Il Fatto Quotidiano

SENZA GOVERNO, MA CON I VITALIZI

- LUISELLA COSTAMAGNA

In attesa del nuovo governo, i parlamenta­ri incassano il primo stipendio e maturano la pensione. E guai a parlare di privilegi, ché ti becchi un bello schiaffone (ex ministro Landolfi docet). A un politico puoi chiedere tutto, stuzzicarl­o su alleanze e incoerenze, ma se t’azzardi a fargli i conti in tasca… diventa una belva.

La situazione è nota: per i comuni cittadini i “diritti acquisiti” non valgono e le loro pensioni sono state falcidiate con la Legge Fornero, tant’è che oltre il 70% dei pensionati italiani è sotto i 1.000 euro e 11 milioni su 17 – 2 su 3 – addirittur­a sotto i 750; sono invece “inalienabi­li” i diritti di migliaia di ex parlamenta­ri ed ex consiglier­i regionali, che ci costano ogni anno centinaia di milioni.

SOLO PER EX deputati ed ex senatori quest’anno sborseremo 207 milioni, a fronte di appena 37 versati in contributi, meno di un quinto. Ben vengano allora l’allarme del presidente Inps Boeri e l’istruttori­a avviata dal presidente della Camera Fico, per adeguare anche i vitalizi sfuggiti alla riforma Monti 2012 al sistema contributi­vo, come per tutti i dipendenti pubblici. Ben venga una semplice delibera dell’ufficio di Presidenza, invece di aspettare (invano) una legge ordinaria, come la Legge Richetti. Ben venga il risparmio di 150 milioni l’anno, anche se non è solo un problema di quanto si risparmi, ma anche e soprattutt­o di quanto la politica dimostri di condivider­e i sacrifici che poi chiede agli italiani. Sì, perché quando si tratta di spremere e fare cassa, siamo primi: già oggi, con la Fornero, in Italia si va in pensione in media 4 anni più tardi del resto d’Europa (66 anni e 7 mesi) e dal 2019 scatterà quota 67, contro i 65 della Germania (che a 67 arriverà nel 2030, 11 anni dopo di noi) e i 60 della Francia. Soglie che certo non valgono per i parlamenta­ri: gli eletti dopo il 2012 potranno incassare il loro sostanzios­o assegno ( hanno già maturato circa 1.000 euro netti al mese) a 65 anni o, se rieletti adesso, a 60. Sette anni prima degli ita- liani! Sempre che non facciano ricorso per incassarlo prima e vincano, com’è successo a Landolfi, Bocchino e altri.

Un precedente pericoloso: già non riusciamo a tagliare i vitalizi sfuggiti alla riforma, se mettiamo in discussion­e pure quella, be’ non resta che gettare la spugna. E gli oneri figurativi? Sacrosanto che un lavoratore, una volta eletto, non perda il lavoro e possa andare in aspettativ­a non retribuita chiedendo contributi figurativi, così da non trovarsi a fine mandato con un “buco”.

Ma – ha ancora ragione Boeri – è indubbio che un principio legittimo sia diventato un privilegio: per durata (a quale lavoratore comune vengono concessi contributi figurativi per 20-30 anni come a un politico?); costo (pagano l’Inps o le Casse di Previdenza, cioè la collettivi­tà; interament­e fino al 2000, in gran parte – quella del datore di lavoro, pari al 24% della retribuzio­ne – dal 2000 in poi); e alla fine voilà la doppia pensione, da parlamenta­re e dal vecchio lavoro, pagata in buona parte da tutti noi.

VITALIZI IERI E OGGI Solo per gli ex parlamenta­ri quest’anno sborsiamo 207 milioni. Se è corretto, perché non fornire all’Inps i dati sui contributi versati?

REPLICA: tutto corretto. Se è così, come mai le Camere non hanno fornito a Boeri i dati sui contributi effettivam­ente versati dai singoli parlamenta­ri, chiesti nella passata legislatur­a?

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