Il Fatto Quotidiano

“Un contratto assieme per fare fuori B.” L’offerta sottotracc­ia dei lumbard al M5S

I leghisti tratterebb­ero per il centrodest­ra, puntando a un testo indigeribi­le per FI

- » LUCA DE CAROLIS

La strada si è fatta ripida, con il Pd che a molti pare solo un richiamo verso il burrone. E nella pancia del M5S già pensano a come salvare il soldato Di Maio dal logorament­o, magari rovesciand­o il tavolo per correre verso il voto e una campagna elettorale da trincea. Nell’attesa però sotto traccia arrivano altri segnali dal forno che il capo dei 5Stelle ha dichiarato chiuso per sempre, quello della Lega.

PERCHÉ MENTRE davanti alle tv Matteo Salvini invoca elezioni già a giugno, dietro le quinte i suoi chiedono al M5S di aspettare. Ripetendo che le Regionali in Friuli Venezia Giulia potrebbero rappresen- tare la svolta per riprovarci, per tentare di costruire un governo tra Carroccio e Movimento. Un percorso con una premessa obbligata, una netta affermazio­ne nelle urne della

Lega e un ridimensio­namento di Forza Italia.

E con un secondo passaggio, un contratto di governo da scrivere assieme: tra il Carroccio, rappresent­ante formale di tutto il centrodest­ra, e il Movimento. Un testo che però sarebbe pieno di elementi indigeribi­li per Forza Italia. Compresa, forse, una legge sul conflitto di interessi. Sufficient­e per spingere Silvio Berlusconi a uscire. E a permettere a Salvini di governare assieme ai 5Stelle. È, in sintesi, quanto stanno ripetendo gli sherpa di Salvini ai dimaiani. Mentre i due leader non si sentono da giorni, come il capo del Movimento continua a far trapelare. Ma gli emissari di Salvini predicano ai dirimpetta­i buon senso e pazienza, “perché non possiamo strappare d’improvviso con Berlusconi”. Però chiedono tanto. Innanzitut­to altro tempo, “almeno 15 giorni” a sentire una fonte qualificat­a.

MA SOPRATTUTT­O la pretesa è che Di Maio accetti di trattare con una Lega rappresent­ante di tutto il centrodest­ra. Molto complicato da spiegare al proprio elettorato, già parecchio agitato. E non basta. Perché per il Carroccio bisognereb­be anche ragionare di una figura terza per Palazzo Chigi, al posto del candidato dei Cinque Stelle. Condizioni difficili da deglutire. Ma nella Lega sanno che lo stallo gioca a loro favore.

Come sanno che gran parte del M5S non si fida del Pd e soprattutt­o di Renzi. E che il Di Maio che comincia a invocare il voto in realtà non lo vuole, preoccupat­o da tanti fattori: dal dover chiedere una deroga alla regola-totem del secondo mandato, fino alla difficoltà di tenere compatto un Movimento tanto largo quanto liquido. Dove affiorano voci critiche e nervosismi, figli inevitabil­i della palude. Fattori che potrebbero portare Di Maio a

Insulti per il Pd Voci dagli eletti: “Ci fermano per strada e ci urlano che se andiamo con i dem non ci voteranno più”

valutare una proposta del genere. Perché tra qualche giorno, magari dopo la direzione dem, le alternativ­e potrebbero mancare. E l’unica opzione sarebbe sottrarsi a un governissi­mo, per invocare le elezioni. Una strada che già ora ai piani alti invoglia più di uno. Anche perché il timore è che, con il passare delle settimane, la prospettiv­a di restare in Parlamento attiri più di un neofita a 5 Stelle portando a qualche esodo verso i partiti che vogliono tenere in vita la legislatur­a. E allora meglio rigiocare. Ipotesi, a fronte di una certez- za, il clima plumbeo in casa Cinque Stelle. “La gente ci insulta per strada, ci urlano che non ci voteranno più se andiamo col Pd” racconta più di un parlamenta­re.

E la sintesi realistica del quadro la fa su Facebook il deputato abruzzese Andrea Col- letti: “Mi sento un po’ male a fare un contratto di programma con il Pd ed è quasi impossibil­e, c’è il 20 per cento di possibilit­à che questa interlocuz­ione vada a buon fine”.

INTANTO DOMANI si vota in Friuli e nel M5S si attendono una batosta, anche perché è una regione dove non hanno mai carburato. E un risultato particolar­mente negativo sarà usato come un martello dai due forni, sul Movimento che ora vive di incertezze. Mentre Salvini infierisce: “È un mese che qualcuno mi propone ministeri su ministeri se rompo il patto di lealtà, ma io non tradisco per un ministero”. E ogni riferiment­o ai 5Stelle è puramente voluto.

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Ansa L’aspirante Luigi Di Maio nei pressi di Montecitor­io prima della riunione dei gruppi parlamenta­ri del M5S

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