“Loro”: e il B. di Sorrentino finì tatuato su una chiappa
Le ragazze e la coca per arrivare a Lui, Berlusconi
■La corte di arrivisti vuole sbarcare a Roma e poi a Villa Certosa. Silvio compare “vestito da odalisca” Ma il “botto pop” fatica a esplodere: il Caimano reale è paradossalmente già troppo “personaggio” di suo
In esergo, il compianto Giorgio Manganelli: “Tutto documentato, tutto arbitrario”. E le condizioni d’uso: “Il riferimento a persone effettivamente esistenti e a fatti realmente accaduti è finalizzato a una loro rielaborazione e reinterpretazione in chiave strettamente artistica in quanto tale del tutto priva di intenti cronachistici”, dunque, siamo di fronte a “una creazione narrativa che fa interagire personaggi immaginari e persone reali in contesti di pura fantasia”, sicché “qualsiasi riferimento a persone, diverse da quelle espressamente individuate nel film come reali, è puramente casuale”. Però sono loro, anzi, è Loro 1, la prima parte del dittico su Silvio Berlusconi firmato da Paolo Sorrentino, da oggi nelle nostre sale (500 schermi). Dura 105 minuti e col cerone d’ordinanza, i capelli calafatati, una cadenza alla Dogui, il cumenda di Guido Nicheli, e il metamorfismo dell’a tt or e feticcio Toni Servillo Berlusconi non compare prima di un’ora e spicci, travestito da odalisca. Siamo in Sardegna, a Villa Certosa, e Veronica Lario, interpretata da Elena Sofia Ricci, non gradisce né il costume né i fiori: “Non mi ha fatto ridere neanche un po’”.
Il mastice e lo sbarco a Villa Certosa
In verità, il faccione di Silvio compare anche prima: a mo’ di tatuaggio, sopra le natiche di una escort già ginnasta. A farsela a pecorina, con l’ausilio di alcune righe di coca, è Sergio Morra, cui Riccardo Scamarcio dà strafottente e sguisciante determinazione: prostitute profferte a politici in cambio di appalti, un gioco vecchio come il mondo il suo, eppure Taranto ormai gli sta stretta, come pure alla moglie e complice Tamara (Euridice Axen). La meta è Roma, l’obiettivo è Lui, Lui Lui. Si capisce, ogni riferimento a Gianpaolo Tarantini e l’ex moglie Angela Devenuto è puramente casuale. E altrettanto casuale ravvisare nella Kira di Kasia Smutniak assonanze con Sabina Began, l’Ape Regina, nonché individuare un tot di analogie, non fosse altro che la passione per i componimenti poetici, tra l’ex ministro Santino Recchia interpretato con pe- lata ad hoc da Fabrizio Bentivoglio e l’ex ministro Sandro Bondi. Già, tutto “puramente casuale”. Il mastice è il sesso, con i proverbiali secondi fini: Santino, e non solo lui, brama Tamara; Sergio, Tamara, Kira e Santino anelano Lui Lui, che pure latita da Roma, e persino dal Baga- glino, e se ne sta recluso in Costa Smeralda, diviso tra una moglie da riconquistare e le elezioni perdute, siamo nel 2006, per 25 mila voti.
Il metodo-farfallina e il trenino dei desideri
Che fare? Pianificare, Sergio e Tamara, un abboccamento con B., passando per Kira, che sfoggia al collo una sintomatica farfallina, tenendo sulla corda Santino e, soprattutto, facendosi conoscere a “loro, quelli che contano” con un piano rigidamente cartesiano: coca per ascissa, ragazze per ordinata, e l’affitto di Villa Morena, anti- stante Villa Certosa, per cavallo di Troia. Ma Berlusconi, questo Berlusconi, chi è, meglio, com’è? Premesso che “un uomo è il risultato dei suoi sentimenti più che la somma biografica dei fatti”, per Sorrentino “Berlusconi è probabilmente il primo uomo di potere a essere un mi- stero avvicinabile”, “un simbolo”, dunque, “una proprietà comune” e “un torero”, giacché scriveva Hemingway in Festa mobile “non c’è nessuno che viva la propria vita sino in fondo, eccetto i toreri”. Ebbene, nella tran
che de vie 2006 – 2010 selezionata non mancano le incornate al torero Silvio, di cui vengono deplorati i processi, le leggi ad personam, le promesse non mantenute, i nove anni per associazione mafiosa comminati a un collaboratore ( il riferimento implicito è a Marcello Dell’Utri, che in primo grado l’ 11 dicembre 2004 venne condannato dal Tribunale di Palermo a nove anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa).
