L’ultima arma del Colle: cambiate il Rosatellum
Monito Commentatori vicini a Mattarella avvertono: voto anticipato solo dopo norme per garantire la “governabilità” Alle Camere, però, non c’è una maggioranza sul tema
Un giornale, ha scritto molti anni fa Umberto Eco, non è altro che “il bollettino di un gruppo di potere che fa un discorso ad altri gruppi di potere”. Sentenza forse eccessivamente apodittica, ma che coglie un bel pezzo di verità. È in questo spirito, dunque, che ieri si potevano leggere due articoli ( Marzio Breda sul Corriere della Sera e Michele Ainis su Repubblica) in cui “il gruppo di potere” del Quirinale, per così dire, si rivolgeva ai “gruppi di potere” di M5S e Lega per spiegargli che senza modifiche alla legge elettorale possono scordarsi il voto anticipato (o anticipatissimo).
SE CONTINUASSE lo stallo, ha scritto il quirinalista del Corriere, Sergio Mattarella “dovrebbe rassegnarsi a sciogliere le Camere. Si può essere sicuri che non lo farà. Non è possibile votare con questa legge che produce solo ingovernabilità. Nelle attuali condizioni, cambiarla sarebbe un adempimento costituzionale (…) L’unica cosa impossibile è tornare al voto con l’attuale, pessimo Rosatellum”. “L’emergenza istituzionale” è il concetto attorno a cui ruota l’editoriale del costituzionalista Ainis su Repubblica : “Perché lo stallo sulla formazione dell’esecutivo, se dovesse protrarsi ulteriormente, avrebbe una sola via d’uscita: le elezioni. Perché a votare daccapo col Rosatellum si replicherebbe lo stallo, il verdetto senza vincitori. Perché dunque, a scongiurare il precipizio, serve quantomeno una riforma della legge elettorale, sospinta da un governo di tutti e di nessuno”.
Insomma i due autori, entrambi in ottimi rapporti con l’inquilino del Colle, ci dicono che Mattarella ha individuato l’ultima “minaccia” per impedire la corsa alle urne: fare una legge elettorale che garantisca la governabilità. Come si sa, la riforma del sistema di voto è stata croce e delizia del Parlamento italiano degli ultimi anni e non sarà certo Il Fatto a negare le storture del Rosatel- lum, tra le quali però non c’è l’incapacità di garantire la mitica governabilità: solo l’Italicum, e solo col ballottaggio nazionale alla Camera (il Senato si elegge su base regionale), avrebbe garantito una maggioranza chiara, però lo ha bocciato la Consulta e, in ogni caso, consentire a una minoranza per quanto grossa di pren- dersi tutto il Parlamento con un trucchetto elettorale non pare un’idea felice, né fedele al dettato costituzionale.
Ammesso che queste siano preoccupazioni astratte e/o poco interessanti, Mattarella ha altri problemi su questa strada: in questo Parlamento non c’è una maggioranza per fare una nuova legge elettora- le. È tanto vero che, nonostante lo abbia esplicitamente proposto Giorgia Meloni, la materia è stata volutamente esclusa da quelle di cui possono occuparsi le Commissioni speciali che a oggi garantiscono i lavori del Parlamento.
LE POSIZIONI, all’ingrosso, sono queste. Il Movimento 5 Stelle continua a rimanere ancorato alla sua proposta iniziale: un premio di maggioranza alla lista più votata che raggiunga una certa soglia di voti (l’assenza di soglia è stata già bocciata dalla Consulta per il premio del fu “Porcellum”).
La Lega e il resto del centrodestra, invece, pur a favore del
In ordine sparso M5S vuole il premio alla lista, Lega & C. alla coalizione, il Pd non pervenuto
premio di maggioranza, pretendono che venga assegnato alla lista “o alla coalizione” che prende più voti: la differenza, ovviamente, è che nel primo caso vincerebbero i 5 Stelle e nel secondo il centrodestra.
Il Pd renziano aveva approvato una legge con un premio di maggioranza monstre, ma non è più chiaro se sia su que- sta linea: è evidente che non se lo aggiudicherebbe in nessun caso e rischia, se si votasse con quel sistema, di vedersi ulteriormente ridotta la truppa parlamentare. Mettere d’accordo tre debolezze attorno a un governo potrebbe risultare persino più facile che convincerle a rifare il Rosatellum.