Tabucchi e gli italiani all’indietro
Le profezie a 6 anni dalla scomparsa
Antonio Tabucchi si impegnò coraggiosamente in battaglie su temi controversi. Ma i suoi scritti politici s’intrecciano con un’etica dalla letteratura animata da un profondo impegno civile. La sua presenza sulla scena pubblica va letta in controluce sulle modalità con cui l’attualità può essere trasfigurata o riflessa nella pagina narrativa. Ricor- do qui, per la singolarità dell’impianto, gli interventi raccolti ne L’oca al passo (2006). Più del sottotitolo, Notizie dal buio che stiamo attraversando, è importante la struttura del libro, secondo un percorso circolare come nel “gioco dell’oca”, un tempo popolare in Italia, dove si avanza o si arretra, tirando i dadi, a seconda di quel che si trova nelle singole caselle.
Un gioco dove si gira in tondo, e vince chi ha più fortuna. Ma il titolo, L’oca al passo, allude anche al “passo dell’oca”, di casa in Italia durante il fascismo, e dunque al “fantasma del fascismo eterno” che Pasolini denunciava come un vizio insanabile della società italiana. L’oca al passo è l’italiano che, nella spirale del gioco dell’oca, non solo non riesce ad avanzare ma va indietro, ricadendo, forse senza saperlo, in una qualche forma di fascismo mascherato.
SULLA COPERTINA de L’oca al passo, però, il tuffo nel vuoto di Yves Klein ricorda la poetica del vuoto di quell’artista, da contrapporsi ai rituali della società e del mercato. Klein appare congelato in volo, nell’atto impossibile di fotografare se stesso mentre sta per sfracellarsi sull’asfalto; ma rispetto alla disperazione che pervade ogni pagina del libro la sua copertina dichiara una vocazione al suicidio: non di Tabucchi, ma dell’Italia. Questo libro iper-italiano ha dunque una copertina francese; eppure incrocia, come spesso in Tabucchi, una sua pagina tutta portoghese: “Il vuoto è un’ attrazione principe per gli spiriti in fuga”, e “la vocazione elettiva di Lisbona è il salto”. “Questa bellissima città mette a disposizione del volenteroso una gamma di salti come nessun’altra città europea. E il luogo indiscutibilmente più consono al salto è il Cristo-Re sulla riva del Tago. Quel Cristo è l’immagine di un plongeur, le sue braccia sono spalancate su un trampolino dal quale è pronto a buttarsi”.
Caratteristica dei grandi scrittori, per Tabucchi, è capire poco del proprio tempo, elaborare una “comprensione ritardata” o “anticipata”. Forse perché hanno sbagliato secolo. Henry James meritava di nascere dopo, in pieno Novecento,
Gadda si sarebbe sentito a suo agio un secolo prima. Eppure la“comprensione ritardata” di Gadda innesca, co mela“comprensione anticipata” di Pasolini, unenorme potenziale creativo.
È inquietante, perché infonde nel lettore l’inquietudine dello scrittore. È sovversiva, perché trasmette il contagio del dubbio, scuote le certezze, interroga le emozioni. Gadda, dice Tabucchi, indirizzava a se stesso invettive senza fine, perché la sua “comprensione ritardata” non riusciva a perdonarsela. Ma senza tale inquietudine non avremmo La cognizione del do
lore. Lo scrittore (Pasolini, Gadda o Tabucchi) è il capro espiatorio della storia, ne porta il peso. Si mette sull’altare sacrificale, e dona ai lettori la propria inquietudine. Parlando di Gadda, Antonio Tabucchi parlava di sé.
Ma la missione dello scrittore sarebbe compiuta se riuscisse a trasmettere ai lettori la propria inquietudine, trasformando la “mag- gioranza silenziosa” in una “maggioranza pericolosa”.
È IL TITOLO di un articolo di Tabucchi sull’Unità, il giornale fondato da Gramsci e chiuso da Renzi (un’istruttiva storia italiana): Tabucchi vi proponeva un ideale di scrittore come interprete delle inquietudini del suo tempo, a cui spetta la missione impossibile di raccogliere sotto un solo sguardo i problemi del presente, l’eredità del passato, un progetto di futuro. Ma lo scrittore non ha risposte da offrire.
Può, come davanti a un mosaico, leggere il disegno dell’insieme pur riconoscendo in ogni tessera una qualche domanda. Può tradurre in racconto quelle domande, sotto il segno di u n’inquietudine interiore che rispecchia quella del nostro tempo: e può suggerire, con un dispositivo narrativo di personaggi, situazioni, trame, che tutte quelle domande vanno lette insieme.
Compongono un dubbio di fondo sulla forma della società, sul futuro dell’Europa, sulle regole della politica, sul rapporto fra etica e responsabilità.
PERCIÒ I PERSONAGGI dei racconti di Tabucchi e i politici di cui scrive sono ugualmente funzionali al suo progetto di usare la letteratura per interpellare le coscienze. Nell’Oca al pas
so, egli scrive che “i personaggi che abitano questo libro sono tutti chiamati con nome e cognome. Ma, a loro modo, essi sono portatori di letteratura, perché incarnano caratteri, interpretano ruoli immutabili, sono attori di se stessi, si tramandano la maschera da tempi immemorabili”. Vero. Ma è vero anche il contrario: i personaggi fittizi inventati da Tabucchi agiscono sullo stesso gran teatro del mondo, indossano le stesse maschere. Sono, a loro modo, perfino più veri delle persone in carne e ossa.
Perché tempo e spazio per Tabucchi si intrecciano con ritmo incalzante. Il tempo lineare fa posto a un tempo frammentato (a un mosaico). E, anche se per nostra sfortuna egli non c’è più, le sue parole più severe sono rivolte anche al nostro tempo. Crescono anzi di vigore. Ci riguardano da vicino.