“Nessuno sarà mai come Dalla, era il migliore”
Ron fai i conti con il dopo-Lucio
Secondo Ennio Flaiano “i grandi amori si annunciano in un modo preciso, appena la vedi dici: chi è questa stronza?”. Senza arrivare sempre alla “stronza”, i grandi affetti possono partire anche da un sincero stupore, come è accaduto tanti e tanti anni fa a Rosalino Cellamare.
“Una mattina a Roma entro alla RCA con mio padre, io giovanissimo, non ancora maggiorenne. La prima persona che incontriamo è un tipo magro, vestito con la coda di leopardo ed enormi occhiali con luci intermittenti, il quale mi dice: ‘Ciao Ni’!’. Mio padre pallido, preoccupato, mi strattona, ‘andiamo via, dai andiamo via...’. Resisto. Dopo tre ore di attesa si spalanca la porta dello studio ed appare un altro tizio, visibilmente ingessato: ‘Scusate, ho appena avuto un incidente d’auto sul Raccordo Anulare’. Papà ammutolito. Da quel giorno è iniziato veramente tutto...”.
Il giovane Ron aveva appena conosciuto Renato Zero e un infortunato Lucio Dalla “arrivato alla RCA per farmi ascoltare Occhi di ragazza, la canzone che dovevo portare a Sanremo”. Da allora non si sono più persi di vista, anche oggi che “Lucio non c’è più, lui è sempre con me, e per questo motivo porto in tour le sue canzoni”.
Lei ha sempre riconosciuto a Dalla un’importanza fondamentale.
Sì, ma non solo per me, per la musica in generale: lui era e resta un fuoriclasse.
Su di lei ha influito da subito.
Grazie a Lucio non sono rimasto un semplice canterino da paesino, con lui sono entrato in un giro di artisti dai quali apprendevi anche solo con uno sguardo.
Oltre a Dalla, De Gregori, Zero, Venditti... E sono arrivate delle occasioni eccezionali e durante una fase non facile per me: era il periodo degli Anni di piombo, i cantautori erano i più richiesti, mentre io non scrivevo canzoni politiche, quindi stavo ai margini.
Anche Dalla inizialmente non scriveva testi.
Fino al 1978 ha lavorato con Roversi, poi da solo ha realizzato il brano e il disco che amo maggiormente: Come è profondo il mare.
Mentre lei...
Mi dedicavo più alla musica, mi sentivo forte ed eccezio- nale con la chitarra in mano o seduto al pianoforte, fino a quando un giorno Lucio e De Gregori sono stati espliciti nei loro pensieri: “’ Mo hai rotto, le canzoni te le scrivi da te”.
Sono passati sei anni dalla sua morte, come mai questo
tour?
È nato dopo la telefonata di Claudio Baglioni per Sanremo: ‘Devi cantare il pezzo inedito di Dalla’. Ci ho pensato tutta la notte, l’ho canticchiata tutto il tempo, e la convinzione c’è stata solo nel momento in cui l’ho sentita vicina alle mie corde.
L’ha sentita sua.
E da lì è nata l’idea di cantare le canzoni che ci hanno unito, più altre sei solamente sue.
Questi anni senza Dalla... Ho visto troppe persone approfittarsi di Lucio, quindi ho preferito restare in disparte. Aspettare.
Ha mai provato rabbia per la sua morte?
No, assolutamente. Chi lo conosceva veramente era abituato alle sue dipartite, lui era i m pr e v ed i b il e , a volte impalpabile; era in grado di organizzare una cena, alzarsi con una scusa dopo appena quindici minuti, e non tornare più a tavola. Una morte coerente. Totalmente. Torniamo alla scaletta della serata. Come dicevo, i brani di Lucio ai quali ho partecipato, più altri sei come L’ultima luna, Le rondini e Tutta la vita...
Nessuna delle sue?
Non mi piace mischiare, e poi non posso cantare Futura e poi attaccare un brano come Vorrei incontrarti tra cent’anni.
Perché?
Mi verrebbe da ridere.
Per lei nel 1992 Dalla ha
scritto “America”.
Una svolta, non tanto artistica, quanto personale: in quel periodo ero arrabbiato con me stesso, qualcosa non tornava, non mi piaceva, mentre lui era il solito, in grado di vivere con una meravigliosa leggerezza. America è la sua lettera a me, la lettera di un padre preoccupato per il figlio.
Un uomo imprevedibile. Era in grado di stare a cena con Gianni Agnelli, e subito dopo fermarsi per due ore per strada a parlare con un barbone. Ah, i viaggi in autostrada erano unici con lui...
Correva in auto?
No, non per questo: quando si fermava agli autogrill capitava, sempre, che venisse fer- mato dai fan. Lui felice. Tranquillo. Socievole. Una volta l’ho visto su un piazzale a cantare canzoni napoletane con un gruppo di signori campani in gita. Chi era Lucio Dalla?
Un uomo unico, non c’è nessuno simile. Nessuno. E non ritrovarlo negli occhi, nei gesti, nelle parole, nelle follie di alcuno, rende ancora più esplicito quanto manca. Lucio era una montagna.
(
Canta Lucio Dalla in Futura: “Il suo nome detto questa notte, mette già paura. Sarà diversa bella come una stella sarai tu in miniatura. Ma non fermarti voglio ancora baciarti, chiudi i tuoi occhi non voltarti indietro...”)
Il tour delle sue canzoni Ho visto troppe persone approfittarsi di lui, quindi sono rimasto in disparte. Ho aspettato