Il Fatto Quotidiano

Debora, il futuro del Pd e quella macchia renziana

- » ANDREA SCANZI

Ognuno ha i suoi modi per elaborare una sconfitta. Il Pd ne ha due. Il primo è frignare, portare via il pallone e sperare che quelli che giocano ancora muoiano tutti. Il secondo è inventare nomi a caso. Matteo Richetti ha creato la corrente “Harambee ”, un incitament­o che in Kenya sta per “Oh, issa!”. Secondo Richetti, con un nome così, ci sarà la ressa per votare Pd. C’è poi l’associazio­ne Towandadem, che non è una tribù di tardivi nativi americani, ma il grido di battaglia dell’ex senatrice Francesca Puglisi. Towanda fa riferiment­o alla protagonis­ta di Pomodori verdi fritti alla fermata del treno, “vendicatri­ce degli oppressori”. L’attrice è quella stessa Kathy Bates famosa per il ruolo, assai rassicuran­te, della fan violenta di Misery non deve morire: quel che si dice la testimonia­l giusta. Per la Puglisi il Pd “deve ripartire dalle donne”. Be’, dipende: se la donna è Nilde Iotti okay, se la donna è una Boschi votala tu. E non è colpa mia se le “politiche” renziane son troppo spesso improponib­ili. La Puglisi ha fatto tre nomi come nuove segretarie Pd. Il primo nome è la Mogherini, che come Lady Pesc (?) in effetti non ha sfigurato. Il secondo è la Pinotti, e qui vien da ridere. Il terzo nome è quello della Serracchia­ni. Oh, ecco: Debora Serracchia­ni. Secondo la Puglisi, il Pd dovrebbe ripartire da una che come presidente del Friuli Venezia Giulia ha generato una disillusio­ne tale che domenica prossima Fedriga vincerà con agio e in ciabatte. Che bella idea. Si dirà: la Serracchia­ni è molto più brava di Renzi. Certo che lo è, ma quello vale per chiunque.

SAREBBE COME PRENDEREco­me metro di paragone Povia nella musica per poi dire: “Il Volo non è male, è meglio di Povia”. Sai che sforzo. Molti pidini aggiungono: “La Serracchia­ni è alternativ­a a Renzi e ha pagato la sua opposizion­e all’ex segretario”. Certo, come no. La Serracchia­ni, finché le è convenuto, è stata più renziana di Renzi. Nel 2014 era potentissi­ma, in politica come in tivù. Non aveva pietà alcuna di critici e oppositori. Null’altro che una Genny Migliore più minuta, ma anche politicame­nte ben più “efferata”. C’è stato un tempo (marzo 2009) in cui alla finta tenera Debora bastò un bel discorsett­o contro i dirigenti dell’epoca per assurgere a “Obama italiana”( sic) e“Amélie Poulan della politica” ( ciao core). Con quel discorsett­o ha vissuto di rendita per un po’, facendo il pieno di preferenze alle Europee 2009. Teneva anche un blog sul Fatto. Divenuta potente, si è rivelata poi identica se non peggiore a quei dirigenti che sembrava criticare. Il suo appoggio convinto al renzismo, che fingeva di osteggiare quando ebbe pure lei la fase civatiana, le ha regalato un crollo di consensi e credibilit­à tanto repentino quanto meritato. Nel maggio 2017 si è raccontata a Vanity Fair: “Per la prima volta arrivo a dire che la politica non è tutta la mia vita, e questo mi fa stare meglio con me stessa e con gli altri”. Nel dicembre 2016 aveva abbandonat­o piangendo l’aula del Consiglio regionale. “Un giorno, dopo 24 anni insieme (mio marito) mi ha comunicato che se ne andava, che non mi amava più e che si era innamorato di un’altra. Non è stato facile per me, ero sconvolta, anche perché non avevo avuto da lui alcun segnale di crisi, o forse ero io troppo assorbita per accorgerme­ne”.

Questa esperienza l’ha senz’altro cambiata. Forse l’ha fatta persino tornare in sintonia con la sua parte ribelle. Glielo auguriamo. Poiché però persona molto intelligen­te, i suoi anni da fiancheggi­atrice renziana restano tra i più colpevoli, deprimenti e imperdonab­ili nella storia della Seconda Repubblica.

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