Se rimane “con il cuore e la prostata a pezzi”
Un uomo di 70 anni – affonda la sceneggiatura redatta da Sorrentino e l’abituale Umberto Contarello – “con il cuore e la prostata a pezzi”, che “vuole divertirsi, per deprimersi c’è già la moglie”, che ha familiarità con frode fiscale e falso in bilancio, che condanna “i magistrati disturbati, ci odiano” e, confida a un nipote, sogna “un mondo senza carceri”. Per ingraziarselo la corte gli prepara spettacolini con D’Alema, Lenin, Stalin e Mao che
mangiano bambini, eppure, “una comunista che condivido c’è”, ed è Natalia Ginzburg e il suo “non si dovrebbe mai metter da parte soldi, sentimenti, pensieri: perché dopo non si usano più”. Al l’appello non mancano Noemi Letizia, Mariano Apicella (Giovanni Esposito), un fantomatico Dio, così appellato perché sta sopra persino a B., la segretaria Marinella (Michela Cescon), il tuttofare Paolo Spagnolo ( Dario Cantarelli). Non latitano Mi- ke Bongiorno (Ugo Pagliai), un simil Stefano Ricucci (Ricky Memphis) ribattezzato Riccardo Pasta, un campione di calcio che Silvio vorrebbe portare al Milan, né il carnaio, ovvero le 28 ( non) vergini che Sergio Morra gli sbatterà in faccia, eppure, manca qualcosa. Il controllo dell’immagine è meno ferreo che ne La gran
de bellezza, i dialoghi meno originali che in The Young
Pope, soprattutto, non si scatena la reazione tra stile pop e personaggio politico che guadagnò al Divo un inedito e avvincente Andreotti. Ser- villo fa il suo e più del suo, per mimesi e antifrasi insieme, eppure Loro 1 non si libera, almeno non del tutto, da un complesso d’inferiorità poetica, e dunque ideologica, rispetto al personaggio larger
than life che ha scelto per protagonista. Che poi il focus, dice Sorrentino, sono “alcuni italiani, nuovi e antichi al contempo, anime di un purgatorio” che ruotano intorno a “una sorta di paradiso in carne e ossa”, Berlusconi stesso: problema, all’uno e agli altri difetta l’empatia necessaria alla nostra immedesimazione, e un film pop(olare) freddo, come pure una caccia al tesoro anodina, è già una contraddizione in termini.
Un’altra “bellezza” e il “brillante” che manca
Scansata la copia conforme de La grande bellezza, approcciato, ma senza eguagliarne il radicale nichilismo, lo spreco edonista del s up e rb o Spring Breakers
(2012) di Harmony Korine,
Loro 1 denuncia fin troppo chiaramente il perché non abbia trovato posto a Cannes: non c’entrano i supposti timori del festival per ripercussioni legali, né una resa cinematografica forse meno brillante del previsto, ma crediamo una rappresentazione delle donne poco edificante, lontana anni luce da quell’ empowerment femminile che oramai è una calda raccomandazione, se non una tacita prescrizione. In tempi di # metoo e Time’s Up, e con presidente di giuria sulla Croisette una pasio
naria quale Cate Blanchett, un peccato mortale. Anzi, un divieto d’accesso.
Berlusconi “troppo” La pellicola non si libera di un complesso di inferiorità rispetto al soggetto-protagonista
“Vietato” a Cannes Un universo femminile poco edificante: in tempo di #metoo è quasi peccato mortale