La Finlandia non avrà il reddito di cittadinanza
L’esperimento continua, ma il governo (di destra) lo boccerà: vuole vincoli come i 5 Stelle...
La
Finlandia non è l’Italia: il suo reddito di cittadinanza è soltanto un esperimento per 2000 persone, mentre il Reddito di inclusione italiano ne copre già quasi 900 mila e quello proposto dal Movimento 5 Stelle punta a oltre 8 milioni. Ma la notizia lanciata da Business Insider Nordic, cioè che Helsinki “sta uccidendo il suo famoso esperimento di reddito minimo” sta facendo discutere per le sue possibili implicazioni in Italia.
È VERA, ma solo in parte. Il reddito di cittadinanza finlandese è un esperimento di due anni lanciato nel 2017 da un governo conservatore con lo scopo di favorire l’occupazione (i disoccupati sono l’8,5 per cento): 560 euro al mese per 2000 persone sorteggiate tra i disoccupati tra i 25 e i 58 anni senza chiedere impegni particolari in cambio. Un gruppo di controllo con caratteristiche simili, ma senza sussidio, viene monitorato per studiare le differenze. I 560 euro possono sommarsi a eventuali benefici di disoccupazione ulteriori a cui ha diritto il partecipante e ai redditi da lavoro che riesce a cumulare. Lo scopo è capire se si può semplificare il sistema di welfare e se dare un reddito minimo aiuta a trovare lavoro più in fretta (perché, per esempio, si accettano anche offerte che verrebbero rifiutate se il basso salario offerto fosse l’unica fonte di reddito).
L’OCSE, IL CENTRO di ricerca dei Paesi industrializzati, in una prima analisi si è detto molto critico. È vero che oggi il welfare finlandese è frammentato tra più di 40 interventi diversi, ma questa struttura permette di concentrare gli interventi su chi ne ha più bisogno. Con il reddito minimo che invece è uguale per tutti, a parità di risorse investite ci sarebbero 150 mila nuovi poveri, tra questi 50 mila pensionati e 30 mila bambini, la disuguaglianza aumenterebbe. Per evitare questi effetti servirebbe un aumento dell’imposta sul reddito del 30 per cento, non politicamente sostenibile. Per questo l’Ocse suggerisce di abbandonare questa via e mutuare il modello inglese del credito di imposta universale come sostituto dell’attuale sistema di sussidi mirati.
Il governo ha già deciso di intraprendere questa via in dicembre, quando ha riformato i benefici per la disoccupazione introducendo vincoli più stringenti, secondo una tendenza europea che sta rafforzando la “condizionalità” abbinata ai sussidi. Per evitare decurtazioni del sussidio di disoccupazione bisogna dimostrare di aver lavorato almeno 18 ore negli ultimi 65 giorni o aver guadagnato 240 euro oppure di essere impegnati in attività di formazione nei centri per l’impiego. È il passaggio dall’idea di un reddito di cittadinanza al modello del “reddito minimo condizionato” che è di fatto quello proposto dai Cinque Stelle.
DUE LE LEZIONI per l’Italia: prima di fare grandi riforme meglio testarle con piccoli esperimenti. E visto che il reddito di cittadinanza deve sostituire altri sussidi, invece che aggiungersi, è meglio valutare prima l’impatto netto anziché dispiacersene dopo. Mentre, finora, questo tema non è stato discusso.