Debora, il futuro del Pd e quella macchia renziana
Ognuno ha i suoi modi per elaborare una sconfitta. Il Pd ne ha due. Il primo è frignare, portare via il pallone e sperare che quelli che giocano ancora muoiano tutti. Il secondo è inventare nomi a caso. Matteo Richetti ha creato la corrente “Harambee ”, un incitamento che in Kenya sta per “Oh, issa!”. Secondo Richetti, con un nome così, ci sarà la ressa per votare Pd. C’è poi l’associazione Towandadem, che non è una tribù di tardivi nativi americani, ma il grido di battaglia dell’ex senatrice Francesca Puglisi. Towanda fa riferimento alla protagonista di Pomodori verdi fritti alla fermata del treno, “vendicatrice degli oppressori”. L’attrice è quella stessa Kathy Bates famosa per il ruolo, assai rassicurante, della fan violenta di Misery non deve morire: quel che si dice la testimonial giusta. Per la Puglisi il Pd “deve ripartire dalle donne”. Be’, dipende: se la donna è Nilde Iotti okay, se la donna è una Boschi votala tu. E non è colpa mia se le “politiche” renziane son troppo spesso improponibili. La Puglisi ha fatto tre nomi come nuove segretarie Pd. Il primo nome è la Mogherini, che come Lady Pesc (?) in effetti non ha sfigurato. Il secondo è la Pinotti, e qui vien da ridere. Il terzo nome è quello della Serracchiani. Oh, ecco: Debora Serracchiani. Secondo la Puglisi, il Pd dovrebbe ripartire da una che come presidente del Friuli Venezia Giulia ha generato una disillusione tale che domenica prossima Fedriga vincerà con agio e in ciabatte. Che bella idea. Si dirà: la Serracchiani è molto più brava di Renzi. Certo che lo è, ma quello vale per chiunque.
SAREBBE COME PRENDEREcome metro di paragone Povia nella musica per poi dire: “Il Volo non è male, è meglio di Povia”. Sai che sforzo. Molti pidini aggiungono: “La Serracchiani è alternativa a Renzi e ha pagato la sua opposizione all’ex segretario”. Certo, come no. La Serracchiani, finché le è convenuto, è stata più renziana di Renzi. Nel 2014 era potentissima, in politica come in tivù. Non aveva pietà alcuna di critici e oppositori. Null’altro che una Genny Migliore più minuta, ma anche politicamente ben più “efferata”. C’è stato un tempo (marzo 2009) in cui alla finta tenera Debora bastò un bel discorsetto contro i dirigenti dell’epoca per assurgere a “Obama italiana”( sic) e“Amélie Poulan della politica” ( ciao core). Con quel discorsetto ha vissuto di rendita per un po’, facendo il pieno di preferenze alle Europee 2009. Teneva anche un blog sul Fatto. Divenuta potente, si è rivelata poi identica se non peggiore a quei dirigenti che sembrava criticare. Il suo appoggio convinto al renzismo, che fingeva di osteggiare quando ebbe pure lei la fase civatiana, le ha regalato un crollo di consensi e credibilità tanto repentino quanto meritato. Nel maggio 2017 si è raccontata a Vanity Fair: “Per la prima volta arrivo a dire che la politica non è tutta la mia vita, e questo mi fa stare meglio con me stessa e con gli altri”. Nel dicembre 2016 aveva abbandonato piangendo l’aula del Consiglio regionale. “Un giorno, dopo 24 anni insieme (mio marito) mi ha comunicato che se ne andava, che non mi amava più e che si era innamorato di un’altra. Non è stato facile per me, ero sconvolta, anche perché non avevo avuto da lui alcun segnale di crisi, o forse ero io troppo assorbita per accorgermene”.
Questa esperienza l’ha senz’altro cambiata. Forse l’ha fatta persino tornare in sintonia con la sua parte ribelle. Glielo auguriamo. Poiché però persona molto intelligente, i suoi anni da fiancheggiatrice renziana restano tra i più colpevoli, deprimenti e imperdonabili nella storia della Seconda Repubblica.