero devo spiegare a Michele Serra che non è vero che i poveri sono una torma di barbari e i ricchi intelligenti ed educati?”. La verità è che vorrei tanto, più che altro per far sì che si renda conto che la sua rimpianta sinistra una volta stava dall’altra parte, e se non ci sta più, e per questo più non esiste, è proprio grazie a discorsi come questo, fatti da gente come lui. MICHELE
Caro Michele, non è che sei proprio quel Michele lì e stai cercando di fare ammenda? Scherzavo, non potrei immaginare una tale schizofrenia nemmeno in un intellettuale di sinistra.