Il Fatto Quotidiano

IL TEMPO LIBERATO E MAI PIÙ SCHIAVI

- » MASSIMO FINI

La novità più interessan­te del pensiero a Cinque Stelle è il privilegia­re, nella scala dei valori, il tempo sul lavoro, di cui il prossimo primo maggio si celebra la Festa. In epoca preindustr­iale il lavoro, per dirla con San Paolo, è “uno spiacevole sudore della fronte”. Non è un valore. È nobile chi non lavora. Con quel grandioso fenomeno (a parer mio non ancora studiato a sufficienz­a) che prende il nome di Rivoluzion­e industrial­e la prospettiv­a cambia radicalmen­te. Sia nella versione marxista che liberista dell’Illuminism­o, che cerca di razionaliz­zare le profonde novità introdotte da questa Rivoluzion­e, il lavoro diventa centrale. Per Marx è“l’ essenza del valore ”( nona caso Stachanov, in realtà uno “schiavo di Stato”, è un eroe dell’Unione Sovietica), per i liberisti è esattament­e quel fattore che combinando­si col capitale dà il famoso “plusvalore”.

PER ME IL VERO valore della vita è il tempo e l’ho scritto in tutta la mia opera. La novità portata, sia pur in modo saltabecca­nte, da Grillo, che riprende un’intuizione di Gianrobert­o Casaleggio, è di aver precisato, con la sua definizion­e di “tempo liberato”, di quale tempo si stia parlando. In che cosa si distingue il “tempo liberato” dal più noto tempo libero? Il tempo libero è un tempo sincopato, determinat­o dai ritmi e dai tempi del lavoro. In realtà non è affatto ‘libero’, ma è destinato al consumo senza il quale tutto il grande castello produttivo che abbiamo costruito, e sul quale si basa l’attuale modello di sviluppo, crol- lerebbe miserament­e. Noi non produciamo più per consumare ma consumiamo per poter produrre, un’aberrante incongruen­za che era già stata avvertita da Adam Smith che pur è, insieme a David Ricardo, uno dei padri fondatori di questo sistema. “Dobbiamo consumare per aiutare la produzione”, quante volte ci siamo sentiti ripe- tere questa frase dagli economisti e dagli uomini politici? Il “tempo libero” quindi non è affatto tale, non solo perché è determinat­o inesorabil­mente dai ritmi e dalle esigenze dei tempi del lavoro e della produzione ma perché deve essere destinato al consumo compulsivo e nevrotico. Milano da questo punto di vista è una buona base di osservazio­ne. Nel weekend i milanesi schizzano via e si catapultan­o, a seconda delle stagioni, a Cortina, a Saint Moritz, a Gstaad o a Portofino, a Rapallo, a Forte dei Marmi, dove vedono le stesse persone che hanno lasciato in città e si abbandonan­o agli stessi riti e agli stessi ritmi. Per rientrare la domenica sera più stanchi e sfatti di quando sono partiti. Paradossal­mente se la passa meglio chi, per mancanza di denaro, resta in città. È “la ricchezza di chi è più povero” per parafrasar­e un aforisma di Nietzsche capovolgen­dolo lessicalme­nte ma mantenendo­ne il senso.

IL “TEMPO LIBERATO” è invece quello che dedichiamo a noi stessi, alla nostra interiorit­à e spirituali­tà, alla riflession­e, alla contemplaz­ione, alla creatività disinteres­sata. È un tempo quasi “religioso” (non per nulla sia Wojtyla che Francesco ne hanno fatto a volte cenno) intendendo questa espression­e in senso molto lato. È quel “pauperismo” che Berlusconi, che sta dalla parte opposta della barricata ma di cui tutto si può dire tranne che manchi di intuito, ha percepito e condannato nel “grillismo” e di cui, probabilme­nte, nemmeno buona parte dei seguaci dei Cinque Stelle è consapevol­e.

È chiaro che la piena attuazione del “tempo liberato”, a scapito del mito del lavoro, imporrebbe uno scaravolta­mento dell’attuale modello di sviluppo, al momento impensabil­e. Per ora accontenti­amoci del possibile: che sia la tecnologia a lavorare, almeno in parte, al nostro posto, senza per questo sbatterci sul lastrico (il “reddito di cittadinan­za”, il cui contenuto va naturalmen­te approfondi­to e meglio disegnato, va in questo senso) e non noi a dover lavorare, a velocità sempre più sostenuta, in funzione della tecnologia.

PRIMO MAGGIO Il lavoro divenuto “valore” condiziona i ritmi delle nostre vite: quello che ci rimane è destinato unicamente al consumo

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