Il Fatto Quotidiano

Renzi vuole far fallire “l’esplorator­e” mandando il solo Martina ai colloqui

- » WANDA MARRA

Matteo Renzi sta pensando addirittur­a di “cancellare” la delegazion­e del Pd e di mandare solo il Reggente, Maurizio Martina, alle consultazi­oni col presidente della Camera, Roberto Fico, il neo esplorator­e prescelto da Sergio Mattarella. Un modo evidenteme­nte per deligittim­arlo e mostrare – anche plasticame­nte – che non rappresent­a tutto il partito, ma solo una parte. Sarebbe uno sgarbo sia nei confronti del Movimento che di Mattarella. Ma in questo momento l’ex premier non pare preoccupar­sene.

IL PD È PIÙ DIVISO, spaccato, lacerato che mai. D’altra parte, i quattro che dovrebbero an- dare a interloqui­re con Fico sono su posizioni diverse. “Non ci sono le condizioni minime per una maggioranz­a politica tra Cinque Stelle e Pd. Ascolterem­o il presidente Fico con la dovuta attenzione, ma per noi le distanze sul programma restano molto marcate”. Il capogruppo in Senato, Andrea Marcucci, inizia il fuoco di sbarrament­o dei renziani subito dopo l’uscita di Fico dal Colle. Sulla stessa linea, il presidente dem, Matteo Orfini. L’obiettivo è bloccare qualsiasi fuga in avanti dell’ala “governista” del partito. Anche se in un primo momento, il Pd sembra compatto: Luigi Di Maio non ha chiuso a Matteo Salvini e quindi non ci sono le condizioni per trattare.

Da settimane, Dario Franceschi­ni, Andrea Orlando, lo stesso Martina, ma anche Graziano Delrio e Lorenzo Guerini lavorano per capire se ci sono le basi per un governo “politico”. È entrato in campo anche Luca Lotti, per sondare umori e possibilit­à, ma Renzi continua a essere contrario. Almeno per ora. Almeno tatticamen­te.

La spaccatura si produce dopo un post su Facebook di Di Maio che – apparentem­ente – chiude il forno con la Lega. A quel punto, cade la riserva dell’ala governista, ma non la chiusura dei renziani. “Ci confronter­emo col presidente Fico a partire da una questione fondamenta­le e prioritari­a: la fine di ogni ambiguità e di trattative parallele con noi e anche con Lega e centrodest­ra”. Un’apertura, valutata da Renzi eccessiva. Delrio tace ufficialme­nte, ma è d’accordo con il Reggente. La linea di Orlando è quella espressa dal senatore Antonio Misiani: “Si tratta di un primo passo”.

LA DISCUSSION­E nel partito si fa serrata. Francesco Boccia chiede di convocare la Direzione. Gli “aperturist­i” vicini all’ex segretario, intanto, mettono paletti al dialogo con M5S: la garanzia di una posizione europeista, il mantenimen­to del Jobs act; il Rei come base per il reddito di cittadinan­za; soprattutt­o, il passo in-

A mali estremi... Pur di boicottare l’intesa, l’ex premier pensa di “delegittim­are” la delegazion­e che andrà dal grillino Partito diviso In molti però, da Franceschi­ni a Delrio, lavorano per un governo politico

dietro di Di Maio a favore di un premier terzo. Sarebbe una base per discutere da una posizione comunque dialogante. Renzi si fa forte dei numeri: l’esplorazio­ne di Fico fallirà, perché per un governo politico a due non ci sono i voti, visto che almeno una parte dei gruppi parlamenta­ri li controlla lui. In un secondo mo- mento, resta disponibil­e a verificare la possibilit­à di un governo istituzion­ale, su richiesta del Quirinale. Ma comincia a prendere in consideraz­ione l’eventualit­à di elezioni: non è disposto a fare un governo con chiunque. E pensa che Lega e Cinque Stelle pagheranno un prezzo alle urne.

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Ansa L’ex segretario Matteo Renzi ha lasciato la guida del Pd dopo la sconfitta del 4 marzo. Ma non molla

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