“Prima il referendum, poi un contratto: anche noi dobbiamo fare la nostra parte”
Il segretario dei Giovani democratici è favorevole al dialogo con i 5Stelle
“Non chiedo che si faccia un governo coi 5 Stelle, ma almeno andiamo a vedere le loro carte”. L’ultimo segnale di fumo alla direzione del Partito democratico, che il 3 maggio si esprimerà sul confronto con il Movimento, arriva da Mattia Zunino, segretario nazionale dei Giovani democratici, l’organizzazione giovanile dei dem.
Basta con l'Aventino?
In un primo momento era giusto vedere come avrebbero gestito questa fase i vincitori delle elezioni, ma adesso, a più di 50 giorni dal voto, dobbiamo fare un discorso diverso, viste anche le sollecitazioni del Quirinale. L’Aventino “a prescindere” non è una strategia possibile.
Quindi il Pd dovrebbe dialogare con i nemici storici? Sono il primo ad avere dubbi sull’affidabilità dei 5 Stelle, ma bisogna vedere quali sono le carte sul tavolo e se c’è la possibilità di fare un confronto su un programma di governo, senza essere subalterni a loro e verificando che non stiano bluffando. Se si trova un’intesa su alcuni temi nostri, perché no?
L'idea di un contratto alla tedesca la convince?
Sì, a patto che sia davvero un contratto alla tedesca e non all’italiana.
In che senso? Per quanto stimi il mondo accademico, un accordo tra partiti deve essere soprattutto il prodotto di una contrattazione politica, il più possibile pa- ritetica, nonostante in questo caso il Movimento 5 Stelle possa godere di molto più peso in Parlamento. Altrimenti il Pd rischia di fare come ai tempi del governo Monti, quando abdicò alle proprie responsabilità politiche.
Cosa guadagnerebbe il Pd? Possiamo portare nel contratto questioni che ci stanno a cuore. Ricordo le promesse prima del voto, quando si disse per esempio che lo Ius Soli sarebbe stato un obbligo per la futura legislatura. Ma il contratto sarebbe anche un modo per stanare i 5 Stelle sulla loro democrazia interna, sul vincolo di mandato e sul contrat- to dei loro parlamentari con la Casaleggio Associati.
Non crede, come molti nel suo partito, che gli elettori abbiano deciso che il Pd debba stare all'opposizione?
È un teorema che non regge in un sistema per lo più proporzionale come il nostro. Oltretutto il Rosatellum è una legge che ha voluto il Pd. Era legittimo che Lega e 5 Stelle fossero i primi incaricati di trovare un’intesa, ma ora dobbiamo fare la nostra parte.
Non teme che la maggior parte del vostro elettorato sia contrario a un accordo con i 5 Stelle?
In queste settimane tutti cre-
Sono il primo ad avere dubbi sull’affidabilità dei 5 Stelle, ma bisogna vedere le carte. Il sistema proporzionale lo abbiamo voluto noi...
dono di poter interpretare il pensiero della base del nostro partito, ma in realtà l’unico modo per verificare davvero cosa ne pensano gli elettori è fare un referendum sul contratto, proprio come accaduto in Germania. Può anche darsi che lo boccino: a quel punto ne prenderemmo atto e probabilmente torne- remmo a votare, dato che non vedo margini per altri tipi di governo.
Molti militanti del Pd rivendicano una forte diversità con il Movimento. In rete hanno anche lanciato l'hashtag #senzadime.
Sul piano personale posso capire che ci siano diversi elettori che non vogliono accordi con i 5 Stelle, perché negli ultimi anni ce ne siamo dette di tutte i colori. Ma dal punto di vista politico - purtroppo o per fortuna - non funziona così, sarebbe un atteggiamento infantile. Magari un giorno dirò anche io “senza di me”, ma prima voglio vedere che cosa si può fare.
Come segretario dei Gd lei fa parte della direzione del Pd. Sarà questa la sua linea nell'appuntamento del 3 maggio?
Esprimerò il voto dopo essermi consultato con i ragazzi dell’organizzazione. Lo farò sul merito: non sono favorevole o contrario a prescindere all’accordo con i 5 Stelle. Un governo non lo si fa in nome della responsabilità, ma solo se c’è la convinzione che si possa realizzare un buon programma.