“La guerra è finita” Moon e Kim abbattono il Muro “atomico”
Il ricercatore: “Il Giappone è rimasto fuori dalle trattative”. Eppure è sotto tiro
Il documento finale seguito a l l ’ i n c o n t r o t r a Kim Jong-un e Moon Jae-in rappresenta il percorso da seguire per i futuri colloqui tra le due Coree.
“Quanto leggiamo nella dichiarazione, indica come ci sono più aree grigie che punti chiaramente definiti. Tuttavia si tratta di un importante punto di partenza che stabilisce le fondamentali regole del gioco”, afferma Lorenzo Mariani, ricercatore all’Istituto Affari Internazionali (Iai) di Roma ed esperto di Cina e penisola coreana. Lo storico riavvicinamento ha importanti implicazioni geopolitiche in estremo oriente e non solo. Gli effetti si estendono a Giappone e Cina.
“C’è grande preoccupazione a Tokyo, tagliata fuori da questo processo e senza attori internazionali di cui fidarsi, se non il poco affidabile Trump, per portare avanti i propri interessi nazionali – continua Mariani – Pechino invece è quieta e soddisfatta per la realizzazione di quello che favoriva da tempo. La Cina non aveva certo bisogno di Pyongyang irrequieta né di una tensione della penisola che attirava inevitabilmente l’attenzione di Washington. Per il gigante asiatico, adesso è tempo di multilateralismo ed espansione economica”.
L’incontro tra i leader coreani facilita anche il vertice tra Donald Trump e Kim, che potrebbe tenersi entro l’estate. È pur vero, nota ancora il ricercatore, che l’incognita è tutta nelle intenzioni dell’amministrazione Usa. L’attuale consigliere per sicurezza nazionale, John Bolton, si è sempre detto favorevole al cambio di regime in Corea del Nord, anche con l’aiuto della Cina, né ha mai escluso la possibilità di un attacco preventivo contro Pyongyang.
SE SI È DETTO favorevole al dialogo, è solo per smascherare Kim, che ha suo avviso sta bluffando. Non meno ostile al dialogo con il regime nordcoreano è Mike Pompeo, fresco di nomina a Segretario di Stato e che insieme proprio a Bolton ricopre un ruolo chiave nelle strategie di sicurezza della Casa Bianca.
“Lo stesso Mike Pompeo, pur contrario alla distensione, ha visitato nei mesi scorsi la Corea del Nord”, osserva Carlo Trezza, ex ambasciatore a Seul e consigliere Iai in materia di disarmo e non proliferazione nucleare. Trezza giudica positivamente il formale impegno alla denuclearizzazione, così come l’impegno per la pace. “Da 65 anni tra le due Coree c’è solo un armistizio, che vale per giunta soltanto per il confine terrestre e non per quello marittimo”, ricor- da. Il fattore esterno si chiama accordo sul nucleare iraniano, in scadenza entro le prossime settimane.
Cosa accadrebbe se saltasse l’accordo con Teheran, come lo stesso Trump ha più volte ventilato?
“I nordcoreani potrebbero dubitare a ragion veduta di chi, preso un impegno, cambia idea. Tuttavia esistono pressioni sia della Cina che della Corea del Sud affinché questo non accada – ragiona l’ex ambasciatore – dato che la credibilità Usa è a rischio, è possibile prevedere che la parti proveranno a raggiungere un’intesa, magari iscrivendo l’accordo in un vero e proprio trattato dal valore giuridico”.
CARLO TREZZA
L’accordo in bilico fra Usa e Iran può nuocere: e Jong-un non si fida di Trump