Fs-Anas, dopo le nozze la causa “in famiglia”
Le Ferrovie chiedono alla società delle strade 1,2 miliardi. Deciderà il giudice civile
Un’azienda che fa causa a se stessa e si autotrascina in tribunale è roba mai vista: inutile sfogliare, non si trova niente di simile negli annali della giurisprudenza. Perché un’assurdità del genere diventasse cosa vera ci voleva il matrimonio tra Fs e Anas che di per sé è già una bella stravaganza, infilando a forza sotto lo stesso cappello, strade e treni, che ovunque si contendono il mercato, cioè i viaggiatori. Le conseguenze sgradevoli di quell'unione sbilenca, su cui oltretutto pesa la mancata svalutazione contabile del patrimonio Anas non ammortizzabile del valore di 2 miliardi di euro, si sono già in parte manifestate con il dimezzamento degli utili pagati quest'anno dalle Fs all'azionista Tesoro: 150 milioni di euro invece dei 300 nel 2017. E non è tutto, per- ché il peggio dal punto di vista dei bilanci è previsto per il 2019.
Dopo essere diventate un'unica entità societaria all'inizio di quest'anno, l'azienda statale dei binari e quella statale dell'asfalto, ora si ritrovano l'una contro l'altra armate davanti a un giudice. Non per divorziare: a lasciarsi non ci pensano un secondo e sarebbe sorprendente il contrario dal momento che i capi delle due aziende, gli amministratori Renato Mazzoncini delle Fs e Gianni Armani di Anas, hanno brigato tanto per abbracciarsi e per poter così restare entrambi comodamente assisi sulle rispettive poltrone per altri 3 anni. Mazzoncini come amministratore della capogruppo Fs, Armani come amministratore dell'inglobata Anas.
Come al cospetto di una qualsiasi inaffidabile azienda estranea e insolvente e non di una società del perimetro di casa, le Fs di Mazzoncini pretendono dall'Anas di Armani il pagamento di un vecchio debito: roba seria, 1 miliardo e 200 milioni di euro. E come se la richiesta provenisse da un qualsiasi creditore furbo che millanta e ci prova e non dal capo della holding, l'Anas ribatte che a pagare neanche ci pensa. L'incontro-scontro è in pieno svolgimento e ci vorranno mesi per sapere che fine farà, si parla di una sentenza alla fine dell'anno del Tribunale civile di Roma scomodato per dirimere l'incestuosa controversia. Sentiti dal Fatto, neanche i dirigenti delle due società sanno bene come potrà essere tradotto in termini contabili e di bilancio il giudizio del tribunale, dicono che si porranno la questione al momento opportuno. Così come non è chiaro se il miliardo e passa conteso faccia parte dello stock di 9miliardi di contenzioso che l'Anas ha accumulato con decine di imprese oppure no.
La storia inizia 16 anni fa, ma si acutizza trasformandosi in controversia legale proprio nei mesi in cui i due amministratori Mazzoncini e Armani stavano cinguettando per infiocchettare il matrimonio. Tutto parte nel 2002 con le Fs che vogliono costruire l'Alta velocità anche tra Milano e Torino. Insieme ai binari ci sono da fare tante opere annesse, strade, svincoli, cavalcavia, raccordi, insomma lavori che riguardano Anas e ministero dei Trasporti e eventualmente Satap, la società dei Gavio per l'autostrada Torino-Milano che corre parallela alla ferrovia. Paga tutto e subito Rfi, la società che gestisce la rete ferroviaria, dopo aver sottoscritto – dicono ora alle Fs – un “accordo di principio” in base al quale Anas e gli altri avrebbero ripianato in seguito. Ma evidentemente tutto è andato storto e dopo anni di sordina, a giugno 2016 Fs citano in giudizio Anas e Satap. Sei mesi dopo, Anas risponde per le rime: non intende sborsare un euro. Alla Satap dei Gavio sono dello stesso avviso.