Il Fatto Quotidiano

Ex che non esultano e fischietti “insensibil­i”: tifo in cortocircu­ito

Cos’hanno in comune i calciatori che evitano sempre di festeggiar­e un gol a una ex squadra, gli insulti a Donnarumma e le intemerate madrilene di Gigi Buffon?

- » STEFANO CASELLI

14 marzo 1982, Ciccio Graziani viene sostituito al 79’ della ripresa. Percorre il tragitto che lo separa dalla panchina all’ingresso degli spogliatoi del Comunale tra gli applausi di migliaia di persone. Non sono i suoi tifosi (gioca nella Fiorentina): sono i suoi ex tifosi, quelli del Torino con cui ha giocato per otto stagioni, vincendo uno scudetto e realizzand­o 122 reti in 289 partite. Fin qui nulla di strano. Di insolito semmai, con gli occhi del 2018, c’è che Ciccio Graziani ha appena segnato due gol al Toro (2-2 il finale), per di più sotto la curva Maratona. E si è ben guardato dal non esultare, anzi, la Fiorentina lotta per lo scudetto, che perderà all’ultima giornata per un solo punto.

Una scena molto simile si ripete tre anni dopo, il 6 gennaio 1985: ancora Torino-Fiorentina, ancora 2-2 e ancora una doppietta in viola di un amatissimo ex granata: Eraldo Pecci, che, come il collega Graziani, esulta eccome.

Sembra fantascien­za all’occhio pelosament­e politicall­y correct del calcio dell’era social. Per fare un esempio (rimanendo sempre in campo granata) il 26 aprile 2015 il Torino torna a vincere un derby dopo 20 anni. Il gol decisivo lo realizza l’ottimo Quagliarel­la che – incredibil­e ma vero – non esulta per rispetto della sua ex militanza juventina.

È un must – fastidiosi­ssimo e spesso falsissimo – in voga da molti anni. È l’altra faccia di una medaglia scadente, la stessa che impedisce al milanista Gigio Donnarumma di dialogare in maniera del tutto innocua con un suo parente napoletano sui social, scherzando sulla sua spettacola­re parata che ha impedito la vittoria a San Siro del “suo” Napoli, mettendo probabilme­nte la parola fine al sogno tricolore dei partenopei. Donnarumma, com’è noto, è stato costretto a scusarsi (!) pubblicame­nte dopo essere stato investito dagli insulti dei suoi concittadi­ni napoletani.

CHE COS’HANNOin comune le due facce di questa medaglia? Sono il sintomo del cortocircu­ito del calcio “moderno”, dove non ci sono più bandiere e chi non vince non esiste. A fronte di questa erosione sentimenta­le di un sano passatempo popolare, è montata un ’ esasperazi­one emotiva che consente al tifoso di considerar­e legittimo violare le regole: Donnarumma avrebbe dovuto far segnare la squa- dra della sua città. Se non lo ha fatto, è un ingrato. Solo pochi anni fa nessuno se lo sarebbe sognato, proprio come gli ex tifosi di Pecci e Graziani (va beh, non c’erano ancora i social...) non si sognarono di considerar­e i gol subiti dagli ex beniamini (per di più esultanti) come un affronto.

Ma in fondo, perché mai un tifoso “moderno” dovrebbe rinunciare a pensare che a suo favore si possano calpestare le regole sportive se il gigante Buffon – da profession­ista – si comporta allo stesso modo lamentando l’ormai celebre “insensibil­ità” dell’arbitro Oliver, reo di aver fischiato a tempo scaduto contro la Juventus a Madrid un rigore che nel restante 99% dei casi non avrebbe certo destato scandalo? Insomma è il calcio moderno, il calcio del Marchese del Grillo: “Io so’ io e voi nun siete un cazzo”.

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Ansa Rosso diret to Il portiere della Juve è stato espulso dopo le proteste per il rigore concesso al Real al 93’

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