Il solito, vecchio vizio dell’Eurasia: rappresentarsi sempre come il Bene
Dovrebbe crollare la Russia, potrebbe collassare anche la Cina. Così pensa Robert David Kaplan, esperto di geopolitica
Dovrebbe crollare la Russia, potrebbe collassare anche la Cina. L’Eurasia, insomma – grazie all’evoluzione della tecnologia e all’arricchimento del ceto medio – si destina all’instabilità e al disordine politico. È la tesi di Robert David Kaplan, esperto di geopolitica e relazioni internazionali, espressa in diversi articoli, e va incontro ai desiderata dell’occidentalismo mai pago di narrazioni autoassolutorie dopo La fine della storia di Francis Fukuyama e Lo scontro delle civiltà di Samuel Huntington.
Due libri, questi, dalle conseguenze anche militari se gli esiti di dottrina hanno poi avallato l’orgia di guerre mai risolte in Medio-Oriente, in attesa di arrivare alla vera destinazione: l’inaccessibile Agartha. È il “cuore della terra”, è quello che Kipling nei romanzi indica quale centro geografico da cui l’intero mondo diventa un solo impero, lo stesso che nella dottrina geopolitica di oggi – come nei report dell’import-export – si descrive per tramite di cifre: la più alta con- centrazione di materie prime, la popolazione più numerosa e più giovane, i territori con più memoria anche, se si pensa che gli dei del pantheon di Roma – dileguatesi tutti – sono ben attivi in India, una potenza nucleare economicamente vivace e con un ceto medio, va da sé, sanamente pagano e ricco più di qualunque borghese bohémien europeo.
Kaplan dice bene quando parla del passaggio dalle lotte ideologiche del XX secolo a quelle geopolitiche del XXI. Lo schema di The Great Game è questo ma nella gara di possesso del globo non si scontrano un grande torto e un’ancora più grande ragione, quella democrazia che – per usare il suo linguaggio – “sulla grande distanza sempre vince”.
La vera grande differenza con i cattivi è nella diversa appartenenza al “Tempo”. Il Tempo dei cattivi è l’Essere, quello dei buo- ni, al contrario, è il Divenire. I buoni – nella sequela della Rivoluzione francese – ritengono di approdare al migliore dei mondi possibili in virtù della migliore crazia possibile( l’ assolutizzazione della democrazia che, per autodefinizione, e non per effettività, ha lo status di migliore sistema di governo); i cattivi, invece – pur permeati i russi della Rivoluzio- ne Bolscevica e, i cinesi, della Grande Marcia di Mao – non si sono mai sottratti alla circolarità della storia.
Forse è un lapsus socio-culturale; l’avere data degna sepoltura e onori ai Romanov, gli zar, fu un chiaro segno – come altrettanto lo è la consacrazione di Xi Jinping a Pechino – ma di certo è un’impronta, quella dell’Eterno ritorno che li fa prossimi a un’idea soltanto a noi inaudita: all’eternità della sovranità più che al logorarsi di qualcosa che“linearmente” invecchia. La grande distanza, con buona pace di Kaplan e di qualunque dottrina del Pentagono, appartiene all’ immutabile. L’Eurasia è pur sempre ciò che è. Chi ne attende la messa a morte, al contrario, diviene.