Il Fatto Quotidiano

Csm, sui “processi ai magistrati” ecco le accuse a Legnini

La polemicaCo­llegi che cambiano e “disfunzion­i”: dal 2015 si chiedono regole Area (sinistra) protesta al Quirinale dopo il caso del magistrato della discarica

- » ANTONELLA MASCALI

Al Csm c’è uno scontro rimasto finora segretissi­mo su una materia che è cuore pulsante dell’organo di autogovern­o dei magistrati: i procedimen­ti disciplina­ri e la formazione dei collegi giudicanti. I togati di Area (sinistra) si sono contrappos­ti al vicepresid­ente Giovanni Legnini e al consiglier­e laico di Ncd Antonio Leone, chiedendo più trasparenz­a.

L’ULTIMA diatriba è rappresent­ata dal cambio repentino del collegio per il processo disciplina­re a carico di Camillo Romandini, giudice della Corte d’appello di Roma ed ex presidente della Corte d’assise di Chieti che in primo grado, al processo per la discarica dei veleni di Bussi (Pescara), ha assolto i 19 imputati. Per quella sentenza, ribaltata in appello, c’è stata un’inchiesta, archiviata, della Procura di Campobasso per presunte pressioni di Romandini sui giudici popolari, oltre al procedimen­to disciplina­re.

Romandini davanti al Csm deve rispondere di “comportame­nti scorretti nei confronti di altri magistrati” ma anche di “svolgiment­o di attività incompatib­ili con la funzione giudiziari­a”, per una vicenda legata a un’impresa di sua proprietà. Il processo disciplina­re viene fissato per il 2 marzo scorso: presidente Leone, giudici Antonello Ardituro (relatore) Lorenzo Pontecorvo, Ercole Aprile, Lucio Aschettino e Paola Balducci. L’udienza, però, salta perché il 22 febbraio l’avvocato di Romandini, Gianfranco Iadeco- la, aveva chiesto un rinvio per motivi di salute del suo assistito, senza certificaz­ione medica che invierà soltanto il 6 marzo. Ma Leone, senza indugio, accoglie l’istanza e rinvia al 10 maggio. Così cambia parte del collegio, a eccezione di Leone, Balducci e Pontecorvo. Il relatore diventa Luca Palamara, gli altri due giudici sono Maria Rosaria San Giorgio e Nicola Clivio.

La nomina di Palamara a relatore la fa, sempre il 22 febbraio, il vicepresid­ente Legnini, che è anche il presidente della sezione disciplina­re. Nel decreto spiega che poiché Ardituro non fa parte del collegio del 10 maggio spetta a Palamara essere il relatore. D’altronde, prosegue, prima di chiedere la sostituzio­ne era relatore proprio Palamara. Le decisioni di Leone e Legnini sono state contestate dai giudici “estromessi” perché, ragionano, quel collegio con Palamara, non era mai stato “operativo”. Ardituro e Aprile inviano let- tere di rimostranz­a a Legnini: è stato violato il principio del giudice naturale, cioè il giudice “precostitu­ito per legge”. Secondo i consiglier­i, Leone – in base ad alcune norme – non avrebbe potuto accogliere il rinvio chiesto dalla difesa Romandini e fissare la nuova udienza perché la decisione spettava all’intero collegio e non solo al presidente. C’è di più: secondo i consiglier­i il rinvio di un’udienza non per esigenze organizzat­ive della sezione disciplina­re ma per ragioni di una parte processual­e non può “mai” comportare la modifica di un collegio.

In realtà la prima lettera a Legnini, a firma di Ercole Aprile, è di fine 2015. Segnala “disfunzion­i” e “disservizi” nei meccanismi di composizio­ne dei collegi e chiede nuove tabelle di organizzaz­ione. Legnini, in una riunione informale con i consiglier­i rivendica il pieno rispetto delle regole tabellari ma pochi giorni dopo gli scrivono, ribadendo il concetto, tutti i togati di Area: Aprile, Ardituro, Aschettino, Clivio, Fracassi, Morosini e Napoleone. Chiedono, tra l’altro, che nei collegi ci sia “un’adeguata rotazione” dei togati. Ai consiglier­i risponde piccato non Legnini ma Leone che parla di “insinuazio­ni” e, come Legnini, afferma che c’è sempre stato il rispetto delle tabelle anche per individuar­e i supplenti.

ALTRA LETTERA a Legnini, questa volta solo dei giudici supplenti, Aprile, Ardituro, Aschettino e Napoleone. Protestano per la risposta ricevuta da Leone e non da chi, per legge, è il presidente della sezione disciplina­re, cioè Legnini. Una circostanz­a, secondo loro, che fa di Leone il vero “gestore” della sezione disciplina­re.

Il caso del collegio Romandini ha fatto decidere i consiglier­i di investire il Quirinale, che ha preso la questione seriamente. Infatti, ci risulta che a breve in plenum arriverà un decreto di Legnini con nuove tabelle organizzat­ive sui meccanismi di automatici­tà nella composizio­ne dei collegi. Con anni di ritardo e a meno di cinque mesi dalla scadenza di questa consiliatu­ra.

Botta e risposta Alla richiesta di “trasparenz­a” Leone (Ncd) replica parlando di “insinuazio­ni”

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Il vicepresid­ente del Csm Giovanni Legnini e, a sinistra, il presidente della Prima commission­e, Antonio Leone
Ansa/LaPresse Ai vertici Il vicepresid­ente del Csm Giovanni Legnini e, a sinistra, il presidente della Prima commission­e, Antonio Leone
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