LA RASSEGNA C’è aria ( jazz) nuova al Festival di Torino
Il direttore Giorgio Li Calzi punta su nomi non “scontati”: “Bisogna rischiare, basta paure”
SOTTO LA MOLE
Il Torino Jazz Festival è partito ieri e prosegue fino al 30 aprile. Tra gli ospiti internazionali Archie Sheep e Melanie De Biasio l pubblico è molto più vivo di quello che noi organizzatori ‘rincoglioniti’ pensiamo e vogliamo sempre ricreare”. È molto diretto Giorgio Li Calzi, da quest’anno direttore artistico del Torino Jazz Festival ( www.torinojazzfestival.it), parlando di quella sensazione che si ha dando uno sguardo ai programmi delle rassegne concertistiche in Italia, monopolizzate quasi sempre dagli stessi grandi nomi. La rassegna del capoluogo piemontese – iniziata ieri, prosegue fino al 30 aprile – porta aria nuova, ospitando diversi nomi che si ha meno occasione di ascoltare nella penisola, come Archie Sheep, Melanie De Biasio o Carla Bley. “Certo – ammette Li Calzi – c’è anche una generale pigrizia culturale, la stessa che ci spinge a comprare libri sempre della stessa grande casa editrice, o a entusiasmarci per quel regista o quel musicista che da trent’anni non fanno altro che ripetersi. Proporre un personaggio più mediatico fa pubblico, ma noi organizzatori dobbiamo smettere di aver paura di non ottenere il tutto esaurito, è una paura un po’ infondata, se sei una persona competente accanto a un nome importante riesci a mettere quegli artisti che fanno la differenza, nomi nuovi, musicisti giovani, e combinando le due cose il pubblico cresce davvero”. Quel pubblico che altrimenti tende ad addormentarsi sempre più. Ma che tipo di ascolto vuole avere chi gestisce un festival jazz? “È vero che i nomi italiani che girano sempre nei festival sono quelli di artisti senz’altro stratosferici, ma quest’anno non li ho chiamati a Torino – magari lo farò i prossimi anni, per questa edizione comunque abbiamo Fabrizio Bosso – perché esiste un mondo ulteriore e incredibile che desidero far conoscere maggiormente. Ho un’esperienza di nove anni alla guida di un piccolo festival a Chamois (Valle d’Aosta) e in questi anni il pubblico è cresciuto in maniera pazzesca dal punto di vista musicale: persone comuni, senza particolare dimestichezza con la musica, dopo un concerto che ritenevo ‘difficile’ e viceversa ha avuto successo, mi hanno stupito chiedendomi addirittura programmi più sperimentali”.
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