NON SI TORNI A UN SISTEMA “CHI VINCE PIGLIA TUTTO”
La legge elettorale è la tela di Penelope della nostra politica. Un diversivo per prendere tempo, un capro espiatorio de ll’i nett itudine di chi dovrebbe almeno sentire la responsabilità di produrre una legge elettorale decente, dopo due (Porcellum e Italicum) già bocciate dalla Consulta e una (il Rosatellum) che rischia la stessa sorte perché presenta diversi problemi di costituzionalità. Ora si riparla di un governo di scopo il cui oggetto sociale sia rifare appunto la legge elettorale. Ma, attenzione, non per consentire il voto disgiunto o evitare storture come il “v ot o con la virgola” ma per via di quella formuletta da talk show che va tanto di moda: “Bisogna garantire la governabilità!”. Cosa che di solito va a scapito della rappresentanza.
L’alibi perfetto è l’impossibilità di fare un governo con un sistema a impianto sostanzialmente proporzionale (e pazienza se la Costituzione, pur non prescrivendo un sistema elettorale, è proporzionalista, come dimostrano ad esempio le maggioranze qualificate). Quindi è molto verosimile che torneranno in auge trucchetti buoni ad addomesticare il voto, come il premio di maggioranza abnorme che consenta alla “minoranza maggiore” di governare.
Certo, introducendo un sistema che privilegi così tanto la governabilità (la quale, come ha fatto notare il professor Zagrebelsky, è “un’attitudine passiva”) si noterebbero meno le deficienze di una classe politica incapace di fare il proprio mestiere (in un sistema proporzionale per formare un governo bisogna allearsi).
Le scorciatoie sono notoriamente più brevi delle strade maestre: fa specie che nell’attuale cortocircuito politico, il presidente della Repubblica sia anche il primo firmatario dell’ultima legge elettorale costituzionale che abbiamo avuto.